Il dilemma dei neodiplomati: quale università scelgo?

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L’esperienza di formatori e docenti ci insegna che i neodiplomati hanno di fronte un’opportunità straordinaria: quella di prendersi del tempo per scoprire chi sono e decidere chi vogliono diventare. Il suggerimento, capace di accendere una catena di eventi positivi, che si può dare loro è: seguite il vostro cuore.

Non si tratta di un invito romantico, bensì a prendere sul serio se stessi e la pasta di cui si è fatti. La fine delle scuole superiori è il momento giusto per fare il bilancio della propria cultura, che è fatta anche di passioni e hobby e soprattutto dei talenti che ci sono stati dati. Nessuno può approcciare la scelta della facoltà studiando solo i freddi numeri che riferiscono la percentuale di laureati che, a tre mesi dalla discussione della tesi, hanno già trovato un impiego. Le regole del mondo del lavoro stanno cambiando così velocemente da non sapere con certezza quali competenze saranno utili da qui a cinque o sei anni, con buona pace dei guru. Per esempio, una quindicina di anni fa la facoltà di giurisprudenza era considerata la classica scelta-cassaforte, che indirizzava verso un lavoro certo e ben remunerato. Oggi invece molti ragazzi che stanno affrontando la pratica per diventare avvocati raccontano una realtà complessa e differente. La stessa cosa si potrebbe dire di scienze della comunicazione, il cui boom d’iscrizioni negli anni della drammatica crisi dell’editoria ha generato schiere di precari. E gli esempi potrebbero essere ancora tanti.

Il punto è prendersi del tempo per comprendere a fondo i propri talenti, quelli che potrebbero renderci “unici” nel lavoro, uno dei principali vettori con cui ci esprimiamo. E domandarci non qual è la facoltà migliore, ma qual è la più adatta a noi. Semplificando al massimo, potremmo dire che l’università è come un abito da indossare: non serve buttarsi su quello più costoso, quanto conoscere bene il proprio corpo (in questo caso la propria mente) per scegliere quello che più ci valorizza. Perché il lavoro per cui siamo portati oggi, magari, è marginale rispetto al mercato o addirittura nemmeno esiste, ma esisterà: pensiamo a campi come l’intelligenza artificiale, le neuroscienze o la neurofisiologia che stanno iniziando a dispiegare i loro effetti nella società e nel mondo delle professioni. Quindi, attenti alle facoltà che vi “vendono” un posto di lavoro sicuro e ai media che vi parlano ogni giorno dei lavori destinati a scomparire.

Il brano che avete letto è stato tratto dal libro Soft Skill – Cosa sono, a cosa servono del Prof. Luca Brambilla – ed. FAG.

Luca Brambilla