Come la lingua plasma la percezione del mondo

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Una persona che parla italiano percepisce la realtà in modo diverso di una che parla swahili, per esempio? Il linguaggio plasma i nostri pensieri e cambia il modo in cui pensiamo? Può essere.

L’idea che le parole, la grammatica e le metafore che usiamo determinino le nostre diverse percezioni delle esperienze sono state a lungo un punto di contesa per i linguisti. La cultura, cioè le nostre tradizioni e abitudini, plasma il modo in cui parliamo, le cose di cui parliamo e, quindi, cambiano il modo in cui pensiamo e ricordiamo le cose.

Come la lingua può influire sulle nostre percezioni?

Ecco alcuni esempi:

1. In russo, ci sono più parole per diverse tonalità di blu. Avere una parola per il celeste e un’altra per il blu scuro porterà i parlanti russi a pensare ai due come colori diversi? Probabilmente sì. Un po’ come capita per il rosso e al rosa, che sono considerati due colori diversi anche se il rosa è solo una sfumatura più chiara di rosso.

2. I Dani della Nuova Guinea classificano i colori tra “scuri”, come il blu e il verde, e i “chiari”, come il giallo e il rosso. Alcuni studi dicono che le persone non vedono effettivamente il colore a meno che non ci sia una parola per questo, ma altri studi hanno scoperto che i parlanti della lingua di Dani possono vedere la differenza tra il giallo e il rosso nonostante abbiano solo una parola per identificarli.

3. Il popolo Pirahã dell’Amazzonia, in Brasile, non tiene traccia delle quantità esatte con la propria lingua. Il linguaggio chiamato Guugu Yimithirr parlato in una comunità remota in Australia non ha termini come “sinistra” e “destra”. Invece, parole come “nord”, “sud”, “est” e “ovest” sono usate per descrivere posizioni e indicazioni. Quindi, se chiedi dove sia una cosa, la risposta potrebbe essere che si trova a sud-ovest di X, cosa che assume che i parlanti abbiano un orientamento spaziale spettacolare.

4. Il linguaggio Hopi non tiene conto del tempo passato o presente, ma ha indicatori di validità, che richiedono agli oratori di pensare a come sono venuti a conoscenza di un’informazione. L’hanno sperimentato in prima persona (“ho fame”) o qualcuno glielo ha detto/conoscenza comune (“il cielo è blu”)?

Numerosi studi hanno scoperto che l’apprendimento di una nuova lingua può cambiare il modo in cui il cervello organizza le informazioni e, per questo motivo, è possibile avere più punti di vista su un particolare problema. Un esempio lampante di questo assunto è visibile nella storia dell’azienda giapponese Rakuten, che ha imposto ai suoi dipendenti una conoscenza avanzatissima dell’inglese da conseguire nel giro di due soli anni. Uno dei risultati di questa politica è stato che i dipendenti sono diventati più flessibili dopo aver superato con successo un ostacolo linguistico e culturale, dovendo imparare una nuova lingua e quindi una nuova cultura. Se il linguaggio modella il modo in cui pensiamo, imparare un nuova lingua cambia il nostro modo di pensare? Probabilmente no, ma se la lingua appena acquisita è molto diversa da quella che già parliamo, potrebbe rivelare un nuovo modo di guardare un’altra cultura. E imparare una nuova lingua durante il “periodo critico”, cioè , dai primi anni dell’adolescenza, c’è una maggiore possibilità di sviluppare legami più stretti con quella cultura e rendendo più facile considerarsi parte di essa.

La Redazione