Less is more…but make it better.

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In un’era dove siamo sommersi dalle notizie, dove possiamo reperire quello che cerchiamo praticamente ovunque senza alcuna fatica e dove tutte le informazioni sono alla distanza di un clic, è sempre più difficile emergere e guadagnarsi l’attenzione che vorremmo. In aggiunta a questo, è stato studiato che la soglia di attenzione di ognuno di noi tende a diminuire. Ad oggi siamo attorno agli otto secondi. Soli otto secondi e poi passiamo all’elemento successivo o veniamo distratti da altro. Il tutto è senza dubbio condizionato dalla frenesia delle nostre vite, dalla scarsità di tempo e dai cambiamenti continui tipici di questo millennio. 

In uno scenario così volatile è più che mai necessario saper comunicare ed essere in grado di selezionare non solo le parole giuste da dire, ma anche il loro numero. Come celebra il titolo del libro di Serena Scarpello dobbiamo imparare a «Comunicare meno, comunicare meglio».

Less is more

Spesso capita di fare giri di parole, aggiungere aggettivi e riempitivi, fare tanti esempi non sempre calzanti oppure sovrabbondare in tecnicismi, poco trasparenti per un pubblico di non esperti. Con l’aggiunta di molti, alle volte troppi, elementi si finisce per creare un copy pesante, che ricorda il latinorum di Don Abbondio nei Promessi Sposi. E l’utente? Resta sbigottito e si perde. In mezzo a questa corsa all’eccesso e all’horror vacui, nasce la necessità di ricevere dei chiarimenti e delucidazioni. Nei casi peggiori, chi legge abbandonerà il nostro scritto alla volta di una soluzione più appetibile e fruibile.

La frase “Less is more” è un’espressione inizialmente utilizzata dal poeta inglese Robert Browning, nel 1855, diventata poi celebre con uno dei massimi architetti contemporanei, il tedesco Ludwig Mies van der Rohe. In questa espressione sintetizza l’obiettivo del suo operato: il minimalismo. Come raggiungerlo? Grazie ad un’attenta operazione di sottrazione, di ricerca della semplicità e dell’essenza.

Less, but better

Meno però non significa di bassa qualità o povero di contenuti.

Come disse Rams, considerato il più influente designer del secolo scorso e famoso per i suoi dieci principi del buon design,“Weniger, aber besser” (traducibile liberamente come “Meno, ma meglio” o “Less, but better”).

Traslando la sua idea dal design alla comunicazione, un buon testo deve essere innovativo, chiaro, efficace, puro. Bando alle frasi già sentite centinaia di volte, meno luoghi comuni, noiose metafore, similitudini stantie o funambolici giri di parole.

Un testo deve risultare utile e comprensibile, senza risultare copiato, ripetitivo o già visto. Chi scrive deve avere la capacità della sintesi, dev’essere quindi in grado di andare dritto al punto.

Il ‘meno’ indica appunto la riduzione dei fronzoli e di tutti quegli elementi tipici di una lingua verbosa come l’italiano (ma è un principio senza dubbio valido applicabile in tutte le lingue). Il ‘meglio’ ci rammenta però di non andare di fretta. La linearità del discorso è essenziale ai fini di una corretta comprensione. Ridurre non è dare per scontate delle parti essenziali o tralasciare dei concetti, dandoli per sottointesi. L’obiettivo del meglio è dare un valore aggiunto al lettore, senza inciampare in una comunicazione superflua e, per certi versi, caotica.

Concludendo, per rendere più qualitativa la nostra comunicazione, alle volte, è necessario limare e togliere. Questo principio è fondamentale non solo quando comunichiamo, ma in tutte le sfere della nostra vita.

Giada Rochetto