Comunicazione e Processo di Selezione

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Forte del proprio ruolo e della responsabilità che la comunicazione possiede, essa diviene un’espressione sociale, un valore che ha l’obiettivo di mettere al servizio di tutti un qualcosa. Seguendo tale principio, è possibile rinvenire anche all’interno del processo di selezione la potenza di questo strumento. Si tratta, in questa particolare fase, di mettere in relazione recruiter e candidato in modo tale che entrambi esprimano sé stessi nel miglior modo possibile: tutto ciò che viene espresso dagli interlocutori ha una portata tale da influenzare anche atteggiamenti e comportamenti. Anche le modalità di espressione scelte sono fondamentali all’interno del processo comunicativo, poiché possono influenzare le relazioni e soprattutto le reazioni. Le parole che vanno utilizzate all’interno di un rapporto comunicativo devono sempre essere evocative anche degli stati d’animo, delle emozioni che possono costituire un vantaggio, affinché il messaggio venga veicolato nel modo corretto.

L’obiettivo primario del processo di selezione è di trovare le risorse ideali, soggetti che non solo posseggano le competenze richieste, ma che abbiano anche capacità comunicative, espressive e comportamentali per ricoprire un dato ruolo. Si tratta di un percorso che parte dal bisogno per approdare alla domanda. Per superare efficacemente questo percorso e portare un valore aggiunto è importante individuare tre passaggi fondamentali:

  1. Osservare, in questo caso il recruiter ha il compito di studiare le potenzialità del candidato già attraverso il curriculum vitae per poi osservarlo in sede di colloquio.
  2. Il secondo passo è invece dedicato all’ascolto, in cui tutte le parti coinvolte hanno la responsabilità di rendersi disponibili a una comunicazione efficace che presuppone la parità in termini di importanza.
  3. Ultimo snodo è costituito dalla comunicazione stessa: se strategica porterà a risultati eccellenti nella creazione di una relazione duratura. Per raggiungere tale obiettivo è necessario conoscere e sfruttare gli elementi e le tecniche di comunicazione che a breve verranno esposti.

Assiomi della comunicazione

Alcuni eminenti studiosi, quali P. Watzlawick, J. Beavin e D.D. Jackson hanno portato un significativo contributo allo studio e alla comprensione della comunicazione; si parla dei cosiddetti assiomi della comunicazione[1]. Si tratta di alcune qualità, proprietà, facoltà che la comunicazione possiede; ne furono individuati cinque. “Non si può non comunicare”: ogni singolo comportamento dell’essere umano comunica anche se vengono manifestati silenzi o passività: si sta comunque inviando un messaggio e ciò potrebbe rappresentare dissenso, disinteresse. Il secondo assioma prevede che all’interno di ciascuna conversazione sia possibile individuare e distinguere due livelli: il primo è legato al contenuto che ha il compito di dire “che cosa” si intende comunicare; il secondo livello, invece, è legato alla relazione che si intende creare con l’interlocutore. Si passa poi al terzo assioma relativo al flusso comunicativo e al modo di esprimersi, non solo nel linguaggio parlato, ma anche nello scritto. In tal senso si introduce anche l’uso corretto della punteggiatura che ha il potere di mutare il dato essenziale del messaggio, quindi del contenuto, ma anche la relazione tra i soggetti coinvolti. Il quarto assioma afferma che la comunicazione avvenga sia mediante canali verbali, sia attraverso canali non verbali; il primo canale usa modelli digitali, il secondo criteri analogici. Quando si parla di comunicazione analogica vi è costante ricorrere al principio della somiglianza, dell’analogia per l’appunto: immagini e comunicazione di tipo non verbale sono le chiavi. L’uso delle parole è invece tipico della comunicazione digitale. L’ultimo assioma individua due tipologie di relazioni che nascono tra soggetti che interagiscono: vengono così a crearsi scambi comunicativi simmetrici o complementari. Lo scambio simmetrico si ha quando gli interlocutori si situano sullo stesso piano; si ha scambio complementare quando essi non sono considerati allo stesso livello, ma uno dei due si trova in posizione di subordinazione rispetto all’altro.

Stili comunicativi

Ogni individuo possiede uno stile comunicativo che lo rende unico e lo contraddistingue rispetto agli altri. Si parla di attitudini, comportamenti che ciascuno realizza quando si relaziona con gli altri all’interno di contesti diversi. La comprensione del proprio stile e di quello degli altri costituisce un elemento chiave per la gestione delle relazioni. Esistono due componenti principali: l’assertività[2], cioè la modalità con la quale si prova a influenzare gli interlocutori; la reattività[3], ossia la reazione rispetto al pensiero di altri o nei confronti di un compito. Esistono poi quattro stili: Analytical, Driver, Amiable, Expressive (rispettivamente: analitico, “pilota”, amabile, espressivo). Ciascuno stile possiede delle caratteristiche peculiari che vanno tenute in considerazione all’interno di una relazione tra soggetti. Proprio in virtù di tali differenze possono insorgere dei conflitti comunicativi che rischierebbero di influenzare negativamente la comunicazione.

Al fine di superare tale possibile conflitto, i singoli soggetti coinvolti nella discussione potranno adattarsi alle diversità rendendole punti di forza. La versatilità viene considerata una chiave di lettura imprescindibile per comprendere i diversi stili sociali con i quali gli individui entrano in relazione e quindi adottare tecniche comunicative diverse a seconda dei casi, volte a favorire il raggiungimento dello scopo: offrire un messaggio comprensibile e mantenere, ove possibile, la relazione. A titolo esemplificativo, inoltre, si riportano alcune strategie che potrebbero risultare utili per superare le incomprensioni comunicative tra i diversi stili. Tra un driver e un amiable, sarà utile confrontarsi sui fatti, esporre le idee utilizzando criteri logici e mostrare i risultati ottenuti. Le caratteristiche di un driver, quali ad esempio la velocità decisionale e il forte orientamento al risultato, entrano in conflitto con un soggetto amiable,perché quest’ultimo comunica con maggiore affiliazione e preferisce un approccio più graduale. Allo stesso modo, tra un analytical e un expressive, si avranno conflitti, poiché il primo segue un ragionamento preciso nel processo decisionale, mentre il secondo avrà la tendenza ad esaltare eccessivamente gli aspetti emotivi.

Il superamento di tali differenze mediante la comprensione e la versatilità favorirà la creazione di una comunicazione sicuramente strategica, in quanto nessuno dei partecipanti al dibattito avrà la tendenza a prevaricare l’altro; piuttosto ciascuno favorirà l’emergere delle singole peculiarità come elementi di forza.

L’ascolto attivo, collegato alla Comunicazione Strategica, permette di anticipare le esigenze dell’altro prima ancora che le porti alla luce.

Stili cognitivi

Con il concetto di stile cognitivo, introdotto per la prima volta da Gordon Allport[4] nel 1937, si fa riferimento a un modo prevalente adottato dal soggetto e del tutto personale di elaborare le nuove informazioni, il quale permane nel tempo e viene generalizzato a compiti diversi[5]. Gli studi sugli stili cognitivi si sono anche ampliati includendo anche l’intelligenza umana. George Miller[6], psicologo statunitense, elaborò un modello basato sull’elaborazione delle informazioni secondo l’approccio dello Human Information Processing (HIP). L’attività cognitiva degli interlocutori viene così suddivisa in tre processi: percezione, memoria, pensiero. Da tali processi è poi possibile identificare anche alcuni sottoprocessi corrispondenti agli stili cognitivi di ciascuno: quello analitico, che ha come caratteristiche la propensione al ragionamento logico e alla pianificazione; quello globale, che presuppone la sintesi del messaggio ricevuto. Si parla, in entrambi i casi, di apprendimento percettivo, poiché sia l’analitico sia il globale sono in grado di sostenere l’input di entrata sia il livello di conoscenza posseduta da ciascun soggetto parte della comunicazione.

Nello specifico lo stile globale definisce l’informazione nella totalità dei suoi elementi costitutivi; si creano delle connessioni concettuali mettendo in relazione il messaggio percepito e la rappresentazione che di esso si ha nella memoria del ricevente. La chiave di lettura è dunque partire dal generale per arrivare poi al particolare.

Lo stile analitico, invece, presuppone che le informazioni vengano ricevute e processate secondo una sequenza che va dal particolare al generale. Tutti gli stimoli concettuali di coloro che utilizzano tale stile cognitivo, vengono analizzati singolarmente prima che venga creata la connessione concettuale. Il messaggio che viene ricevuto si concretizza nell’individuazione delle differenze tra la rappresentazione in memoria e quella reale.

Comunicazione e processo di selezione

Gli elementi finora descritti possono essere utilizzati anche durante il processo di selezione del personale. Il momento del colloquio costituisce uno snodo fondamentale tra il candidato e l’azienda: domanda e offerta si incontrano. Per favorire l’intersezione di queste due curve è necessario che il processo comunicativo sia ben strutturato. Instaurare un clima in cui sia il mittente che il destinatario, individuabili rispettivamente con il recruiter e il candidato, vuol dire riuscire ad applicare le tecniche del Metodo O.D.I.® in termini di Comunicazione Strategica. Nel momento in cui domanda e offerta si incontrano, si può così provare a instaurare quella relazione duratura nel tempo che è il risultato di una comunicazione di tipo strategico. È quindi in questa fase che i tre elementi fondanti del Metodo, Io, Tu e Contesto, si incontrano e assumono la stessa rilevanza: la componente ego-riferita verrebbe così eliminata.  È sempre possibile?

La comunicazione è un elemento che accomuna gli esseri umani che, in quanto tali, sono soggetti a distorsioni e pregiudizi che potrebbero interferire con la fruizione comunicativo. Anche gli stili comunicativi potrebbero portare, da un pregiudizio, a un errore nella valutazione del candidato. La creazione di una comunicazione fluida, trasparente, caratterizzata dall’ascolto attivo può essere uno strumento chiave durante il processo di selezione. È in questo momento che i tre elementi della Comunicazione Strategica entrano in gioco, allo scopo di instaurare una relazione che sia duratura nel tempo. Non si tratta solo di una tecnica, ma piuttosto di un mezzo potentissimo per mettere in relazione due soggetti che hanno un rapporto di interdipendenza, seppur non vincolante, ma che hanno in comune lo stesso obiettivo: portare un valore aggiunto all’azienda. Si creerebbe un vantaggio per entrambe le parti, non soltanto per una di esse: si semplificherebbe il lavoro dei selezionatori e si aiuterebbero i candidati a superare quelle condizioni emotive che potrebbero non favorire l’espressione di sé stessi. La tensione e l’adrenalina tipiche di quei momenti, andrebbero a generare un’immagine distorta delle capacità individuali, generando anche un pregiudizio agli occhi del selezionatore.

Favorire una comunicazione non ego-riferita permetterebbe di creare un ponte, un momento di incontro tra le esigenze dell’Io, quindi del selezionatore, e del Tu, il candidato, all’interno di un Contesto specifico: quello professionale e lavorativo. Non si tratterebbe solo di dare luce ai singoli obiettivi di una delle parti a svantaggio dell’altra, bensì diventerebbe un quid pluris che arricchisce tutti gli interessati che saranno poi orientati al raggiungimento dell’obiettivo. Al termine poi del colloquio di selezione, il candidato sarà stato in grado di mostrarsi al meglio e il selezionatore avrà trovato una risorsa in grado di generare valore aggiunto al suo lavoro e anche all’azienda.

Il ruolo della Comunicazione Strategica durante il processo di selezione è cruciale proprio perché spesso la volontà di raggiungere il proprio obiettivo, oppure un difficile bilanciamento di interessi fra le parti, non favoriscono l’instaurarsi di una relazione e di un dialogo costruttivo. Ciò avviene poiché vi potrebbe essere sia un utilizzo distorto delle informazioni conosciute in un contesto non favorevole, sia una predominante componente individualista, tale per cui i soggetti non riusciranno a rimanere imparziali. In tali situazioni si perderebbe così di vista il Tu con il quale si interagisce, rimanendo concentrati e ancorati alla propria posizione, quindi sull’Io. L’ascolto attivo, collegato alla Comunicazione Strategica, ci permette anche di anticipare le esigenze dell’altro prima che esso le porti alla luce generando così un cerchio di rapporti e relazioni armoniche che potranno essere durature nel tempo, proprio perché fondate su fiducia, ascolto, comunicazione, strategia e attenzione nei confronti dell’altro.

Ambra La Ferrera


[1] Qualità intrinseche della comunicazione che modificano il modo di comunicare tra gli esseri umani.

[2] Si divide in assertività interrogativa e affermativa. Nel primo caso si tende a parlare lentamente, e non si interrompe l’interlocutore. Nel secondo caso, invece, si ha la tendenza a parlare velocemente e a interrompere l’altro enfatizzando molto le parole.

[3] Presenta due orientamenti differenti: il primo è riferito al task, all’obiettivo; il secondo è maggiormente indirizzato alla persona. Un soggetto orientato al task avrà la tendenza a parlare di fatti; un individuo orientato alla persona, invece, preferirà istaurare una relazione più empatica.

[4] Allport: 1897-1967 psicologo statunitense esponente della psicologia sociale e sostenitore della “psicologia dei tratti”. Attraverso i suoi studi, pose una distinzione dei tratti della personalità: cardinali, sono quelli che maggiormente influiscono e che persuadono; centrali, ossia quelli che riescono a cogliere l’essenza di un individuo e che influiscono in buona parte sul comportamento dell’uomo; secondari, cioè quelli che di manifestano in alcune circostanze particolari.

[5] Boscolo, 1981.

[6] George Armitage Miller è considerato uno dei fondatori della psicologia cognitiva.