Lavorare nel no-profit – Intervista a Salvatore Maggiori

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Quando e come nasce Banco Alimentare? Qual è la sua mission?

Banco Alimentare nasce da un gruppo di volontari/amici che decidono di replicare un’esperienza incontrata in Spagna che recuperava il cibo per donarlo a strutture caritative. Nel 1989 Banco Alimentare nel frattempo costituitosi in Fondazione incontrò Danilo Fossati patron dell’azienda alimentare STAR, il quale, essendo persona molto sensibile ai temi della povertà, del recupero del cibo e della lotta allo spreco, ne divenne il principale promotore. In seguito, ci fu l’incontro chiave con Mons. Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione e dall’amicizia tra queste due figure straordinarie prenderà il volo la storia di Banco Alimentare.

La nostra Mission è la solidarietà sociale, la beneficienza come intesa dalla tradizione cristiana; quindi, aiutare chi è in difficoltà. Per fare questo, Banco Alimentare recupera anche le eccedenze di cibo, promuovendo la lotta allo spreco. Il Banco Alimentare “aiuta chi aiuta,” nel senso che si occupa di far avere il cibo alle strutture caritative, le quali successivamente  offrono aiuto alimentare a coloro che vivono in difficoltà. In Italia si contano 15000 strutture caritative e più della metà sono convenzionate con Banco Alimentare. La Fondazione, inoltre, coordina 21 Banchi alimentari con sede nelle diverse regioni italiane e che insieme costituiscono la  presenza di Banco Alimentare sul territorio. Circa 1.700.000 persone in difficoltà  hanno avuto aiuti dalle strutture caritative in rete con Banco Alimentare; ciò è stato possibile non solo grazie ai dipendenti, ma anche ai volontari che decidono di sostenere attivamente la nostra Mission.

Come avete affrontato la pandemia? Che obiettivi avete adesso?

Durante le fasi più acute della pandemia, Banco Alimentare è riuscito a non chiudere mai. Sono stati trovati modi alternativi di portare avanti, ad esempio, la Colletta Alimentare che nel 2020 non è stato possibile realizzare in presenza nei punti vendita sostituendola con card elettroniche, con cui il consumatore poteva scegliere gli alimenti che poi venivano donati alle strutture caritative. C’è stata così anche un’accelerazione della digitalizzazione dei nostri processi, che è esattamente quello che ha fatto anche il mondo profit. Ora che si torna alla normalità il nostro obiettivo primario è consolidare la nostra organizzazione e potenziare la capacità complessiva di aiuto  alle strutture caritative affinché possano – conseguentemente – aiutare ancora meglio le persone e famiglie in difficoltà. Un secondo obiettivo è far crescere la nostra rete sul territorio e rafforzare congiuntamente il rapporto con le strutture caritative, perché solo in questo modo tutto ciò che facciamo arriva a chi ha bisogno sul territorio.

Intervista a Salvatore Maggiori, Direttore Generale Fondazione Banco Alimentare Onlus.

Quali sono le ragioni per cui le persone scelgono di lavorare in una no-profit?

Ci sono molti giovani che arrivano nelle nostre strutture, perché c’è la possibilità non solo di imparare un mestiere, ma anche di farlo con dei valori, di creare una sinergia tra l’impegno personale e il contributo a questa realtà che si basa sulla solidarietà. Avere delle competenze professionali è importantissimo nel mondo no-profit; non è pensabile però di portare aventi un’organizzazione di questo tipo solo basandosi sulla motivazione, serve anche la competenza e la formazione. Inoltre molti giovani, che oggi hanno una sensibilità diversa, vogliono fare un lavoro che abbia anche un risvolto sociale, fonte di soddisfazione personale oltre che professionale.

Visto che lei ha un forte background manageriale e adesso fa il General Manager di Banco Alimentare, che valore dà alla valorizzazione delle risorse umane?

Valorizzare le risorse umane in un’organizzazione è la strada maestra per farla crescere insieme alle proprie persone. Non è un caso che la Fondazione abbia creato un programma di formazione per tutto il proprio personale. Perciò, oltre ai corsi di addestramento tecnico, si è investito su gli aspetti riguardanti i “soft skills” come la delega, il time management, il Team working, ecc. perché sono fondamentali in un’organizzazione molto articolata come la nostra. I problemi che si vanno ad affrontare sono sempre più complessi e le cose si devono imparare anche tramite la formazione, che è un modo per far capire alle persone che si sta investendo su di loro perché è nell’interesse di tutti e affinchè  diventino più competenti nel proprio lavoro.

Che suggerimenti darebbe ad un giovane che sta per entrare nel mondo del lavoro?

Bisogna essere curiosi, coraggiosi e generosi. Soprattutto quando si è giovani bisogna essere delle “spugne”, ovvero avere entusiasmo ed imparare quanto più possibile e in ogni occasione. Nell’imparare i giovani sono bravi; il passaggio successivo è far fare loro il collegamento tra quello che hanno imparato e ciò che sono e fanno concretamente. Un consiglio fondamentale è, quindi, ascoltare, imparare ed insegnare ciò che si è appreso, aggiungendo la propria passione e la propria intelligenza. I giovani hanno le potenzialità per fare grandi cose. All’inizio bisogna accompagnarli per un periodo che, a volte, può risultare anche lungo, investendo e lasciando spazio affinché si possa così migliorare in modo significativo tutta l’organizzazione anche attraverso loro.


Luca Brambilla