Il pregiudizio, una preziosa fonte di informazioni

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In cosa consiste il risparmio cognitivo

Il nostro cervello è un amante del risparmio cognitivo. Osserviamo, ascoltiamo, parliamo, prendiamo decisioni, giudichiamo e qualifichiamo la realtà circostante sulla base di strategie finalizzate alla salvaguardia delle nostre risorse cognitive. Questo non significa che affrettiamo operazioni importanti come l’osservazione o il giudizio, ma che scegliamo le vie più brevi e funzionali per compiere solo quelle azioni o quelle parti di azione sufficientemente utili al raggiungimento dei nostri obiettivi.

Un esempio relativo alla sfera sensoriale è il cosiddetto “effetto del cocktail party”. Immaginiamo di essere ad una festa, circondati da persone e, di conseguenza, da molto rumore. In una situazione simile non presteremo attenzione ad ogni suono, ma soltanto a quelli potenzialmente utili, come il nostro nome se qualcuno ci sta chiamando. Questo meccanismo filtrante permette al nostro cervello di risparmiare energie, che vengono quindi investite in altre utili e simultanee operazioni piuttosto che nell’ascolto attento – e pressoché inutile – di ogni singolo stimolo sonoro intervenuto nella data situazione.

Il legame tra risparmio cognitivo e pregiudizio

Il risparmio cognitivo resta un obiettivo fondamentale non solo per quanto riguarda tutti quei processi che intervengono nella ricezione sensoriale di determinati stimoli, ma anche nella formulazione di giudizi riguardo a una persona appena incontrata. In quest’ultima circostanza si parla dunque di pregiudizi, intesi non come giudizi avventati o derivanti da una percezione necessariamente sbagliata della realtà, quanto più come conclusioni elaborate sulla base di concetti preesistenti nella mente di chi li formula, derivanti sia dalla propria esperienza, sia dalla cultura di riferimento.

In poche parole, sono scorciatoie cognitive, vie brevi che anticipano il ragionamento razionale – permettendo in questo modo il risparmio di energie – e conducono alla conclusione che appare più ovvia, tenuto conto della nostra esperienza e dei valori di cui siamo portatori.

Il pregiudizio in psicologia

Entrando nel merito della Psicologia Sociale, il pregiudizio può essere considerato un fenomeno di gruppo, sia poiché costituisce una presa di posizione nei confronti più di una categoria che di un soggetto singolo, ritenuto appartenente alla stessa, sia in quanto viene elaborato più da una categoria che da un singolo soggetto. Inoltre, è ciò che contribuisce a regolare i rapporti fra ingroup e outgroup, ovvero i rapporti fra i membri di un determinato gruppo sociale e tutti coloro che fanno parte di altri gruppi.

La maggior parte delle volte non è possibile verificare la veridicità del contenuto di un pregiudizio, in quanto si basa, come già detto, su giudizi di valore con base soggettiva, non su evidenze contestualmente dimostrabili. Tuttavia, è facile essere portati ad attribuire assoluta certezza a un pregiudizio, in quanto è ancor più facile ritenere oggettiva e assoluta una considerazione in realtà soggettiva e senza presupposti stabili. Ne consegue, ad esempio, che quando incontriamo una persona nuova attribuiamo ad essa caratteristiche di personalità o relative alla sua vita che riteniamo essere vere sulla sola base dei preconcetti esistenti nella nostra mente.

Immaginiamo di trovarci di fronte a un piccolo gruppo di persone molto ben vestite, quattro uomini e due donne. Alla domanda “chi fra questi colleghi di lavoro, secondo voi, è il CEO dell’azienda?”, quanti indicherebbero istintivamente una delle due donne? Senza approfondire i temi legati ai pregiudizi di genere, sui quali si potrebbe dibattere a lungo, questo esempio dimostra come, pur non avendo alcun elemento utile per poter rispondere a una simile domanda, cerchiamo in ogni modo di dare una risposta che sarà inevitabilmente coerente con quanto fa parte della nostra esperienza e della nostra cultura.

Appare dunque evidente come il pregiudizio consenta di formulare un giudizio nel minor tempo possibile, ma è altrettanto evidente che la conclusione a cui si arriva non sia in alcun modo utilizzabile strategicamente, in quanto non fondata.

Pregiudizio: giusto o sbagliato?

Per potersi approcciare a una situazione nuova, fatta di persone e dinamiche nuove, nel modo più strategico possibile, non consiglio quindi di accantonare i pregiudizi, in quanto tutti possiamo facilmente intuire che ciò non sia possibile, ma di sfruttarli come preziosa fonte di informazioni. Diventare più consapevoli di queste inevitabili dinamiche legate alla prima impressione permette dunque di riconoscere eventuali giudizi infondati e, in seguito, di leggerli nel loro significato profondo. Chiedersi dunque: “Qual è il motivo per cui ho dedotto questa informazione?”, “Sulla base di cosa affermo ciò?”. Ciò che individueremo come risposta potrà essere il punto di partenza di un’indagine più consapevole e funzionale alla raccolta di informazioni dall’interlocutore, basata sulla formulazione di domande strategiche.

In conclusione, se volessimo saperne di più del nostro interlocutore, il consiglio è di non affidarsi ciecamente a pregiudizi e preconcetti e, anzi, di evitare di dare qualsiasi tipo di informazione per scontata ma di approfondire ogni curiosità sorta e ciò che l’ha scatenata. Come ci insegna il Metodo O.D.I.®, solo privilegiando l’Osservazione prima, e la Domanda poi, come strumenti di conoscenza, sarà possibile cogliere e approfondire dettagli importanti dell’interlocutore che, altrimenti, ci sfuggirebbero nella loro vera natura.

Greta Vesco