AAA Etichette: un viaggio nella vita di tutti i giorni

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L’etichetta è la carta di identità di un prodotto: ha nome e cognome.
Il nome è quello che normalmente si definisce “comune”, cioè generico, esteso alla categoria dei prodotti della stessa specie.
Il cognome è il marchio di appartenenza, unico e insostituibile.

Le etichette che siamo chiamati a leggere sono di solito di due tipi: quelle alimentari e quelle unite a un capo di abbigliamento.
Sono soprattutto le prime che ci responsabilizzano maggiormente, di cui dobbiamo prendere conoscenza, quelle che sono la prima fonte della nostra alimentazione e quindi della nostra salute.

L’etichetta dunque è un documento, tenuto a rispettare regole ben precise.
Regole che sottintendono norme di legge, che fanno capo a una serie di regolamenti della Comunità Europea.
Negli ultimi cinquant’anni anni la strategia integrata in materia di sicurezza alimentare ha individuato come primario lo stesso obiettivo: garantire che al consumatore arrivino alimenti “sicuri”.

L’etichetta è la carta di identità di un prodotto, dunque, un documento che è tenuto a rispettare regole ben precise.

La sicurezza è sentita come elemento imprescindibile e l’informazione data dall’etichetta deve essere chiara.
Al primo posto il contenuto o gli ingredienti presenti nella confezione, poi il peso (la quantità netta o la quantità nominale), poi ancora la data di scadenza.
Tutto in lingua italiana e con un carattere ben leggibile.
Si passa quindi alla tabella dei valori nutrizionali e al dettaglio delle caratteristiche.

Ma spesso l’etichetta si inserisce su una pagina che esalta nome del produttore e immagine del prodotto, il primo graficamente sottolineato perché abbia il massimo dell’evidenza, il secondo ingigantito fino a confonderne la reale dimensione e portato in primo piano quasi a lasciarne intuire la parte interna.
In più e ben in evidenza le doti espresse con slogan e consigli per l’uso.

Naturalmente le informazioni si adeguano al prodotto, ma per tutti ci sono altre regole che potrebbero essere definite “sinonimo di qualità”.
Sono gli elementi che hanno soprattutto uno scopo motivazionale, convincere il consumatore a orientarsi su quella scelta, a preferire quel prodotto ad altri apparentemente più poveri.

Ecco un prontuario con la triade principale.

Regola numero uno: tanti ingredienti significano una selezione accurata e una maggior possibilità di utilizzo.
È un dato di fatto che l’ingrediente principale sia affiancato o seguito da altri, presenti in minor quantità, ma necessari per dare compiutezza al primo.
Ovvero per sostenerne e valorizzarne il sapore.
Ma il primo della serie è da considerare il più importante e quindi da osservare con attenzione per poter eventualmente procedere a un confronto e valutare l’opportunità dell’acquisto.
Regola numero due: controllare il peso netto del prodotto, cioè quello realmente utilizzabile una volta aperto il barattolo o la lattina.
Questa precauzione si riferisce soprattutto a quei prodotti che possono essere conservati in un liquido adatto a mantenerlo morbido e fresco: il tonno è l’esempio più classico, i sott’oli e i sott’aceti in genere.
La stessa avvertenza si riferisce anche a prodotti protetti da scatole o da involucri che danno l’idea di custodire all’interno molto di più di quanto invece appare subito dopo.
Regola numero tre: tanti ingredienti sono un’informazione da prendere in considerazione.
C’è chi sostiene che il meglio sia nel meno: meno ingredienti dovrebbero essere sinonimo di semplicità, essenzialità, qualità.
Troppi ingredienti sono infatti sostitutivi di altri, spesso più sofisticati e dunque meno consigliati a una sana alimentazione.
Gli additivi pur ammessi dalla legislazione sono tuttavia elementi di disturbo per chi ama la totale naturalezza di quanto si acquista.
Ma i prodotti confezionati destinati a lunghe attese negli scaffali e spesso anche a viaggi attraverso le temperature più estreme devono essere protetti: dunque i conservanti sono un elemento da accettare.  

Tutt’altra cosa sono le etichette riportate sui capi di abbigliamento o pinzate su una striscia volante al tessuto.
Le voci su cui si concentra l’attenzione di chi vuol sapere la composizione del tessuto sono di poche righe.
Maggiore attenzione viene invece riservata a come il capo dovrà essere trattato e per comodità o per evitare l’equivoco di non essere capiti intervengono i simboli.
Al primo posto la vaschetta in cui si immerge la mano e i gradi di calore consentiti, se lo si vuole lavare in acqua, poi di seguito l’opportunità di usare la centrifuga, le norme per l’asciugatura e infine i consigli per la stiratura con il ferro.

Qualunque sia la categoria dell’etichetta che ci troviamo di fronte dobbiamo porci una domanda: quanto quelle informazioni sono la risposta a quello che cerchiamo?
Sono informazioni che ci devono trovare in una situazione critica, disponibili a sapere se è esattamente quello che vogliamo comprare o se la scatola ci mette in un certo senso in una situazione di soggezione.
Quasi a concludere che il nostro acquisto non può essere messo in discussione.

Luisa Maria Alberini