La strada verso il successo

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Mi chiamo Luisa Maria Alberini e sono giornalista professionista da più di cinquant’anni. Una lunga vita e una lunga storia. Nel mondo della comunicazione una storia che ha attraversato l’evoluzione del linguaggio e della tecnica come non era mai successo prima. In poche parole il passaggio dalla composizione lettera per lettera con i caratteri di piombo ai computer più evoluti che lavorano sulla pagina al suono impercettibile delle dita che corrono sulla tastiera.

Penso, anzi sono convinta, che saper raccontare più di cinquant’anni di giornalismo che per me ha voluto dire salire tutti i gradini del mestiere, anzi della professione, vuol dire leggere come si costruisce una carriera – e qui rinuncio alla mia timidezza, rischiando magari di essere presuntuosa – e raggiungere il successo. Raccontare dunque con un intento: quello di fornire gli elementi a chi si chiede come si fa, quali doti occorrono, a che cosa bisogna saper rinunciare. Rispondere in sintesi alla domanda: è facile o difficile affermarsi nel proprio lavoro?

Comincio proprio dall’inizio, senza dar niente per scontato, e soprattutto senza ignorare o sottovalutare quegli elementi che non possono essere bypassati.

Prima regola, primo passo. Avere in mano un titolo di studio. Oggi è indispensabile per poter entrare in un ufficio o ambire a un compito che lo richieda. Il famoso pezzo di carta che ha sempre contraddistinto l’impiegato di concetto da chi invece si è costruito da solo, con la forza delle braccia, in fabbrica, nei campi, in un cantiere. Ma insieme al titolo di studio e contemporaneamente ad esso è opportuno pensare a una o meglio a due lingue straniere. Contemporaneamente sta ad indicare che una seconda lingua la si impara frequentando un corso la sera, d’estate andando all’estero e in un tempo apparentemente vuoto.

Seconda regola: cercarsi un lavoro, mettere a fuoco i propri interessi e fare domanda a un’azienda che li rappresenti. D’accordo forse è il passo più difficile. Occorrono convinzione e motivazione. Presentarsi con umiltà, chiedere consapevoli del fatto che per la nostra inesperienza tutto è contro di noi, salvo la voglia di volere con tutti noi stessi quel posto. Qualche volta è proprio quel primo dialogo che fa incontrare la nostra domanda con la necessità da parte dell’altro di dire di sì. E una volta preso possesso di un tavolo ci si comincia a misurare con il tempo. Ogni giorno è l’occasione per il passo avanti, ogni momento può diventare lo spazio per mettersi in luce. Mai sottovalutare il compito che viene affidato, modesto, banale, non rapportato alle nostre capacità. Prima o poi viene il momento di dire “Basta, vado via”.

Cercare un altro posto è in un certo senso ricominciare da capo, ma con la consapevolezza di avere sulle spalle un po’ di esperienza, quel tanto che è sufficiente per distinguere difficoltà e ostacoli al di fuori della nostra portata.

Come si conquista il nuovo posto? Con molta disponibilità a farsi avanti e con un po’ di fortuna.

Raccontare con un intento: quello di fornire gli elementi a chi si chiede come si fa, quali doti occorrono, a che cosa bisogna saper rinunciare. Rispondere in sintesi alla domanda: è facile o difficile affermarsi nel proprio lavoro?

Mai dimenticare che il successo è una strada a ostacoli, che richiede tempo, energia e sesto senso. Del tempo ho già detto, l’energia sia fisica che mentale è alla base di ogni progetto, il sesto senso sta a indicare quella caratteristica dell’intuito che illumina come un faro, che accende nel buio la cosa giusta da fare.

Conquistato il nuovo posto non solo bisogna saperselo tenere, ma anche considerarlo una specie di investimento. Di solito una nuova assunzione è consolidata da una qualifica professionale che da quel momento diventa anche moneta di scambio. Muta lo scenario dentro al quale si agisce, gli altri lo sanno e ne tengono conto. Si prosegue fino a quando il proprio nome, le proprie capacità, non ultimo il carattere escono dai confini dentro ai quali si ha operato e acquistano peso, si diventa qualcuno di cui tener il nome in evidenza, l’opportunità da cogliere.

Succede, succede sempre. Quasi a sorpresa il telefono suona e ci si sente chiedere un colloquio. O arriva una mail che ti fissa un appuntamento. C’è chi vuole conoscerci, è al corrente del nostro curricolo professionale ed è interessato a incontrarci. L’emozione sale, è il tempo di raccogliere le idee, è chiaro che il “dopo” dipende più da noi che dall’altro. Di solito è anche il momento di parlare di soldi. Un professionista ha un prezzo. La valutazione mette in gioco l’ambizione, sfida l’attesa, sottintende il valore che è materia del mercato. È anche probabile che questo colloquio o anche questo incontro siano mossi da una particolare esigenza: ricoprire un ruolo all’estero, lontano da casa, non così ambito da chi per abitudine è inamovibile o per ragioni familiari escluda in modo tassativo un incarico lontano dalla propria famiglia.

Un incarico all’estero di solito è il punto di svolta, quello che dà assoluta visibilità e contraddistingue il livello raggiunto. Lunga o a volte brevissima la permanenza all’estero arricchisce la storia di un successo, le dà autorevolezza, assicura un ritorno da vincitore.

Ma non è la condizione per salire i gradini verso il vertice di una carriera. Altre sono le carte da mettere sul tavolo per farsi avanti, anche senza ambire a diventare direttore generale, che troppo spesso è ruolo predestinato.

In ordine di grandezza fanno parte della voce successo : simpatia, serietà, onestà, capacità di sintesi, semplificazione, collaborazione. E poi quella disponibilità che qualcuno definisce anche assenza di fiscalità, per dire apertura agli straordinari, in base ai quali il lavoro è lavoro e se gli altri al suono della campanella si alzano e se ne vanno, tu devi restare fino alla conclusione.

Le tappe di un successo sono dunque le più diverse. Oggi più che mai legate a fattori che spesso ignoriamo, che spesso ci precedono. Ci sono imprese la cui sorte appare quasi una scommessa sul futuro, una sfida all’avvenire. Programmi progettati dall’intelligenza artificiale, robot al posto di uomini, grafici che disegnano i perimetri di sviluppo.

Siamo ancora padroni del nostro destino? Volere il successo, perseguirlo a tutti i costi ci porta a rispondere sì.

Luisa Maria Alberini