Le nostre aspettative

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Ridimensionare le nostre aspettative è segno di maturità o di resa?

Da sportivo e tifoso, prendo spunto dall’eliminazione del Milan dall’Europa League per riflettere e valutare quali siano le conseguenze di un ridimensionamento delle aspettative e quali i comportamenti da agire.

All’inizio del campionato il Milan presenta una squadra giovane composta da buoni elementi, ma con solo un paio di fuoriclasse, Ibrahimovic e Donnarumma il quale, tra l’altro, è anche giovane. Già alla fine del campionato scorso aveva mostrato un bel gioco pieno di entusiasmo, con buoni schemi e sano spirito di squadra esaltando positivamente le sue prestazioni tanto che queste, inevitabilmente, avevano alzato le aspettative per il campionato ancora in corso. 

Mentre la squadra è in testa per diversi mesi – in piena corsa per lo scudetto, la Coppa europea e la Coppa Italia – accadono tre cose:

1) si infortunano alcuni titolari e altri giocatori causa Covid19, non consentendo quasi mai di schierare la squadra al completo

2) il Milan perde o pareggia partite che sulla carta avrebbe dovuto vincere

3) esce infine dalla Coppa Italia, esce dall’Europa League e perde contatto con la prima in classifica che oggi vanta 9 punti di vantaggio, in un solo mese.

Che cosa è successo? Quali motivazioni dare al calo delle prestazioni così evidente e così dannoso sia per le casse della società, sia per lo stato d’animo di giocatori e tifosi? Una prima risposta è che forse avevano alzato troppo le aspettative. Eh sì, perché quando le aspettative non rispettano i valori tecnici prima o poi saranno da ridimensionare. Si sa che una squadra giovane ha bisogno di tempo per maturare, si sa che giocare tante partite necessita di avere una rosa ampia e adeguata, si sa anche che la sconfitta fa parte del processo di crescita che ognuno di noi deve affrontare per arrivare al successo. Il club adesso lotta per arrivare in Champions, obiettivo ambizioso, ma ancora alla portata.

Per la cronaca e da milanista, non pensavo che avremmo vinto l’Europa League, un pensierino sulla coppa Italia l’avevo fatto, ma adesso non mi resta che sperare nel campionato nonostante il distacco sia molto ampio. Arrivare tra i primi quattro? Confermo, si può fare.           

Inutile porsi obiettivi esagerati, meglio ambiziosi, ma raggiungibili. Tante partite impegnano tanti giocatori, però non basta essere in tanti, servono persone mature che abbiano vinto tanto e perso altrettanto, persone capaci di reggere la pressione alla quale sarai sottoposto dai media, dalla società e dai tifosi, ma soprattutto persone consapevoli dei propri limiti.

I calciatori fino a poco tempo prima giocavano senza pensare alla classifica, al dover passare il turno, ma giocavano per il piacere di farlo crescendo in fiducia e in autostima. Sembra quasi che i giocatori del Milan (magari non tutti) abbiano perso la gioia di giocare, quella leggerezza che aveva contraddistinto il loro stare in campo mettendo in evidenza umiltà e semplicità, entusiasmo e libertà dagli obiettivi sempre più stringenti e difficili da raggiungere come, ad esempio, la consapevolezza dei propri mezzi.

L’aspettativa nasce dai nostri comportamenti o nostri desideri, non basta desiderare qualcosa perché questa accada, ma ci si deve impegnare.

In azienda può capitare lo stesso, un ridimensionamento delle aspettative sugli utili, sui guadagni, sui ruoli, sui progetti non è raro, anzi, può succedere che qualcosa rallenti la crescita e lo sviluppo dell’azienda stessa. A questo punto è importante la reazione, ma prima ancora la valutazione dei perché, dei motivi per i quali si viene ridimensionati, siano essi endogeni o esogeni.

Scrivere dei motivi esogeni, cioè le motivazioni che non dipendono da noi, è facile. C’è poco da dire, occorre prenderne atto e farne esperienza, affinché questi non ci trovino impreparati in futuro.

Per fare alcuni esempi, la pandemia da Covid19, il clima, le leggi, le mode potranno condizionare gli obiettivi fino a ridimensionarli senza che si possa evitare tale accadimento; si potrà reagire più o meno prontamente, ma eventuali conseguenze – indipendenti dalla nostra volontà – verranno pagate senza sensi di colpa.

Discorso diverso per gli aspetti endogeni, originati da carenze, da disattenzioni o da incapacità proprie. Non è disonorevole ridimensionare le aspettative, ma se queste dipendono da precise responsabilità individuali, il ridimensionamento può portare a demotivazione, ansia e persino alla resa.

L’aspettativa nasce dai nostri comportamenti o dai nostri desideri. Non basta desiderare qualcosa perché questa accada, ancor più concretamente i comportamenti potranno determinare risultati se accompagnati da profonde analisi, da impegno o da precise azioni molto ben preparate e studiate.  

In Borsa comprare o vendere un titolo non dipende solo dal suo andamento nel passato: creare aspettative sui profitti che generati dalla vendita di un titolo sarà influenzato da molte variabili. Scelte di politica economica, cambi di valuta, disponibilità del prodotto, reputazione e immagine dell’azienda, oltre a molte altre ancora.

Un sano esame di coscienza per verificare quanto fatto e come sia stato fatto agevolerà la nostra consapevolezza nel giudicare oggettivamente quali siano le corrette aspettative alle quali si sarebbe dovuto puntare. Per evitare di restare delusi serve onestà intellettuale, ecco perché la giustificazione, la lamentela o la ricerca di un capro espiatorio sono dannosi oltre che scorretti, perché non ci consentono di maturare facendo tesoro dei nostri errori e agire il cambiamento.

Se le aspettative risulteranno troppo alte sarà opportuno trovare il coraggio di abbassarle, riducendo il gap tra quanto saremo in grado di fare e quanto ci viene chiesto o imposto. Imponiamoci noi, motivando educatamente, con il massimo rispetto dei ruoli, utilizzando un comportamento assertivo adeguato.

Per rispondere alla domanda iniziale se ridimensionare le aspettative sia segno di maturità o di resa, penso sia soprattutto segno di maturità, se si è fatto tutto quello che era in nostro potere fare e segno di resa se non si farà di tutto per riprovarci.   

Gianluca Ferrauto