Eye Contact: il potere dello sguardo

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C’è una donna seduta che aspetta. La schiena diritta, il corpo immobile, le mani in grembo o adagiate sul tavolo che separa due sedie. La sua presenza riempie lo spazio di una strana energia, una vibrazione che pervade l’ambiente e irretisce gli astanti. Gli occhi neri e profondi, lo sguardo fisso sulla sedia vuota all’altro capo del tavolo, il posto riservato a un ospite che non tarda ad arrivare.

Siamo a New York, nel 2010. Marina Abramovic, nelle sale del MoMa, mette in scena The Artist is present, una performance che, come altri lavori dell’artista, si completa nella partecipazione attiva del pubblico, la cui reazione diventa essa stessa parte integrante dell’opera. Tante persone, in fila, aspettano il proprio turno per andare a occupare quella sedia vuota, accomodarsi e guardare Marina negli occhi, senza proferire parola. La donna si lascia attraversare da quegli sguardi silenziosi e diventa lo specchio di chi le siede davanti, accettando su di sé le conseguenze di una relazione misteriosa.

In tre mesi, Marina Abramovic ha incontrato gli occhi di 850.000 persone. Alcuni hanno resistito solo una manciata di secondi, altri erano come ipnotizzati, molti hanno pianto; tutti sono rimasti sconvolti dall’immobilismo ascetico dell’artista e dal valore taumaturgico, quasi mistico, di quell’esperienza.

Un’intuizione semplice ed efficace è alla base del lavoro della regina della performance art: gli occhi sono un potente mezzo di comunicazione, un canale privilegiato di accesso alla dimensione più intima e personale dell’interlocutore.  

L’esperimento di The Artist is present ha infatti ispirato la nascita di progetti sociali che riflettono su interazione, inclusione e diversità; come l’Eye Contact Experiment, un raduno libero e gratuito che esplora il potenziale del contatto oculare tra sconosciuti.

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Connessi attraverso lo sguardo

Per le neuroscienze, gli esseri umani sono gli unici mammiferi a utilizzare gli occhi non solo come organo della visione, ma anche come strumento di comunicazione.  

Il contatto visivo, unitamente alla mimica facciale, alla gestualità e alla prossemica, è parte delle sistemiche della comunicazione non verbale ed è un prezioso veicolo di informazioni, restituite all’interlocutore in forma sia volontaria sia non cosciente.

Sappiamo infatti che attraverso la comunicazione non verbale, il contenuto di un messaggio arriva prima del parlato e gli occhi, intesi come prima occasione di contatto con il prossimo, possono esprimere segnali di cooperazione o di rifiuto, segnali rivelatori e segnali di falso. Gli occhi parlano in nostra vece ed è probabilmente per questo che si dice siano lo specchio dell’anima.

La massima popolare sintetizza tutto il potenziale di uno sguardo. Gli occhi raccontano le emozioni, rivelano tratti significativi della personalità e aiutano il soggetto a interpretare il livello di partecipazione, comprensione e coinvolgimento reciproco. Sono, in altre parole, una forma di comunicazione simultanea utile a sintonizzarci sulla stessa frequenza mentale dell’altro – come sottolineato dal paper accademico Reading What the Mind Thinks From How the Eye Sees.

Educare lo sguardo: la regola del 50-70

Psicologi e scienziati hanno lavorato in sinergia per dimostrare che le persone che non hanno problemi con il contatto oculare sono facilitate nell’interazione sociale. Più consapevoli dei propri mezzi e delle proprie capacità, appaiono agli altri come figure autorevoli e competenti, dunque affidabili.

Saper gestire correttamente l’eye contact è infatti un tratto tipico delle personalità dominanti, orientate alla leadership e alla persuasione e, allo stesso tempo, è una qualità che denota una certa presenza di spirito.  A supporto della teoria, si rileva che soggetti con uno status sociale elevato e un buon livello di istruzione, sfruttano lo sguardo per calamitare l’attenzione, rinforzare il messaggio, guadagnare credibilità e, perché no, fare proseliti tra gli uditori.

Self-confidence e alfabetizzazione emotiva dell’Io, ovvero la capacità di saper riconoscere e dominare le proprie emozioni, sono dunque il punto di partenza per migliorare le proprie abilità nell’eye contact. Ma per quanto tempo possiamo guardare qualcuno negli occhi senza creare disagio?

La regola del 50-70 prescrive di mantenere il contatto oculare per il 50% del tempo in cui si parla e per il 70% del tempo dedicato all’ascolto, senza mai superare i 5 secondi per non risultare invadenti e lanciare involontariamente segnali di sfida. Tale regola ci ricorda anche che, quando si distoglie lo sguardo, piuttosto che puntare gli occhi verso il basso o lasciarli vagare, sarebbe meglio orientarli su altre zone del viso.

La chimica dello sguardo

Sarà capitato più o meno a tutti di provare fastidio nel sentirsi osservati o di sorprendersi nell’incrociare lo sguardo di uno sconosciuto tra tanti. Basta passare in rassegna banali episodi della nostra quotidianità, per capire quanto il contatto visivo possa valere più delle parole.

Quando non riusciamo a guardare l’altro negli occhi o a sostenerne lo sguardo, c’è qualcosa che non va. Probabilmente crediamo di non essere all’altezza del confronto; oppure abbiamo paura di essere giudicati, fraintesi, respinti. O ancora, temiamo che i nostri occhi siano in grado di rivelare scomode verità.

Diversi studi dimostrano che l’incapacità di gestire il contatto oculare potrebbe essere la spia di problemi relazionali o di un disturbo dell’interazione sociale: gli occhi infatti sono una specie di termometro dell’empatia, qualità che può faticare a emergere in coloro che temono gli altri o che addirittura può essere cancellata da comportamenti narcisisti e di sopraffazione.

Prestiamo dunque attenzione a come gestiamo lo sguardo, soprattutto in quelle situazioni – come un colloquio di lavoro, un intervento di public speaking o un appuntamento romantico – in cui la dialettica del contatto visivo può determinare le sorti della relazione.

Marina Abramovic docet.

Cecilia Marotta

Fonti

Daniel H Lee, Adam K Anderson; University of Colorado Boulder, Cornell University, 2017 – Reading What the Mind Thinks From How the Eye Sees
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28406382/

Chiara Jongerius, Roy S Hessels, Johannes A. Romijn, Ellen M. A. Smets, Marij A. Hillen; Journal of Non Verbal Behaviour, 2020 – The Measurement of Eye Contact in Human Interactions: A Scoping Review

Jodi Schulz, Michigan State University, 2012 – Eye contact: Don’t make these mistakes

Matthias J. Wieser, Paul Pauli, Georg W. Alpers, Andreas Muhlberger; Journal of Anxiety Disorder, 2009 – Is eye to eye contact really threatening and avoided in social anxiety? An eye-tracking and psychophysiology study

Christian Jarrett – BBC Future, 2019 – Why meeting another’s gaze is so powerful