Un errore comune nel time management

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Ogni professionista che si rispetti sa che il time management rappresenta un’abilità fondamentale nel proprio lavoro. Saper rispettare le consegne e pianificare le proprie attività è il punto chiave per la gestione delle proprie energie e diminuire lo stress. Eppure, spesso si fanno previsioni troppo ottimistiche per quanto riguarda il tempo necessario a concludere un lavoro. Ancor più frequentemente, poi, si ripete lo stesso errore, ignorando le esperienze passate.

Questo fenomeno è chiamato fallacia della programmazione, ovvero la tendenza a credere che un progetto procederà esattamente come si è programmato, anche sapendo che la grande maggioranza di simili attività hanno richiesto più tempo del previsto. Si tende quindi a essere troppo ottimisti nella pianificazione del proprio lavoro.

Un celebre esempio di questo bias è rappresentato dal progetto iniziale del teatro dell’Opera di Sidney. Nel 1957 infatti, si stimava che la costruzione sarebbe stata terminata in sei anni, con un costo di sette milioni di dollari australiani. Al termine dei lavori, fu inaugurata una versione in scala ridotta della versione originale, nel 1973, quindi dieci anni dopo la fine prevista, con un costo totale di 102 milioni di dollari. Ma, come già menzionato, questo errore cognitivo non si presenta solamente per mega-progetti, bensì anche per attività quotidiane.

I processi sottostanti alle previsioni errate

Kahneman e Tversky, che nel 1979 hanno definito questo fenomeno, suggeriscono che le persone possono utilizzare due differenti tipi di informazione quando formulano una previsione. Chi utilizza un’informazione singola, basa la sua previsione su aspetti specifici dell’attività che possono influenzare il tempo necessario a svolgerla. Al contrario, chi utilizza un’informazione distributiva considera quanto tempo si è impiegato per completare attività simili. I primi, suggeriscono i due studiosi, adottano una prospettiva interna, che li porta a cadere più facilmente nella fallacia della programmazione.

Inoltre, Kahneman e Tversky propongono tre ostacoli alla considerazione di eventi passati nella formulazione della previsione:

  1. Il focus intrinseco sul futuro.
    L’atto della previsione, per sua natura, pone l’attenzione al futuro, rispetto al passato.
  2. La difficile definizione di esperienze “simili”.
    In alcuni casi, le esperienze possono sembrare così diverse che non si è in grado di compararle in maniera significativa.
  3. Processi che attribuiscono un’importanza minore al passato.
    Anche se si è in grado di confrontare esperienze passate con il presente, queste informazioni non vengono prese in considerazione. Questo può accadere, perché si è alla ricerca di un nesso causa-effetto per il fallimento di precedenti previsioni, oppure si tende eccessivamente a negare l’importanza di esperienze passate quando implicano conseguenze negative nella previsione. Si nega l’importanza di alcune esperienze se implicano il fatto che il progetto necessiterà di più tempo di quanto sperato.
Saper rispettare le consegne e pianificare le proprie attività è il punto chiave per la gestione delle proprie energie e diminuire lo stress.

Le evidenze scientifiche

In uno studio condotto nel 1994 condotto dai ricercatori Buehler, Griffin e Ross, sono stati presentati gli effetti di questo bias nella programmazione delle attività di alcuni studenti.

I dati emersi dai loro esperimenti sono sorprendenti. In un primo test, meno di un terzo dei partecipanti (29,7%) ha completato l’attività nel tempo che ritenevano “la previsione più accurata”. Inoltre, solo il 10,8% ha svolto il lavoro entro la data prevista più ottimistica, ovvero se tutto fosse andato il meglio possibile.

In un altro esperimento, questo fenomeno era ridotto se si consigliava ai partecipanti di considerare esperienze passate, soprattutto in relazione alle attività del presente. Senza questo ultimo consiglio, infatti, i partecipanti tendevano a ricordare il loro passato senza associarlo al lavoro attuale.

Nel complesso dei cinque esperimenti condotti, meno della metà dei partecipanti aveva concluso l’attività nel tempo originariamente previsto. Come da ipotesi, le previsioni si basavano su esperienze passate che confermavano il loro ottimismo, tendendo a ignorare esperienze negative. Inoltre, il consiglio di ricordare il passato non ha portato gli studenti a fare previsioni bilanciate, né troppo ottimistiche, né troppo pessimistiche. Al contrario, ha fatto sì che molti dei partecipanti si sbilanciassero in senso opposto, formulando tempi di scadenza troppo pessimistici.

Come limitare questo fenomeno

Rapportare il passato al presente rappresenta la strategia principale per limitare la fallacia della programmazione, ma vi sono altre tecniche che permettono di diminuirne l’effetto. Molti studi hanno dimostrato come la stima della durata di qualsiasi evento sia correlata alla sua grandezza. Stimoli corti sono generalmente sovrastimati, mentre quelli lunghi vengono sottostimati. Per questo motivo, dividere un’attività in più sotto-attività può aumentare il tempo che si ritiene necessario per completare un lavoro. Questo fenomeno è chiamato effetto della segmentazione ed è stato dimostrato come sia in grado di ridurre la fallacia della programmazione. Inoltre, si tende ad arrotondare il tempo in multipli di cinque, quindi si avranno molte sotto-attività da cinque o dieci minuti. In questo modo, il tempo previsto sarà molto più alto rispetto a quando si formula una previsione basandosi sull’attività totale. Questo può portare all’errore opposto, ovvero sovrastimare il tempo necessario per svolgere il lavoro, che però può essere considerato meno problematico rispetto alla sottostima, soprattutto se l’errore è di minore entità.

Curiosamente, sembra che la fallacia della programmazione scompaia se si formula una previsione sulle attività degli altri. Quindi, quando si vuole chiedere una scadenza, è consigliabile porre una domanda come:

Se lo dovesse fare un’altra persona, quanto tempo impiegherebbe?”.

Carlo Sordini

Fonti:

  1. Kahneman, D., & Tversky, A. (1982). Intuitive prediction: Biases and corrective procedures. In D. Kahneman, P. Slovic, & A. Tversky (Eds.), Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases (pp. 414-421). Cambridge: Cambridge University Press. doi:10.1017/CBO9780511809477.031
  2. Buehler, Roger & Griffin, Dale & Ross, Michael. (1994). Exploring the “Planning Fallacy”: Why People Underestimate Their Task Completion Times. Journal of Personality and Social Psychology. 67. 366-381. 10.1037/0022-3514.67.3.366.
  3. Forsyth, D.K., Burt, C.D.B. Allocating time to future tasks: The effect of task segmentation on planning fallacy bias. Memory & Cognition 36, 791–798 (2008). https://doi.org/10.3758/MC.36.4.791

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