La prima grammatica della lingua italiana dei segni. È online e gratuita

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Oggi è arrivata una nuova bambina. È come me, sorda e cieca.
Ma lei è quieta. Aspetta.
Che cosa aspetta?
Aspetta la parola.

Quando si parla di comunicazione possono sorgere molteplici collegamenti immediati che rendono conto della nostra associazione spontanea all’idea stessa del comunicare. Sarebbe interessante confrontare le mappe concettuali di ciascuno dei lettori di questo articolo e probabilmente esse risulterebbero tutte diverse.

C’è qualcosa che tuttavia si è spesso portati a trascurare e cioè le barriere fisiche alla comunicazione che la impediscono e per molti aspetti la trasformano. Si pensi per esempio a chi non può usare la voce o a chi è gravemente limitato nella gestualità delle mani o, peggio ancora, nella mobilità del viso. A volte queste persone attivano risorse inaspettate che consentono di superare il limite e sfidare il silenzio. Le battute finali di Marie Heurtin – Dal buio alla luce, film di modesto valore intrinseco, ma di alto significato, sono riportate all’inizio di questo articolo, perché le vicende narrate sono vere: la piccola Marie, priva della vista e dell’udito, viene restituita alla comunicazione dalla coraggiosa suor Marguerite che la accoglie in un convento della Francia ottocentesca e crea per lei una lingua dei segni tattile. Poco dopo si imporranno le similari esperienze di Helen Keller e Annie Sullivan che ispirarono il celeberrimo film Anna dei miracoli di Arthur Penn. Pochi sanno che anche Annie, l’istitutrice di Helen, era ipovedente: riuscì a studiare come maestra, perché scoperta casualmente e dichiarata intelligente e brillante, nonostante la vista debolissima.

Parlando di comunicazione sorgono collegamenti immediati che rendono conto della nostra associazione spontanea all’idea stessa di comunicare.

Nel Novecento sono significativi nel loro rispettivo dramma altri due esempi: la vicenda straordinaria di Milton Erickson, colpito da poliomielite e per questo paralizzato, che è stato capace di riabilitarsi completamente grazie a una serie di esercizi di visualizzazione e controllo dei movimenti. Queste pratiche hanno dato in seguito l’avvio al suo modello terapeutico. Un amaro finale conclude la vicenda terrena di Erickson e lo lascio alla curiosità di chi voglia indagare nella sua biografia. Il secondo esempio è quello di Jean-Dominique Bauby, giornalista e redattore capo della patinata rivista ELLE, paralizzato completamente in seguito a ictus cerebrale, con l’eccezione della palpebra sinistra. Bauby riuscì a dettare per intero il libro Lo scafandro e la farfalla che narra della sua esperienza di uomo cosciente dentro un corpo che non risponde più. Dall’autobiografia di Bauby, l’artista e regista Julian Schnabel ha tratto l’omonimo e durissimo film.

Quante vite sono lese nella pienezza del comunicare, eppure trovano il modo di farsi sentire e comprendere? È recente la notizia che l’Università Ca’ Foscari di Venezia ha pubblicato la prima Grammatica della Lingua Italiana dei Segni, un evento storico che mai prima era stato portato all’attenzione di una casa editrice. La LIS è una vera e propria lingua a sé stante, fatta ancora di una lunga tradizione orale. Richiede almeno tre anni di studio per imparare a usarla: è infatti composta non solo da gesti, ma anche da micro-espressioni facciali che vanno apprese e da posture diversificate. Non è dunque un codice o un italiano abbreviato per richiamare l’attenzione in caso di bisogno, ma una vera lingua con una storia secolare alle spalle, struttura sintattica e lessico propri e perfino varianti regionali al suo interno.

Si stima che consenta la comunicazione a una comunità di più di 43.000 persone (dati 2017), senza contare gli interpreti, gli insegnanti, le classi sperimentali di alunni non udenti e udenti, i traduttori, i ricercatori e i terapeuti che parlano – è proprio il caso di dirlo! – la Lingua Italiana dei Segni per professione o per passione.

A Grammar of Italian Sign Language è disponibile gratuitamente a questo link ed è concepita come un vero e proprio ipertesto di consultazione con richiami interni e tavole grammaticali per un totale di 800 pagine. Le autrici, Chiara Branchini e Lara Mantovan, stanno ora lavorando alla traduzione italiana del volume che fa parte di un progetto ambizioso di diffusione del concetto di lingua oltre i canoni della lingua verbale. Già in quest’opera si trova l’indispensabile corredo di video per rendere conto di frasi esclamative, interrogative o relative.

Opere come queste sarebbero impensabili senza la possibilità tecnologica di realizzarle e questo aspetto amplia ulteriormente i confini di un ambito di ricerca che va ben oltre i modelli teorici e spesso cambia pelle, grazie a chi effettivamente pratica e incarna sul campo della vita quella possibilità ancora non del tutto sondata che chiamiamo comunicazione.

Cecilia M. Voi