Come motivare i collaboratori

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Motivazione autonoma e controllata

La chiave del successo del leader di oggi è di carattere motivazionale. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo risulta ancora più strategico circondarsi di persone motivate ed entusiaste del proprio lavoro.

Prima di cercare di comprendere come motivare i propri collaboratori, occorre approfondire quali sono i diversi tipi di motivazione che influenzano le persone. Secondo la teoria dell’autodeterminazione, elaborata negli anni ’70 e ’80 da Edward L. Deci e Richard M. Ryan, esistono due distinte tipologie di motivazione:

  • La motivazione estrinseca (o controllata) nasce dall’interesse per ciò che è esterno e si ha quando ci si sente forzati o sedotti a comportarsi in un certo modo;
  • La motivazione intrinseca (o autonoma) viene dall’interno e si ha quando si decide di mettere in atto un certo comportamento per propria volontà.

Ad esempio, chi si iscrive in palestra volontariamente è mosso da una motivazione autonoma, chi invece lo fa perché glielo ha prescritto il medico è mosso da una motivazione controllata. Allo stesso modo, il collaboratore che svolge un lavoro che gli conferisce la possibilità di influenzare, di orientare, di lasciare il segno è motivato intrinsecamente, mentre il collaboratore che si limita ad eseguire un compito per ottenere un premio o evitare una punizione è motivato estrinsecamente.

In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo risulta ancora più strategico circondarsi di persone motivate ed entusiaste

Dagli studi di Edward Deci è emerso che la motivazione autonoma porta a innumerevoli benefici, che possono essere riassunti con una maggiore persistenza, flessibilità, creatività, interesse, divertimento, salute, benessere mentale e miglior qualità delle relazioni interpersonali. Viceversa, la motivazione controllata scatena un senso di oppressione quando il controllo è troppo intenso, innesca un apprendimento routinario e di breve termine e induce a fare il minimo indispensabile per raggiungere il premio o sfuggire alla punizione, portando dunque ad una riduzione del benessere e ad una scarsa qualità delle relazioni interpersonali. L’uomo ha un profondo desiderio di essere all’origine delle proprie scelte e azioni, e questo moto innato fa sì che si senta maggiormente coinvolto nelle attività che decide autonomamente.

Il problema è che, nonostante queste scoperte, all’interno di molte organizzazioni si continua a fare leva soprattutto sulla motivazione controllata, quando invece sarebbe necessario un cambio di paradigma. Ciò non significa che occorre abolire ogni tipo di bonus, benefit o premio, ma è certamente vantaggioso instillare sempre di più una cultura aziendale che diffonda una motivazione autonoma a favore di quella controllata.

Il problema della candela

Un esperimento che mostra la relazione tra il tipo di motivazione e la qualità della performance è quello di Sam Glucksberg, che si ispira al famoso problema della candela di Karl Duncker. I partecipanti all’esperimento sono stati suddivisi in due gruppi ai quali sono stati consegnati alcuni strumenti (una candela, un fiammifero e una scatola contenente delle puntine) ed è stato dato un mandato ben preciso: fissare la candela alla parete in modo tale che la cera non cada sul tavolo sottostante. Dopo una media di 7 minuti e svariati tentativi, i partecipanti giungono alla miglior soluzione: utilizzare la scatola delle puntine come base per sostenere la candela e fissare la scatola alla parete utilizzando le puntine. Prima di avviare l’esperimento, a uno dei due gruppi viene data una motivazione controllata, ovvero viene detto ai partecipanti che chi rientrerà tra il 25% dei più veloci otterrà 10 dollari, e chi invece si dimostrerà il più veloce in assoluto ne otterrà 30. Nel secondo gruppo, invece, non viene dato alcun tipo di motivazione. Sorprendentemente, i membri del primo gruppo impiegano mediamente più tempo per risolvere il problema rispetto al secondo. La motivazione controllata basata sul premio ha dunque peggiorato la performance.

Esiste poi una seconda versione dell’esperimento in cui gli strumenti vengono forniti in una modalità differente, ovvero posizionando le puntine fuori dalla scatola. In questo modo la soluzione è più semplice, perché la scatola non viene più percepita come un contenitore, ma come uno tra gli oggetti necessari alla risoluzione del problema. L’aspetto interessante è che quando l’esperimento viene svolto con questa modalità, è più frequente che vinca il gruppo mosso da motivazione controllata.

Le conclusioni che si possono trarre da questi due risultati sono particolarmente illuminanti. Nel primo caso vi è una componente di pensiero originale superiore, in quanto i partecipanti devono immaginare la soluzione. Nel secondo caso, invece, la soluzione è suggerita, e dunque conta solo la velocità d’esecuzione. Spesso la motivazione controllata dà un senso di pressione che inibisce il pensiero originale, ed è per questo che riduce la performance del primo esperimento. Nel secondo caso, invece, la motivazione controllata migliora la prestazione, perché la voglia di ottenere il premio aumenta la rapidità dei partecipanti. Riassumendo, la motivazione controllata è vantaggiosa nelle mansioni in cui vi è ripetitività e velocità di implementazione, mentre è controproducente per quei lavori ad alto tasso di creatività, originalità e problem solving.

Greta Mezzetti