“Servono competenze relazionali e comunicative per la futura classe dirigente” – Intervista a Marcello Presicci

Tempo di lettura: 7 minuti

Cos’è e quando nasce la Scuola Politica Vivere nella Comunità? 

L’iniziativa nasce da un’idea di Pellegrino Capaldo ed è dettata dalla volontà di offrire alle future generazioni (siano esse classe dirigente, politici o semplici cittadini) una formazione multidisciplinare che non sia solo politica ma anche civica e culturale di alto livello.
Ciò avviene attraverso lezioni e seminari tenuti da prestigiosi accademici e da figure “tecniche” rilevanti del nostro paese come amministratori delegati, presidenti, ministri e servitori dello Stato.
L’aspetto che contraddistingue l’unicità dell’iniziativa è il suo essere apartitica e gratuita, aperta cioè a tutti i giovani che aspirano a essere classe dirigente – ognuno nel proprio ambito lavorativo – ma con competenza, serietà e preparazione. 

Il nostro è un progetto caratterizzato da un reale spirito di servizio, non ci interessano quindi aspetti commerciali o di business.
Desideriamo che la nostra iniziativa possa aumentare le competenze di chi un domani servirà il nostro Paese, sia nel pubblico che nel privato. Penso che all’Italia serva davvero una classe dirigente giovane e preparata per tornare a essere protagonista, poiché non possiamo più permetterci, come negli anni scorsi, figure apicali o rappresentanti dello Stato con insufficienti competenze chiave.
Per cercare di realizzare questo intento abbiamo raccolto intorno al nostro progetto alcune fra le più grandi aziende pubbliche e private, oltre a fondazioni e istituzioni di primaria importanza. Credo che mai nel nostro Paese si sia riscontrato un così alto valore di capitale umano su un’iniziativa formativa gratuita ed apartitica, e il merito è ovviamente dei fondatori – Pellegrino Capaldo e Sabino Cassese – oltre che del nostro straordinario supervisory board e dei docenti che investono il loro tempo a favore dei giovani. 

Da quale esigenza è nata questa Scuola Politica e che obiettivi vuole raggiungere? 

L’obbiettivo è quello di rendere i partecipanti in grado di analizzare e comprendere le sfide odierne, grazie agli strumenti dei quali li dotiamo nel corso delle lezioni. Le testimonianze mettono insieme l’esperienza concreta dei docenti e la loro preparazione accademica.
L’esigenza è quella di colmare un vuoto e scommettere sul futuro rafforzando la figura dei “civil servants” e quindi puntare realmente sui giovani affinché possano (auspicabilmente presto) essere attivi e protagonisti in un Paese in cui serve saper destreggiare l’interpretazione idonea della contemporaneità. Ascoltare ad esempio straordinarie personalità come Carlo Messina, Marta Cartabia, Giuliano Amato, Sabino Cassese, Bernardo Giorgio Mattarella e molti altri è un’occasione irripetibile per i nostri partecipanti. Speriamo che possano apprendere da questi, e da tutto il corpo docenti, quelle soft skill difficilmente captabili nei classici (e certamente fondamentali) percorsi di studio alternativi.
Come ha affermato il Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo, uno dei membri fondatori della nostra iniziativa, la Scuola Politica Vivere nella Comunità è un laboratorio in costruzione per progettare, realizzare e valutare nuove tecniche di ibridazione educative e formative, utili a creare dei nuovi leader e dei nuovi “civil servants”. 

Intervista a Marcello Presicci, giornalista, docente e uno dei fondatori della Scuola Politica Vivere nella Comunità.

A chi si rivolge la Scuola Politica? In cosa è differente dalle altre? 

Si rivolge a giovani (fino a un’età massima di 40 anni) che hanno già alle spalle notevoli risultati accademici o esperienze lavorative consolidate e che possono portare a loro volta un contributo essenziale alla scuola e al Paese, lavorando sui progetti per i quali vengono coinvolti insieme ai nostri partner. Noi desideriamo aumentare le competenze dei partecipanti in quasi ogni ambito (la Scuola è divisa in aree tematiche: economico/finanziaria, politico/istituzionale, estera/internazionale ecc.) grazie alle straordinarie testimonianze dei nostri docenti.
Il “patrimonio” della Scuola risiede proprio nel valore dei membri del nostro supervisory board – presieduto egregiamente da Paolo Boccardelli e Massimo Lapucci – e dal percorso didattico interdisciplinare ideato dai membri fondatori.  

Ad esempio, uno dei nostri scopi è sottolineare l’importanza della leadership collettiva al servizio della comunità. Quindi “comunità” è senza dubbio la parola chiave e interpretativa di tutta l’iniziativa che stiamo portando avanti con grande successo. Basti pensare che in due anni abbiamo ricevuto oltre 1000 richieste per soli 60 posti disponibili.
Siamo anche molto soddisfatti di aver lanciato recentemente un programma formativo in collaborazione con la Fondazione CRT chiamato “Talenti per la Comunità”, con cui aumentiamo il numero dei partecipanti ai nostri cicli formativi. Come è noto, la partecipazione degli studenti è gratuita grazie alle aziende sponsor (fra gli altri sono presenti Intesa Sanpaolo, Cassa Depositi e Prestiti, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, ANIA, A2A, Iren, Generali). Questo è uno degli elementi che ci contraddistingue dalle altre iniziative formative, poiché il nostro è un reale impegno volontario per il Paese e le istituzioni. 

Come mai avete deciso di essere apartitici pur parlando di politica? 

Si può fare politica senza intermediazione partitica sulla base di quelli che sono i concetti fondamentali della stessa, quali il bene comune e l’interesse generale. Aspetti che non vengono perseguiti in un partito piuttosto che in un altro, ma che trovano declinazione in diversi modi di intendere il bene comune e l’interesse generale. Questo significa che vincolarsi a un’ideologia partitica (nonostante al giorno d’oggi sia di difficile identificazione) rappresenta un aspetto che può essere estremamente limitante nella volontà di trasmettere un insegnamento concreto e oggettivo sulle dinamiche politiche. Vincolarsi a un partito può rappresentare un’occasione in termini di visibilità, ma la nostra visibilità è la grande preparazione dei docenti e le capacità che i partecipanti saranno in grado di mostrare nel futuro.

Poi devo dirle che per noi la politica è quella con la “P” maiuscola, vale a dire l’interesse e l’amministrazione della cosa pubblica a favore della comunità, sia nel pubblico che nel privato. Crediamo che l’apprendimento sia un processo sociale e socializzante, per questo il modello didattico delle nostre lezioni si basa su un profondo dialogo fra docente e studenti.
In questo modo i saperi civici sono spesso in primo piano e le esperienze pratiche di chi governa processi importanti arricchiscono notevolmente i partecipanti. Le due straordinarie Lectio Magistralis che abbiamo avuto con l’amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, e la Ministra della Giustizia Marta Cartabia testimoniano quanto espresso poco fa in termini di esperienze pratiche. 

Lei è giornalista, docente ed è uno dei fondatori della Scuola Politica Vivere nella Comunità. Da poco è stato nominato Presidente di un prestigioso Board della Fondazione per l’Educazione Finanziaria, creata dall’Associazione Bancaria Italiana. Che consigli può dare a un giovane interessato al mondo istituzionale? 

Le confesso che grazie al mio lavoro dialogo spesso con presidenti, amministratori delegati o comunque figure apicali di grandi aziende e istituzioni. Molti mi riferiscono di come frequentemente i giovani laureati, seppur brillanti e fortemente preparati nella loro disciplina di riferimento, manchino di competenze comunicative, interpersonali e relazionali. Personalmente suggerisco sempre ai nostri studenti di investire nella propria rete relazionale poiché ciò significa far ricorso a un insieme di connessioni utili, cioè a soggetti che hanno a loro volta una gamma di conoscenze funzionali al raggiungimento degli obiettivi professionali o sociali. Questa è una di quelle soft skill legate al grande patrimonio di contatti che la nostra Scuola Politica offre ai partecipanti tramite i docenti e i membri del board.

Quanto alla Fondazione per l’Educazione Finanziaria, presieduta da Stefano Lucchini, credo che essa rappresenti uno strumento prezioso in Italia per veicolare l’importanza dei temi relativi al risparmio e al buon uso della finanza. Per noi italiani, risparmiare è un concetto da sempre molto importante. Le statistiche ci vedono ai vertici come buoni risparmiatori e ricchezza personale ma, nonostante ciò, siamo tra gli ultimi posti in quanto a conoscenze finanziarie. Per questo anche nel percorso didattico della Scuola Politica abbiamo incluso docenti come Magda Bianco di Banca d’Italia o Paolo Gualdani, CEO di un importante family office, i quali potranno offrire suggerimenti e preziose riflessioni sugli aspetti economici legati al risparmio e alla finanza. 

Luca Brambilla