La portualità: un asset strategico – Intervista a Irina Stultus

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Ci parli del suo ruolo di Human Resources Director & Compliance Officer presso HHLA PLT Italy.
HHLA PLT Italy S.r.l. (la nuova Piattaforma Logistica di Trieste) è un progetto nato dall’acquisizione un paio di anni fa della quota di maggioranza da parte di HHLA, ovvero la società che gestisce il porto di Amburgo. È un terminal multi purpose, ovvero che offre servizi di general cargo, di Ro-Ro e di container integrati con quelli ferroviari. HHLA PLT sta vivendo una forte fase di espansione: in soli due anni dall’avvio delle operazioni è arrivata a contare circa 140 risorse. Inoltre, prevede un piano strategico di espansione del terminal in un’adiacente area industriale in via di conversione attraverso un complesso progetto di riqualificazione ambientale. Si tratta di un progetto a più fasi che prevederebbe tra alcuni anni un ampliamento significativo delle operazioni del terminal. La realizzazione del prossimo step – prevista entro un paio di anni – comporterà un ulteriore incremento di posti di lavoro. Naturalmente si tratta di un progetto complesso, che deve seguire un iter autorizzativo, normativo e organizzativo non semplice.
In questo contesto, il mio ruolo – con il duplice “cappello” HR e Compliance – è stato inizialmente focalizzato al presidio degli elementi amministrativi e normativi di base, e alla Talent Acquisition. Adesso stiamo iniziando ad ampliare il perimetro di azione, con un focus al consolidamento degli obiettivi raggiunti e uno sguardo rivolto alle sfide che ci attendono nei prossimi anni.

Quali valori attribuisce alla formazione continua e alle soft skill per la crescita professionale?
È un mondo, quello delle soft skill, in grandissima evoluzione nel mondo dei cosiddetti “terminalisti” in area portuale. Ho riscontrato un sentire comune anche con altri colleghi: tutto ciò che riguarda l’interconnessione, le tecnologie, l’essere parte di un processo richiede competenze che vanno sviluppate e parallelamente – sta aumentando l’offerta dei servizi in tali ambiti dedicate ad aziende del settore portuale.
Al forte focus sulle hard skill che afferiscono alla parte operativa, si affianca il bisogno di acquisire e sviluppare anche le soft skill gestionali che hanno a che fare con la capacità di visione di insieme, di operare per processi, di analisi e lettura di dati attraverso gli strumenti più appropriati. Trovo, in realtà, che questa suddivisione tra hard e soft sia sempre più labile. Quanto c’è di soft o hard, ad esempio nella capacità di gestione dei progetti? Quanto è importante conoscere i software dedicati ed i tecnicismi di pianificazione e quanto lo invece è saper coinvolgere gli stakeholder, avere visone sugli obiettivi e comunicarli con efficacia, garantire accountability?

È stata uno dei relatori all’evento PORTUALITÀ ITALIA a servizio del Paese in data martedì 18 aprile. Che giudizio dà all’evento? Cosa si può fare e in quale direzione bisognerebbe organizzare i lavori?
È stato un evento di grandissimo interesse per me che sono relativamente nuova del settore provenendo da quello metalmeccanico, mentre la maggior parte degli attori partecipanti aveva conoscenza ed expertise
decennali nello specifico settore. Ho visto una grande voglia di fare sistema e di far evolvere la portualità italiana. Questo è forse quello che mi sono portata a casa, ovvero che è diffusa la percezione di essere un asset strategico e la consapevolezza per cui per dare maggior risalto alle potenzialità del settore sia importante lavorare di squadra, sia internamente tra gli operatori privati che esternamente con le istituzioni, promuovendo un confronto ed un coinvolgimento anche a livello europeo. Assiterminal sta facendo un grandissimo lavoro in questa direzione.

Quali sono le sfide future a cui è necessario guardare?
Il concetto di polivalenza in ambito operativo è importante, ovvero c’è bisogno di molta flessibilità sia per quanto attiene all’organizzazione del lavoro che alle competenze. Per quanto riguarda lo sviluppo di natura manageriale, la sfida è quella di avere una capacità incisiva di definire gli obiettivi e orientare l’azienda a questi attraverso il coinvolgimento di tutte le risorse. La comunicazione interna deve essere improntata a rapidità e fluidità, contribuendo ad accorciare le distanze tra aree operative e management attraverso l’utilizzo di un linguaggio comune.