Speranza e valori di un’imprenditrice – Intervista a Francesca Ossani  

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Qual è la sua storia? 

Nasco nel settore alberghiero, poiché mio padre aveva degli alberghi. Lui è stato un imprenditore molto illuminato perché già all’epoca, e parliamo degli anni 80, aveva capito cosa significasse prestare attenzione alle risorse umane, quello che ora di chiama welfare aziendale. Aveva così cura dei suoi dipendenti che riuscì a fargli avere 100 mila lire in più in busta paga.  

Il mio percorso lavorativo passa da Diego Della Valle, per il quale feci ricerca di prodotto, ad una mia società che produceva e distribuiva costumi da bagno e vestiti da donna e da bambina nei migliori negozi d’Italia espandendosi anche all’Europa, agli Stati Uniti e al Giappone.  Ho sempre avuto la voglia di misurarmi in tutti quei progetti in cui credevo fermamente.   

Dal primo momento che sono entrata in Crik Crok ho trasmesso il mio messaggio ai dipendenti. Credo nella forza del team e soprattutto di un team che lavora unito per lo stessa obbiettivo. Siamo riusciti ad organizzare le prime cene di Natale e alcune giornate di team building nelle quali i nostri dipendenti si sono conosciuti per la prima volta tra di loro dopo 35 anni che lavoravano nello stesso stabile. Inoltre abbiamo organizzato un “family day” per permettere alle loro famiglie di poter entrare a vedere, per la prima volta, lo stabilimento, il luogo dove passano la maggior parte del loro tempo. Ho cercato di trasmettere loro i valori, che a mia volta erano stati trasmessi da mio padre: l’importanza delle persone e del lavoro.  

Perché ha deciso di rilevare Crik Crok?   

Ho iniziato la mia avventura in Crik Crok perché volevo entrare in una realtà produttiva. Fin da bambina, mi ha sempre affascinato l’idea che dalla materia prima si potesse creare un prodotto finito. Confesso che, quando sono entrata la prima volta nello stabilimento e ho visto la cascata delle patatine, me ne sono innamorata!  

Com’è iniziata la sua avventura in Crik Crok? 

Nel giugno 2017 sono entrata in Crik Crok con un concordato preventivo che si basava solo ed unicamente sulla mia proposta di acquisto di ramo di azienda. Dopo pochi mesi, mi sono resa conto che la situazione finanziaria non era proprio quella che mi avevano prospettato. Ero davanti a un bivio. Se avessi lasciato l’azienda sarebbe fallita, ma continuare avrebbe significato immettere risorse finanziarie personali con il rischio enorme di poterle perdere. Ho scelto di fare la follia, perché di questo si trattava, ed ho fatto la mia scelta di cuore. Ho scelto di salvare 150 dipendenti e 500 agenti.  

La procedura è durata ben due anni e mezzo con non pochi ostacoli. Abbiamo avuto player di rilievo interessati all’azienda ed uno di questi ci ha rallentato l’omologa del concordato. Abbiamo dovuto combattere anche in Tribunale al fine di “ portare a casa” il risultato.  

Addirittura, la sera che scadeva la votazione dei creditori della società in concordato, un creditore che conosceva mio papà ha votato positivo e la Crik Crok si è salvata “per il rotto della cuffia”. Finalmente a dicembre 2019 c’è stato il passaggio di quote. Il 2020 avrebbe dovuto essere l’anno del rilancio.  

Intervista a Francesca Ossani, Presidente di Crik Crok uno dei più importanti player nel settore della distribuzione di snack salati

Come avete gestito la situazione complessa dovuta al Covid con Crik Crok? 

Il Covid-19, ha colpito maggiormente il settore Horeca, quindi bar e ristoranti. Essendo il canale che più a lungo è stato sottoposto a chiusure, ci ha causato un ingente danno economico colpendo il nostro fatturato basato principalmente su quel canale di distribuzione.  

Abbiamo affrontato questi due anni continuando a combattere. È stato ed è tuttora molto faticoso.  

Per noi che uscivamo da un concordato è stato ancora più complicato. A livello di credibilità con le banche e con la Gdo non abbiamo avuto il tempo di riscattarci.  

Quali sono i prossimi step nel breve periodo? 

La speranza è che si possa volare finalmente! 

Ora abbiamo iniziato un processo di ristrutturazione di tutta l’azienda e ci auguriamo si possa tornare il prima possibile alla “normalità”. 

Dobbiamo riprenderci la nostra vita e ricominciare a vivere. Dobbiamo tornare a goderci tutti quei momenti di serenità che meritiamo.  E perché no, anche grazie alle patatine che rappresentano proprio un momento di gioia, lo stesso che si prova davanti alla cascata delle patatine. È proprio lì che il nostro lato infantile inconsciamente ci emoziona ricordandoci quando le mangiavamo senza farci vedere dai nostri genitori! 

Quale messaggio darebbe ai giovani?  

Ciò che voglio comunicare ai giovani attraverso il racconto della mia storia è di essere sempre positivi e non perdere mai la speranza. Negli anni ho davvero capito il significato della parola “resilienza” proprio sulla mia pelle. Non ho mai smesso di credere di poter superare tutti i momenti bui e ho sempre cercato di vedere tutto ciò che mi accadeva come un insegnamento per crescere e mai smettere di imparare.  

Luca Brambilla