Stories Facebook e Instagram: la nuova frontiera per la pubblicità gratuita dei brand

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Se è vero che la reach organica dei post sui social network è morta e che i brand per ottenere visibilità devono necessariamente sponsorizzare i propri contenuti, questo non è valido per le stories. In che senso?  Basta aprire un qualsiasi social, scorrere le stories dei nostri amici e osservare quante di loro contengono il tag a un brand.

Le stories sono oggi, infatti, lo strumento più utilizzato dagli utenti di social network come Facebook e Instagram per mostrare attimi di quotidianità “leggeri” che forse non meriterebbero un intero post. Ecco che le stories diventano allora una modalità per mostrare ai nostri contatti il nostro ultimo acquisto, un piatto appena fatto, i progressi di un’attività sportiva appena conclusa. Cos’hanno in comune tutte queste stories? Il tag al brand che ha offerto il prodotto/servizio protagonista della nostra storia.

Se gli influencer lo fanno perché sponsorizzare fa parte del loro lavoro, viene da chiedersi quale sia il motivo per cui un utente comune dovrebbe taggare un’azienda nella sua storia. Le motivazioni sono molteplici, ma credo si possano sintetizzare in due semplici parole: “ottenere visibilità” da parte del brand, speranza che il proprio contenuto venga ri-condiviso tramite i profili aziendali, raggiunga più persone e faccia crescere i follower, nonché permettere magari collaborazioni importanti.

Se è vero che la reach organica dei post sui social network è morta e che i brand per ottenere visibilità devono necessariamente sponsorizzare i propri contenuti, questo non è valido per le stories.

Tornando al tema del nostro articolo, l’aggiunta del tag di un brand nella nostra storia può essere considerata una forma di pubblicità gratuita? Senz’altro sì. Certo, la visibilità della nostra storia avrà un pubblico limitato alla cerchia dei nostri amici, ma è anche vero che potrebbe raggiungere altre persone che non fanno parte del target-obiettivo di quel brand, incuriosirle e, perché no, generare nuovi lead. Inoltre, basandosi sul principio di scarsità, grazie alla sua durata limitata nel tempo alle ventiquattro ore, le stories riescono a catturare l’attenzione degli utenti molto di più di quanto lo farebbe un semplice post.  Le storie diventano così uno strumento che, se usato bene dai brand, potrebbe ampliare significativamente il loro pubblico a costo zero.

Cosa dovrebbe fare allora un brand per sfruttare questa tendenza crescente? Sicuramente realizzare prodotti, servizi e comunicazioni che generino engagement, vale a dire coinvolgimento, e spingano le persone a condividere le proprie esperienze di brand. Affinché ciò funzioni la priorità di qualsiasi azienda deve essere coltivare e nutrire la relazione con i propri clienti offrendo un’esperienza di prodotto/servizio pienamente soddisfacente perché, nell’era della condivisione social, un giudizio negativo da parte anche di un solo utente non è ammissibile: se da un lato una storia negativa farebbe comunque parlare del brand, dall’altro screditerebbe la sua immagine e a quel punto dovrebbe necessariamente entrare in gioco la capacità del brand di gestire le critiche.

Mila Luzzini