La cultura dell’errore è la chiave del successo

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La paura di sbagliare è naturale come l’aria che respiriamo e ci accompagna fin dall’infanzia. Per non paralizzarsi davanti agli eventi della vita è fondamentale riconoscere le modalità con cui si manifesta ed è importante imparare a cogliere le opportunità che ci offre. In questo articolo ci concentreremo sugli sbagli commessi in ambito professionale e vedremo come la cultura dell’errore sia la chiave del successo e del progresso.

Evitare gli errori ha un costo enorme, perché non si impara nulla e non si migliora.

La parola errore ha le sue radici nel termine latino error, derivazione di erro che significa deviare, sviare, vagare. Quando sbagliamo facciamo letteralmente una deviazione che ci allontana dal risultato prefissato e, contrariamente a quanto si crede, questo sviamento non produce mai un semplice fallimento, ma ci insegna sempre qualcosa di nuovo.

Accade ad esempio quando l’errore ci permette di acquisire una nuova informazione che accresce le competenze professionali del singolo e contribuisce a ottimizzare i processi aziendali. È il classico caso dello sbaglio che ci fa capire cosa non dobbiamo fare e per derivazione ci permette di ottenere un’informazione nuova che contribuisce all’efficientamento dell’intero processo aziendale.

Spesso anche le innovazioni che producono benefici per l’intera collettività sono basate su un errore iniziale. È il caso dei fallimenti e degli sbagli che si trasformano in una scoperta importante che contribuisce al progresso della società. È accaduto ad esempio con queste invenzioni:

  • Post-it – Nel 1968, Spencer Silver, un ricercatore della 3M, fallisce l’ennesimo esperimento legato alla creazione di una super colla. Nel 1974 il suo fallimento viene rivalutato dal collega Art Fry che lo trasforma nel post-it, il noto foglietto giallo con la striscia collante.
  • Penicillina – Alexander Fleming per errore, prima di andare in vacanza, dimentica di gettare nella spazzatura alcuni vetrini inutilizzabili. Al suo ritorno trova una strana muffa verde su uno dei campioni: la analizza e scopre la Penicillina.
  • Coca-cola Il farmacista John Pemberton, a causa di una legge del 1886 che proibisce il consumo di bevande alcoliche, ne crea una analcolica. Mentre tenta di migliorare la ricetta, versa per sbaglio dell’acqua gassata nella bevanda e ottiene quella che oggi conosciamo come Coca-Cola.
La paura di sbagliare è naturale come l’aria che respiriamo e ci accompagna fin dall’infanzia. Per non paralizzarsi davanti agli eventi della vita è fondamentale riconoscere le modalità con cui si manifesta ed è importante imparare a cogliere le opportunità che ci offre.

Se l’errore insegna sempre qualcosa, perché viene percepito negativamente?

Quando sbagliamo attribuiamo al nostro fallimento un peso emotivo variabile e proporzionale all’importanza dell’obiettivo non raggiunto. Ci sentiamo delusi per non essere stati all’altezza delle nostre aspettative e per le conseguenze che l’errore produce nell’ambito professionale dove viene stigmatizzato ed è penalizzante per promozioni e avanzamenti di carriera.

È in questo contesto che entra in gioco la giustificazione dell’errore. Perché scegliamo di giustificarci invece di ammettere di aver sbagliato? La risposta ce la fornisce la teoria della Dissonanza cognitiva di Leon Festinger.

Quando commettiamo un errore ci sentiamo a disagio, perché ci troviamo in una situazione di incongruenza tra le nostre idee, le nostre emozioni e i nostri comportamenti. Questa incongruenza è definita “dissonanza cognitiva” e provoca sensazioni spiacevoli che cerchiamo di placare raccontandoci una nuova versione dei fatti coerente e congruente. Questa nuova versione dei fatti è quella che proponiamo a noi stessi e agli altri come giustificazione dei nostri sbagli.

Facciamo un esempio tratto da un caso studio di Festinger realmente accaduto. La profetessa Marian Keech dice di aver saputo tramite scrittura automatica che i “guardiani” provocheranno la fine del mondo il 21 dicembre 1954 e salveranno solo il gruppo di ufologi chiamato “cercatori”, perché sono i veri credenti. Gli ufologi credono alla profezia: lasciano casa, lavoro, parenti e amici e si raduno in un parcheggio in attesa di essere salvati. Aspettano per l’intera giornata, ma non accade nulla. A questo punto i “cercatori”, che si trovano in una situazione di dissonanza cognitiva, non ammettono di essersi sbagliati in merito alla fine del mondo, ma alleviano il loro disagio raccontandosi una nuova verità e si giustificano dicendo che la loro fede nei “guardiani” ha salvato il mondo e l’umanità.

È davvero possibile creare una cultura dell’errore?

La risposta a questa domanda è . Non si tratta di un sì concettuale, ma di un sì fattuale basato sulle esperienze dell’Aeronautica e della versione Beta del settore informatico.

  • Aeronautica – In Aeronautica l’errore non viene stigmatizzato, ma viene usato come fonte di apprendimento collettiva. Il sistema scatola nera nato nel 1953, registra i dati di ciò che accade nella cabina di pilotaggio: ogni singolo errore viene isolato, analizzato e reso pubblico tramite una banca dati. In questo modo gli ingegneri possono studiare e implementare innovazioni e migliorie e i piloti possono aggiornarsi e fare esperienza tramite gli insegnamenti tratti dagli errori di altri piloti. Questo sistema è un perfetto esempio di come la cultura dell’errore conduca al progresso. In pochissimi anni l’Aeronautica ha fatto grandi passi avanti e l’Aereo è diventato il mezzo di trasporto più sicuro.
  • Informatica – La versione Beta è un software provvisorio che ha i requisiti minimi e indispensabili per funzionare e assomiglia alla versione definitiva che verrà messa sul mercato. Viene messo a disposizione degli utenti con lo scopo di far emergere gli errori non previsti in fase di test, per poterli prontamente correggere e implementare nella versione definitiva. Questo approccio si basa unicamente sulla ricerca dell’errore: lo fa emergere, lo studia, lo corregge e lo sfrutta per creare la versione definitiva del softwaree per verificare se gli utenti mostrano interesse. In questo modo, oltre a creare un buon prodotto, è possibile verificare in anteprima la risposta del mercato e decidere se valga la pena di investire ingenti capitali per produrlo.

Conclusioni

Gli errori non si possono eliminare: li commetteremo sempre, anche dopo aver adottato tutti gli scrupoli del caso e, forse, la paura di sbagliare non ci abbandonerà mai. Quello che fa la differenza tra un errore inutile e un errore produttivo è la nostra capacità di cogliere le sue opportunità per migliorare noi stessi e la collettività. E possiamo farlo solo se impariamo a capire come agisce in noi la dissonanza cognitiva e se veniamo supportati da una cultura personale e collettiva dell’errore basata sull’apprendimento e non sulla stigmatizzazione.

Laura Brambilla