Soft skill: come trasformare il Talento in Successo

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Tutti abbiamo un talento: dobbiamo solo farlo emergere e trasformarlo in successo

Le aziende cercano con tutte le forze di catturare i talenti e i collaboratori delle imprese devono avere la possibilità di scoprire e coltivare i propri talenti nascosti.

Luca Quaratino, docente di Organizzazione Aziendale presso l’Università IULM di Milano spiega che stiamo assistendo a una trasformazione della parte del contratto tra individuo e organizzazione che non riguarda lo scambio meramente giuridico, bensì il sistema di attese reciproche che l’azienda e i suoi collaboratori definiscono anche sul piano immateriale.
Si parla, cioè, del cosiddetto contratto psicologico, improntato, fino a non molti anni fa, a logiche di mercato; vale a dire che l’organizzazione offriva ‘employability’ e stimoli professionali in cambio un forte orientamento al risultato. Il tutto in una logica di tipo transazionale, orientata al breve termine.

A fronte degli enormi mutamenti del contesto, oggi siamo davanti invece all’evoluzione del contratto psicologico una logica così detta ‘di affinità’ in cui l’organizzazione e l’individuo sono pronti a mettere sul tavolo qualcosa di più: l’impresa si impegna ad offrire un lavoro ricco di significato e occasioni di apprendimento e coltivazione del talento e, al tempo stesso, le persone si impegnano a contribuire attivamente alla gestione del cambiamento e alla ricerca di innovazione continua.

In questo nuovo contratto, la coltivazione del talento di ogni singolo collaboratore diventa un punto di attenzione focale per le organizzazioni.
E l’empatia e la cura individualizzata da parte die capi diventano in questo senso fondamentali all’interno di una realtà aziendale, perché costituiscono l’unico strumento che permette di avere il massimo contributo da parte delle persone.

L’azienda può rivelare questa empatia per valorizzare le soft skill dei dipendenti, ma come specifica Nicola Ladisa, Direttore delle risorse umane per il Gruppo De Agostini, non tutte le aziende sono focalizzate sulla persona e sul singolo talento, perché è più facile gestire l’omologazione e la standardizzazione piuttosto che l’individualità.

In una dinamica relazionale, il voler bene è la chiave di volta, senza limiti imposti dalle etichette. A volte è faticoso, perché le aziende hanno bisogno di energia mentale e di tempo da dedicare alle persone.

I giovani cercano un mondo lavorativo che dia esperienze di vita, che li aiuti a crescere e che stimoli la loro creatività: il talento deve essere scoperto, allenato e nutrito.

I giovani cercano un mondo lavorativo che dia esperienze di vita: il talento deve essere scoperto, allenato e nutrito.

È fondamentale che tutti riconoscano di avere un talento e che l’azienda combatta per renderlo palese agli occhi di tutti. È come una pianta: per crescere ha bisogno di acqua, sole e nutrimento, altrimenti appassisce. Così, anche il talento deve essere continuamente stimolato alla crescita, generando un cambio di paradigma che arricchisca sia l’azienda sia l’individuo.

Spesso si abusa della parola talento, perché viene utilizzata come scusa per disimpegnarsi, per venire meno a una missione, ci vogliono sensibilità ed esperienza per scavare a fondo e far emergere il talento di una persona.
Una buona partenza è sicuramente basarsi su un’ipotesi positiva senza giudizi o incasellamenti: tutti hanno dentro di sé un talento che deve essere sdoganato, senza pregiudizi, spiega Luca Brambilla, Direttore dell’Accademia di Comunicazione Strategica e autore del libro Dal Talento al Successo.

L’errore, però, è sempre dietro l’angolo e la possibilità di sbagliare è naturale in ogni essere umano.
L’errore è legato a una capacità introspettiva: c’è chi ha avuto la fortuna di vivere in ambienti in cui è apertamente riconosciuto e quindi ha potuto sperimentarlo. Ed è una fortuna, perché in Italia l’errore è un tabù, il focus è sempre su chi ha sbagliato e mai sull’entità o la motivazione dell’errore stesso.

Dietro l’errore si cela tuttavia una responsabilità, esso genera apprendimento e libertà solo se insieme si giunge a una soluzione trovando un saldo punto di incontro attraverso feedback continui e non rifugiandosi nell’immaturità.

La cultura dell’errore, per quanto si voglia reprimere, è fondamentale per l’assetto relazionale del connubio azienda-dipendente. Nel mondo del lavoro, una delle soft skill più importanti è la capacità di creare e mantenere relazioni, base solida per vivere in un’organizzazione aziendale. Le organizzazioni devono essere trasversalmente integrate attraverso una collaborazione orizzontale e, al tempo stesso, devono riuscire a stimolare i talenti tramite cooperazione e motivazione costanti.

In questo modo, sarà più facile che i talenti emergano, che le esperienze fruttino e, indubbiamente, sarà meno faticoso aiutare le persone nell’autodefinizione di talenti e nella loro maturazione e sviluppo fino al raggiungimento del pieno successo.

Elena Corbetta