Il futuro della formazione – Intervista a Nicola Spagnuolo

La formazione nel mondo del lavoro è fondamentale, soprattutto per la competitività presente tra le numerose aziende.

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Ho avuto il piacere di approfondire la tematica della formazione nel mondo del lavoro con Nicola Spagnuolo, Direttore del CFMT, il Centro di Formazione Management del Terziario, attraverso un dialogo estremamente istruttivo e proiettato al futuro della formazione.  

Che cos’è il CFMT?  

Il CFMT nasce 25 anni fa quando Confcommercio e Manageritalia ebbero l’intuizione di prevederne l’istituzione all’interno del contratto collettivo del terziario. In tutte le aziende che applicano il contratto del terziario i dirigenti che vi operano all’interno versano per esse una quota che confluisce in CFMT e con la somma delle quote eroghiamo la formazione per le employability degli stessi dirigenti e per la competitività delle aziende del mondo del terziario. 

Che servizi offre il CFMT ai suoi numerosi aderenti? 

La nostra mission ha due anime: quella delle employability dei manager e quella della competitività delle aziende. Queste due anime si fondono attraverso un’attività molto coerente interna e i servizi che noi eroghiamo si rivolgono agli uni e agli altri. Abbiamo una grande produzione di ricerca perché indaghiamo moltissimo ciò che facciamo: il CFMT si è sempre occupato di scorgere il futuro per prevedere ciò che le aziende e i paradigmi economici che si susseguono richiedono ai manager. 

Ciò è molto importante da un lato perché attraverso le ricerche indaghiamo e rappresentiamo dei quadri esistenti e futuri utili alla competitività delle aziende nei mercati attuali e potenziali, dall’altro è utile per un lavoro di progettazione interna di formazione rivolta ai manager per cui occorre preoccuparsi e guardare oltre.  

La parte formativa ha subìto negli anni molte trasformazioni quindi il nostro compito è seguire le congiunture che cambiano e, attraverso queste nuove congiunture, cambiano anche le dinamiche formative che noi adottiamo. 

Quali nuovi criteri adotta CFMT adesso rispetto al mondo del lavoro? 

In questa fase, uno dei rischi maggiori è di fornire ricette certe. Nessuno può prevedere il futuro ma possiamo immaginare degli scenari più o meno plausibili e fornire delle suggestioni. Sugli scenari abbiamo preferito indagare e così abbiamo costituito un nuovo osservatorio che ci consente di monitorare costantemente le offerte di lavoro per i manager in Italia e in altri quattro paesi europei. Così facendo, forniamo un quadro più o meno esaustivo delle dinamiche del mondo del lavoro consentendo ai manager, ma anche a noi stessi, di cogliere tante opportunità attraverso sistemi di competenze che devono essere acquisiti e devono essere coerenti con le esigenze delle aziende. Farlo in maniera comparata fra più Paesi europei ci consente di avere uno sguardo più ampio perché il mondo del terziario è difficile che rimanga confinato all’interno di un unico paese. 

Per quanto riguarda la suggestione di possibili scenari futuri cerchiamo di fornirne un quadro plausibile attraverso futurologi, abbiamo, infatti, un format storico che si chiama Future Management Tools, ma abbiamo pensato di utilizzare anche suggestioni provenienti da mondi paralleli al nostro. 

Ad esempio? 

Abbiamo usato molto le contaminazioni, oggi ad esempio saremo alla seconda puntata di un nuovo format che racconta le storie di alcuni personaggi, in particolare oggi avremo il regista Pupi Avati, due settimane fa abbiamo avuto Galimberti, fra due settimane avremo Massimo Bottura. 

Questo soltanto per dire che le contaminazioni in questo momento sono importanti perché l’evoluzione del paradigma che verrà è un paradigma onnicomprensivo e olistico. È importante riuscire a cogliere suggestioni da mondi che non appartengono necessariamente a quello macroeconomico del terziario ed elaborare strategie fatte da altri per settori diversi attraverso il racconto delle loro vite, perché può fornire spunti fondamentali ai manager. Questo è un po’ l’approccio che stiamo cercando di avere. 

La formazione nel mondo del lavoro è fondamentale, soprattutto per la competitività presente tra le numerose aziende.

Il vostro approccio di scambio con grandi esponenti e leader di diversi settori ha delle parole chiave, dei criteri, degli approcci ricorrenti in questo momento storico in particolare? 

Di parole che riscontriamo in questo periodo ce ne sono di due tipi: ci sono quelle abusate e quelle necessarie. Quelle abusate sono, ad esempio, resilienza o paradigma, termini a cui probabilmente noi operatori del settore eravamo già abituati ma che ormai sono diventati di dominio comune. Sia chiaro ciò è un bene ma bisogna dargli l’accezione giusta. Spesso ci sentiamo dire “durante questa pandemia abbiamo imparato ad essere resilienti”: la resilienza, come tante capacità trasversali, non si acquisisce semplicemente stando a casa, e, se anche in questo periodo ci siamo accorti di alcune lacune e di alcuni pregi che avevamo, per poter dire di aver davvero imparato qualcosa occorre un passaggio fondamentale, ovvero il sedimentarsi di ciò che si ascolta e si ottiene. È in quel momento che si trasforma ciò che si è ascoltato in apprendimento. 

Sarebbe davvero importante che tutti imparassimo ad essere resilienti, ma non basta pensare di adattarsi a ciò che di nuovo verrà. Dobbiamo distinguere le tipologie di formazione dall’apprendimento. L’istruzione, ad esempio: seguo un corso al termine del quale imparo a fare qualcosa. L’apprendimento di competenze trasversali richiede invece una scelta consapevole perché io devo decidere di voler imparare ad essere resiliente. Questa decisione è il primo passo di un percorso lungo e complesso che ci consente di avvicinarci all’acquisizione di una competenza e va coltivato nel tempo; al termine di questo percorso il nostro modo di essere è cambiato quindi l’apprendimento cambia la nostra visione all’interno del mondo. 

Di parole abusate ce ne sono tante quindi bisogna far attenzione a dargli la giusta connotazione. Resilienza e gentilezza le sentiamo ovunque, sono parole meravigliose che hanno al loro interno dei significati intrinseci molto forti e complessi. Sono parole pregne di significato. 

Quali sono invece quelle necessarie? 

Ci sono delle parole che sono diventate chiave per i manager, come la parola coraggio. Molte aziende facevano fatica ad uscire dal periodo di stagnazione economica, anche quando la lettura dell’immediato futuro era molto complessa perché la fluidità dei sistemi era tale da non riuscire a definire strategie puntuali per aggredire nuovi mercati. In questa incertezza, i manager dovranno sicuramente prendere delle decisioni ma non sarà facile proprio perché si tratta di un sistema complesso in continua evoluzione ed estremamente fluido. Devi avere degli strumenti per prendere decisioni coerenti con le tue aspettative future.  

Quando generi delle decisioni in una previsione strategica devi avere dei capisaldi e, se non ci sono, devi tentare e accettare un rischio con coraggio perché c’è la possibilità di riuscire ma anche quella di fallire. In Italia non siamo mai stati abituati ad avere un sistema che accoglie il fallimento come parte di un processo di crescita e di un percorso di apprendimento. È necessario tentare, rischiare e avere tra le proprie possibilità anche quella di fallire perché se non accettiamo il fallimento difficilmente riusciamo ad imparare.  

Come il CFMT organizza i corsi, i percorsi e tutte le altre attività? 

Intanto, faccio una distinzione tra formatore e docente. Il docente è il possessore di un contenuto specifico che esprime verso terzi e fa sì che parte delle sue competenze vengano trasmesse e accolte da questi terzi. Il formatore è un esperto di processi di apprendimento formativo. 

All’interno di CFMT non dobbiamo solo preoccuparci di trasferire contenuti ma anche di capire quanto quelle informazioni che, in termini di contenuto che trasferiamo, attecchiscono e generano un cambio di noi stessi verso un mondo che nel frattempo sta cambiando. 

Quali sono le modalità più interessanti per capire chi riesce e chi non riesce nelle attività?  

Noi dai fallimenti abbiamo imparato che non è standardizzabile questo processo, ognuno di noi è troppo diverso dall’altro. Per questo abbiamo costruito due sistemi fortemente interconnessi. Il primo è il sistema di personalizzazione: ancora prima della pandemia avevamo un sistema dell’offerta costruito sui ruoli aziendali, presupponendo una linearità. Abbiamo quindi riconvertito l’intera offerta valorizzando la persona, costruendo quattro aree all’interno del nostro catalogo: individuale, dei team, dell’organizzazione e del business.  

In queste quattro aree abbiamo costruito un sistema tale per cui si trovano a disposizione dei percorsi che consentono di evocare esigenze formative partendo da un self assesment che permette al manager di capire i propri punti di forza e debolezza. In base a questo, il sistema suggerisce ai manager dei learning path. Le ambizioni non sono sempre acclarate quindi noi spingiamo alla navigazione attraverso i learning path per costruire poi il proprio “sentiero” personale, magari diverso dagli altri. 

È questo il motivo per cui abbiamo un sistema spinto sulla personalizzazione e sui percorsi che accompagnano i manager all’apprendimento: le suggestioni aiutano il manager a guardarsi dentro e fanno sì che la persona decida di voler apprendere quanto deriva da quelle stesse suggestioni. 

Dalla tua posizione straordinaria di direttore del CFMT, quale cambiamento culturale legato al lavoro ti auguri che accada? 

Il mio auspicio più grande è che il mondo si accorga delle unicità delle persone. Noi ci siamo accorti che l’interdipendenza tra luoghi e persone è enorme, ma questo ha un rischio. Questa stretta interdipendenza, nel lungo periodo, non vorrei che generasse una standardizzazione e una generalizzazione negli approcci. Quindi dobbiamo preservare le nostre unicità perché sono l’unica cosa che ci fa evolvere, soprattutto dal punto di vista socio-economico, verso un nuovo sistema.  

Mi auguro si riparta dalle persone, e questo anche nel sistema della formazione.  

Luca Brambilla

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