Se all’avvocato non basta più andare in tribunale

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Come molte altre figure professionali odierne anche quella dell’avvocato sta subendo un’evoluzione tangibile dal punto di vista della mentalità e dell’impostazione relazionale. L’avvocato Arrigo Giacomelli, che si occupa da numerosi anni di diritto commerciale societario, di contrattualistica internazionale e di proprietà intellettuale e che lavora come partner presso lo studio legale DFA, ha voluto aiutarci a comprendere meglio questo mutamento.

Com’era il lavoro dell’avvocato vent’anni fa?

L’avvocato, per tradizione, era quel professionista che patrocinava il giudizio di cause attive o cause passive, era quella figura che “andava in tribunale”. Ora, quella dell’avvocato è forse una delle attività professionali che ha più subìto modifiche e sviluppi legati alla differenza di impostazione delle proprie attività e di cui purtroppo non sempre gli avvocati si rendono conto. È necessario, innanzitutto, riflettere su questo mutamento per prevenire situazioni di difficoltà, come quella, piuttosto nota, dettata dal numero sempre crescente di avvocati presenti in Italia. Si parla infatti, di circa 240mila avvocati contro i 70-80mila di Francia o Regno Unito. Questa sovrabbondanza porta inevitabilmente a una concorrenza spietata ed esasperata, spesso a discapito dei giovani, e al rischio di un conseguente comportamento poco serio e professionale. Inoltre, al giorno d’oggi, abbiamo circa 4 o 5 milioni di cause civili pendenti, a svantaggio dell’efficienza, dei tempi corretti di amministrazione della giustizia, dei costi e a sfavore della reputazione che trasmettiamo ai possibili investitori internazionali. Basti pensare che la durata di un processo medio attraverso i tre gradi di giudizio è di circa 7-8 anni: una lunghezza assolutamente inammissibile.

Come è cambiato il lavoro dell’avvocato?

Col tempo, la figura dell’avvocato è cambiata e sta cambiando, da soggetto che difende in giudizio l’avvocato è diventato un consulente a tutto campo che opera, assiste in funzione preventiva e cerca di evitare la causa attraverso contratti chiari, evitando ambiguità e reticenze. La comunicazione ha assunto quindi notevole importanza in questo nuovo ruolo di consulenza e sensibilizzazione.

Quanto hanno da investire gli avvocati nel campo delle “soft skills”?

Molto, perché l’avvocato ancora oggi si rende poco conto di questa evoluzione, secondo me naturale, in consulente, buon comunicatore e negoziatore che deve condurre una trattativa equilibrata. Come diceva Winston Churchill: “la miglior trattativa è quella al termine della quale entrambe le parti si alzano dal tavolo ragionevolmente insoddisfatte”. Le soft skills sono quindi strumenti che l’avvocato, in questa sua nuova veste, deve affinare, in aggiunta alle competenze tecniche che già possiede. Deve saper lavorare in gruppo, nel proprio studio o per relazionarsi con la controparte. Anche il problem solving è una capacità in cui dovrebbe acquisire esperienza, non necessariamente legata all’aspetto tecnico-giuridico, ma per soddisfare i desideri e le aspettative del cliente o di un collaboratore.

Che suggerimenti si sente di dare a un giovane neolaureato in giurisprudenza che vuole entrare in questo mondo?

Innanzitutto, sono necessari dei requisiti di base: primo fra tutti, una grande passione, poi un grande spirito di sacrificio, grande umiltà, capacità linguistiche per intrattenere rapporti all’estero e grande tenacia, poiché oggi in Italia la carriera di avvocato si prospetta inevitabilmente lunga. Un giovane neolaureato, pur bravo che sia, riesce a diventare indipendente economicamente solo dopo quattro-cinque anni dall’inizio della professione. È inoltre altrettanto importante avere dei bravi maestri, iniziare la propria attività in uno studio dove è facile apprendere.

Che cosa contraddistingue un bravo maestro in ambito giuridico?

È questione di atteggiamento mentale e di animo: deve fornire disponibilità a dedicare del tempo e dell’attenzione alla formazione e alla crescita professionale di un giovane, sacrificando tempo ed energie ed abbandonando quel tradizionale individualismo che può contraddistinguere ancora, alle volte, questa figura. Il cambiamento personale è fondamentale per la crescita e il miglioramento di questo Paese. E in questo ambito le soft skills sono fondamentali, per un avvocato, e non solo.

Luca Brambilla

Fonte

Clicca qui per vedere il video dell’intervista all’Avv. Arrigo Giacomelli