A volte essere buoni è uno svantaggio

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Sembra paradossale, ma a volte essere cordiali e disponibili sul lavoro può ritorcercisi contro: il rischio è di attrarre antipatie e malumori spingendoci indirettamente ad essere meno produttivi per sfuggire all’astio generale. Siamo infatti geneticamente predisposti alla competizione, ecco perché viene “naturale” provare antipatia per chi riesce meglio di noi nel nostro lavoro: vogliamo essere noi ad emergere, aumentando le nostre possibilità di brillare, e per farlo serve sminuire le potenzialità dell’altro. Lo scopo, antropologicamente parlando, è quello di aumentare le proprie probabilità di risultare primi e migliori nella lotta alla competizione.

A sostegno di questa teoria ci sono recenti studi che hanno osservato il comportamento di alcuni partecipanti nel “gioco dei beni pubblici”, un gioco usato negli esperimenti di economia e psicologia per misurare la propensione alla cooperazione e alla competizione. Nel gioco i partecipanti collaborano alla costruzione di un bene pubblico e hanno la possibilità punire gli altri: ognuno riceve una quota da spendere in un bene pubblico, che viene poi raddoppiata e ridistribuita equamente tra tutti, a prescindere dalle quote versate da ciascuno. Secondo queste regole tutti possono guadagnare, partecipando alla costruzione come gruppo, ma, individualisticamente parlando, è chi mette meno soldi e beneficia ugualmente della ridistribuzione dei beni a guadagnare davvero.

Dopo aver conosciuto le quote versate da ciascuno, ai giocatori viene data la possibilità di punire gli altri riducendone i guadagni, secondo un sistema che prevede la riduzione dei soldi del punito così come del punitore. A supervisionare le mosse dei singoli viene preposto un osservatore, che ha il compito di scegliere con chi collaborare in futuro partendo dalle dinamiche osservate durante le sessioni di gioco. La figura dell’osservatore serve a creare più competizione tra i partecipanti, che tendono così a mostrarsi più cooperativi per essere scelti, o a fare in modo che i più bravi smettano di esserlo (scoraggiandoli con la punizione) in modo da apparire, di rimando, più bravi di loro.

A volte essere buoni è uno svantaggio

In questa dinamica di gioco, i ricercatori hanno osservato che, alla presenza dell’osservatore, erano i comportamenti cooperativi ad attrarre il maggior numero di punizioni.

Il motivo risiede nella natura stessa dell’essere umano: serve evitare che alcuni individui spicchino sugli altri per scongiurare il rischio che tali individui finiscano per dominare il gruppo. Da qui deriverebbero i comportamenti di sospetto e gelosia nei confronti dei più bravi o quelli che appaiono migliori di noi.

Vogliamo insomma evitare, inconsciamente, di apparire meno bravi degli altri e che la superiorità altrui alzi il livello di quello che potrebbe esserci chiesto di dimostrare per essere parte integrante della società. Il rischio di apparire meno capaci degli altri funziona come un incentivo per attaccare o sabotare atteggiamenti cooperativi delle persone più “brave”.

Questo studio mette in luce comportamenti che prescindono il semplice ambito lavorativo e si iscrivono in contesti più ampi. Basti pensare alle critiche volte ad attività ambientaliste o caritatevoli. Questo studio suggerisce, insomma, di essere buoni ma non troppo buoni, per evitare di farsi nemici ricevere così delle punizioni.

La Redazione