La ricerca della felicità e le nuove generazioni nel mondo del lavoro

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Nel pomeriggio del 31 marzo, si è tenuto il primo webinar del ciclo di incontri “Oltre la Copertina”, organizzato da ACS Editore, che, moderato dal Direttore dell’Accademia di Comunicazione Strategica, Luca Brambilla, ha ospitato come relatori  

  • il Prof. Lugi Serio, Direttore del Master in Risorse Umane e Organizzazione della ISTUD Business School; 
  • il dott. Nicola Ladisa, Human Resource and Organization Director di Holding De Agostini Group; 
  • il Prof. Paolo Iacci, attualmente docente della cattedra “Gestione delle Risorse Umane” dell’Università degli Studi di Milano, oltre ad essere il presidente di Eca Italia e di AIDP Promotion.  

Prima di lasciare la parola agli ospiti, il dott. Brambilla ha introdotto l’incontro raccontando che l’esperienza da lui vissuta come scrittore di libri lo ha portato a scoprirsi “ignorante” sui temi trattati, non potendo affiancare sempre all’impostazione metodologica anche quella esperienziale. Proprio da questa riflessione è nata l’idea di creare un ciclo di seminari durante i quali esperti e professionisti potranno approfondire e avvalorare gli argomenti toccati nei libri con il racconto delle loro esperienze. In particolare, il webinar si è incentrato sul tema “generazioni, lavoro e felicità”, trattato nel testo Dal Talento al Successo, dove Brambilla parla della possibilità di formare tutte le generazioni nel mondo del lavoro affinché raggiungano il successo, da lui definito come «il compimento di sé».  

La differenza generazionale rappresenta una grande occasione di crescita per le aziende in grado di abbracciare il cambiamento.

Rispondendo a una domanda sulle caratteristiche delle nuove generazioni, il Prof. Luigi Serio ha evidenziato due aspetti principali: il veloce cambiamento generazionale e la difficoltà di prendere decisioni. Secondo lui, infatti, le generazioni si accorciano e, già dopo due anni, si può parlare di “nuova generazione” per la quale tutto ciò che valeva prima non vale più. Tale dinamica è visibile nell’ultima generazione, la Z, che, pur essendo sommersa da una grandissima quantità di informazioni, paradossalmente ha enormi difficoltà nel prendere decisioni. È una generazione, l’ultima, che – rispetto alla precedente – pesa ogni cosa, che ha una flessibilità in entrata ma non in uscita. Questo vuol dire che pretende tanto, soprattutto nel mondo del lavoro, ma che non è disposta a concedere allo stesso modo e che, al di fuori dell’azienda, vuole condurre una vita separata piena di cose da fare.  

Come devono gestire, allora, le aziende le sfide poste dalle nuove generazioni?  

Secondo il dott. Nicola Ladisa, le aziende devono adottare i concetti di “people centricity” e “people care” e passare dall’essere talent taker (acquisitore di talenti) ad essere talent maker (creatore di talenti), cambiando il paradigma alla base del lavoro in azienda. È necessario che le aziende compiano questo passaggio se vogliono progredire e affrontare quella che è stata definita “great resignation”, un fenomeno che, soprattutto a partire dalla pandemia, ha dato il via a numerosi licenziamenti da parte dei dipendenti. Tale dinamica, come ha osservato Ladisa, è cross-generation, cioè non appartiene ad una sola generazione, ma accomuna le diverse generazioni che lavorano in azienda oggi, ed è motivata dalle ragioni più disparate, tra le quali – senza dubbio – vi è la YOLO economy. Questo nuovo tipo di economia si basa sul motto “You only live once”, ovvero “si vive una volta sola”, idea che porta le persone a cercare la felicità nel mondo del lavoro. Tuttavia, forse, più che ricercare la felicità, bisogna essere pragmatici e riconoscere che, se il lavoro è fatica, si deve andare alla ricerca della soddisfazione personale sul luogo di lavoro, della «pienezza di sé» che equivale al successo. Se nelle aziende le persone potranno utilizzare il proprio talento e l’ambiente sarà capace di “nutrirlo”, saremo già ad un buon punto di partenza. 

Collegandosi a quest’ultimo punto e rispondendo alla domanda di Brambilla sulla possibilità di essere felici sul lavoro, il Prof. Paolo Iacci è intervenuto sostenendo la forte necessità di parlare di felicità, poiché irrompe nei luoghi di lavoro in modo trasversale. Ciò è tanto più vero dallo scoppio della pandemia, che ha portato gli uomini a interrogarsi su cosa sia realmente importante modificando anche l’accezione della parola “successo”. Se prima il successo era associato al binomio “soldi e status”, oggi corrisponde alla pienezza di sé, ovvero alla felicità così come la definiva Aristotele. Un’altra definizione di felicità, più conciliabile con il mondo del lavoro secondo Iacci, è «essere in pace e in armonia con se stessi e con il mondo circostante». La tendenza attuale, però, esprime una sensazione diversa, di spegnimento e “malessere” che riguarda soprattutto le generazioni più giovani, le quali si ritrovano in un mondo caratterizzato dal precariato in cui le prospettive di lavoro non rappresentano più una reale motivazione. Come ha poi sottolineato il Professore, a differenza del passato, oggi i giovani sanno che entrando nel mercato del lavoro non è detto che riusciranno a realizzare i propri desideri; quindi, esprimono un altro tipo di richiesta contrattuale alle aziende che non ha a che fare con il welfare, ma con il proprio “perché”, con la relazione con gli altri e con la valorizzazione della propria unicità.  

Il successivo dibattito con il pubblico ha condotto alla conclusione del webinar, prima della quale, Iacci ha ricordato che il problema non è trovare le risposte, ma anzitutto porsi le giuste domande.

Antonella Palmiotti