Quale approccio adottare nel mercato globale?

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È meglio standardizzare, adattare l’offerta o usare la glocalisation?

La globalizzazione ha creato un mercato omogeneo globale con persone di diversi Paesi che condividono gli stessi gusti dando vita a prodotti standardizzati. La standardizzazione ha risultati positivi in termini di riduzione dei costi, coordinazione e concentrazione delle attività dell’azienda.

La globalizzazione ha anche portato alla nascita di brand globali diffusi in tutto il mondo, caratterizzati dalla standardizzazione del brand e delle brand association che aiutano ad avere una brand image consistente ovunque. Infatti, alcuni studi mettono in evidenza come i viaggiatori che sono all’estero tendono ad associare a brand globali come Starbucks e McDonald’s un senso di sicurezza, comfort, prevedibilità che permettono loro di continuare i “rituali quotidiani” come bere il caffè al mattino o mangiare insieme con la propria famiglia. Ci si sente più sicuri a frequentare catene come quelle citate sopra, perché le si conosce già dato che sono presenti nel proprio Paese d’origine e magari le si è già provate in altre occasioni. Si tende a preferirle a qualcosa di nuovo, che potrebbe risultare negativo o deludente.

D’altro canto, non bisogna dimenticare che la cultura influenza il livello di standardizzazione o adattamento dell’offerta. Infatti in alcuni casi potrebbe essere più opportuno adattare l’offerta al mercato di riferimento. In particolare, nel caso di un prodotto, l’adattamento dipende dall’uso e dalle percezioni intangibili legate ad esso. Ad esempio, in Giappone quando si è introdotta la Diet Coke, il nome è stato poi cambiato in Coke Light perché le donne giapponesi associano l’idea della dieta alla malattia. Anche le pubblicità di cosmetici occidentali, commercializzati in Asia, ad esempio in Giappone, vengono adattate alla cultura locale. Qui le pubblicità sottolineano che il prodotto renderà la pelle più bianca e luminosa, dato che in Oriente avere una carnagione molto chiara è uno dei canoni di bellezza femminili. Non per niente le donne giapponesi evitano di abbronzarsi in estate e spesso le si vede girare in Italia con un ombrellino per proteggersi dal sole.

La globalizzazione ha creato un mercato omogeneo globale con persone di diversi Paesi che condividono gli stessi gusti dando vita a prodotti standardizzati.

In alcune circostanze non adattare il prodotto può essere addirittura dannoso. Secondo l’esperto americano di marketing Philip Kotler, ‘’molti dei fallimenti più noti di prodotti internazionali sono dovuti a un mancato adattamento del prodotto’’. Per esempio, la Philips iniziò ad avere successo in Giappone solo quando la dimensione delle macchine del caffè fu adattata alle cucine giapponesi più piccole di quelle occidentali. Kotler afferma che il prodotto medio richiede da quattro a cinque adattamenti su sette elementi di marketing: le etichette (labelling), il packaging, i materiali, i colori, il nome, le caratteristiche del prodotto e il prezzo. Il grado di adattamento dipende da tre forze: l’estensione, secondo la quale i clienti di diversi paesi richiedono speciali caratteristiche del prodotto; la seconda forza riguarda quanto i clienti in diversi paesi varino nelle risorse e nei comportamenti d’acquisto; la terza forza è la variazione di fattori esterni come le leggi, il clima e la concorrenza.

Infine, vogliamo anche annoverare un terzo approccio ibrido, glocalisation (termine coniato dalle parole inglesi “global” e “localisation”), adottato da molti brand globali come McDonald’s. Esso si colloca a metà strada tra la standardizzazione e l’adattamento dell’offerta, e può rappresentare una soluzione al dilemma tra i due approcci. Il motto dei brand che adottano la glocalisation è ‘’pensa globale, agisci localmente’’ in inglese ‘’think globally, act locally’’.  Nel concreto ciò significa che l’immagine globale del brand è mantenuta, mentre elementi locali sono sviluppati per massimizzare l’impatto localmente. Solitamente elementi iconici come la visual identity e gli elementi chiave del servicescape, cioè lo spazio dove i clienti ordinano il prodotto, restano gli stessi. Mentre altri elementi del marketing mix come il prodotto e la promozione sono adattati all’ambiente locale. Per esempio, McDonald’s ha sviluppato il Chicken Maharaja Mac specificatamente per il mercato indiano, perché la religione Hindu proibisce il mangiare carne di vitello. Il motto di McDonald’s è ‘’brand globally, advertise locally’’ (promuovi il tuo brand globalmente, pubblicizzalo localmente). Mentre il servicescape, lo spazio dove i clienti consumano il cibo, resta pressoché invariato in tutto il mondo e si identifica facilmente ovunque grazie alla gigantesca “M” dorata che svetta sull’ingresso del locale a mo’ di insegna.

Annalisa Galeone