Fare carriera nel mondo forense – Intervista a Fabio Cappelletti

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Lei ha avuto una grande carriera nel mondo forense, come è evoluta secondo lei l’impostazione degli studi legali per quanto riguarda il management? 

Negli anni ’70-‘80 pochi studi legali erano gestiti da un vero e proprio office manager. Gli altri studi si avvalevano un’assistente o di una impiegata addetta a mansioni amministrative o del classico ragioniere-contabile. Progressivamente è cresciuto il livello professionale dell’office manager.
Si è iniziato a sceglierli tra dirigenti di imprese nell’ambito amministrazione e finanza a causa della mancanza di figure con una esperienza specifica in studi professionali. Più sporadicamente sono stati ingaggiati CEO e COO di imprese di servizi o di altra tipologia.
Oggi vi sono anche manager con esperienza specialistica nella direzione generale di grandi studi professionali. Inoltre si è formata una platea piuttosto ampia di manager di secondo livello.

Accanto alle funzioni di amministrazione, finanza e controllo, negli studi maggiori addirittura separate tra loro, sono cresciute d’importanza le funzioni IT, marketing, comunicazione e personale, affidate a figure manageriali. Le decisioni strategiche e le scelte d’indirizzo, invece, rimangono affidate al consiglio di amministrazione e/o all’assemblea, costituiti da avvocati-soci, i quali frequentemente hanno anche ruoli manageriali esecutivi. Ritengo che in tali organismi entreranno a breve anche non avvocati e soci di capitale, e che questo avvicinerà sempre più gli studi legali a vere e proprie imprese. In alcuni Paesi vi sono già studi legali quotati in Borsa, e anche in Italia si è iniziato a parlarne. 

Quanto sono importanti le soft skill per chi fa il mestiere dell’avvocato? 

Oggi senza la capacità di lavorare in team e di interagire proficuamente con chi ne fa parte non si va lontano. Certamente non basta essere dotati di buone competenze tecniche se non si sa lavorare in team e per il team. Ciò vale per chi lo dirige come per quelli che partecipano. Occorre metodo, disciplina e interazione coordinata. E’ determinante non solo per offrire al cliente servizi professionali di qualità, ma anche per essere economicamente efficienti e competitivi. Le operazioni e le attività più complesse richiedono anche una squadra coesa e fortemente motivata, i cui componenti sappiano sacrificarsi e offrire dedizione totale quando è necessario in funzione della mole di lavoro e della tempistica assegnata. E’ bene dunque che la valorizzazione di ogni componente del team venga riconosciuta all’interno dello studio ed esteriorizzata nei confronti dei clienti e degli altri interlocutori professionali. Questi ultimi solitamente l’apprezzano e la considerano un fattore che concorre a determinare la scelta di affidamento dell’incarico. La consapevolezza di ciò mi pare aumentata, tant’è che vedo sempre più spesso comunicazioni a mezzo posta elettronica firmate dal team anziché dal singolo partecipante. Il successo deve essere condiviso anche per l’importante valenza motivazionale che ha tale condivisione. E certamente migliora le relazioni interpersonali e il clima dell’ambiente professionale festeggiare tutti assieme il termine di un’operazione o di una attività che ha avuto un buon esito. 

Quali sono i criteri per riconoscere un maestro sul lavoro? 

Ogni maestro ha il suo stile, ma v’è un criterio univoco per riconoscerne uno: gli allievi del maestro apprendono e maturano molto più velocemente degli altri. Nei casi più virtuosi perché il maestro sa e vuole trasmettere conoscenza agli allievi, motivarli e responsabilizzarli. Talvolta perché il maestro ha capacità professionali talmente eccellenti che la crescita dell’allievo avviene nonostante il maestro non faccia granché per curarla. 

Intervista a Fabio Cappelletti, Avvocato e Socio fondatore di Hi.lex, uno studio che pone il cliente al centro della propria attenzione

Com’è cambiata nel corso degli anni la sua relazione con i giovani avvocati? 

Col tempo ho capito che la severità non solo è inutile, ma addirittura controproducente. Si ottiene di più stimolando l’autocritica e la reazione d’orgoglio dell’allievo con osservazioni misurate, accompagnate dalla dimostrazione di aver compreso le difficoltà e valutato anche gli elementi positivi della performance. Il giovane avvocato nella maggior parte dei casi sbaglia per mancanza di metodo o per inesperienza. Se v’è la preparazione di base, quella sì insostituibile, bisogna incoraggiarlo a migliorarsi fornendogli le indicazioni necessarie per colmare le proprie lacune e superare i propri limiti, tecnici e caratteriali. Bisogna inoltre essere molto attenti e precisi nell’affidare gli incarichi ai giovani colleghi, dedicando a tale attività il tempo necessario e assicurandosi che abbiano ben compreso cosa devono fare e per quali finalità, senza pretendere ciò che essi non possono dare, in base al loro livello di esperienza o in assoluto. Anche la frettolosità e l’imprecisione nell’affidamento dell’incarico costituiscono spesso la causa o la concausa di performance negative. 

Che consiglio darebbe a un giovane avvocato che sta per entrare nel mondo del lavoro? 

Di guardarsi dentro con consapevolezza. Di cercare di capire se le sue caratteristiche personali devono farlo puntare a raggiungere obiettivi molto ambiziosi, con il conseguente impegno e sacrificio, o se è meglio che dia precedenza alla qualità della vita e alla sostenibilità dell’impegno. Il lavoro va cercato dopo aver compiuto una lucida auto-valutazione. I giovani avvocati hanno la possibilità di scegliere tra molte specializzazioni o una practice più generalista, e tra i vari ambienti nei quali svolgere la professione, molto differenti tra loro. In particolare, per prospettive economiche e rapporto tra soddisfazioni e qualità della vita. E’ una scelta che il più delle volte deve essere compiuta quando non si hanno ancora le idee chiare sui vari e diversi contesti professionali. Ritengo utile orientare le scelte fondamentali dopo essersi fatti raccontare da più avvocati, di diverse età e che operano in differenti contesti, le loro rispettive esperienze. 

Luca Brambilla