Attenzione all’attenzione: come preparare un pitch

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A chi non è mai capitato, per lavoro o per altri motivi, di dover parlare in pubblico, cioè davanti a una o più persone, e constatare che l’attenzione della propria audience via via stesse calando sempre più?

Questo è un fattore da considerare nella fase precedente al pitch, ovvero la Preparazione. Infatti, oltre a considerare l’Io e, quindi, interrogarsi su ciò che si vuole comunicare, su come si vuole veicolare il proprio messaggio, sugli obiettivi che si vogliono raggiungere e indagare mille altre cose afferenti anche al Contesto, come luogo e durata dell’incontro, bisogna necessariamente prendere in considerazione anche il Tu, il proprio pubblico.

Ipotizzare quali siano gli interessi del Tu ponendosi domande che indaghino i suoi interessi è sicuramente la prima cosa da fare per costruire un discorso o una presentazione che possa essere “a fuoco” e risultare efficace. L’altra cosa di cui preoccuparsi è prestare attenzione all’attenzione, ovvero capire come elaborare un pitch che sia in grado di attirare inizialmente l’attenzione dell’interlocutore/degli interlocutori e mantenerla attiva per tutta la sua durata. Più facile in un discorso di dieci minuti e meno in una lectio di una o più ore. Secondo lo psicologo Wilbert McKeachie, che riprende uno studio di Wilson e Korn, invero, il livello di attenzione di un individuo sale dall’inizio del discorso fino ad un massimo di 10-15 minuti; da quel momento poi comincia a scemare 1.

Come fare, quindi, per rianimare l’attenzione del proprio pubblico? Alcune strategie2 possono essere:

1. Trovare uno stimolo che sappia destare emozioni inserendolo tra i vari paragrafi o segmenti del testo. Un buon metodo, in tal senso, è quello di iniziare con una domanda che richiami sin da subito l’attenzione degli interlocutori e arricchire il discorso con il racconto di aneddoti di varia natura – meglio se avvolti da pathos – pertinenti con quanto si sta esponendo e distribuiti considerando il lasso di tempo di attenzione massimo. Per esempio, se si sta facendo un pitch di presentazione di un progetto, tra un set di informazioni e l’altro, si potrebbero raccontare storie di come è nato il progetto o esempi concreti.

2. Concedere delle pause, non solo attraverso narrazioni di esempi o case history, evitando così di esporre troppe informazioni tutte insieme, ma anche tramite il canale paraverbale della comunicazione. Si sa, «il troppo stroppia!» e, in questo caso, non dà al pubblico il tempo necessario per rielaborare le informazioni. Traslandolo all’esempio precedente, ovvero un pitch di presentazione di un progetto, si potrebbe provare a fare pause strategiche dopo frasi significative e inserire aneddoti dove lo si ritiene opportuno; oppure, qualora si avessero a disposizione intere ore, stabilire con gli interlocutori una pausa di 15 minuti ogni ora o più ore.

3. Trattare un argomento iniziando da parole e idee chiave e non dai dettagli, perché, quando il cervello non conosce il significato delle informazioni che sta ricevendo, presta attenzione ai dettagli. Assumendo questa predisposizione, bisogna, invece, organizzare le nozioni principali secondo una struttura gerarchica attorno alla quale far gravitare i particolari.

4. Qualora se ne abbia la possibilità, ricorrere all’uso di immagini semplici che risultano più efficaci per catturare l’attenzione, stando attenti al colore, alla posizione e alla dimensione dell’icona. Accompagnare le parole che si stanno pronunciando a un testo scritto, invece, non favorisce il mantenimento dell’attenzione poiché, dal momento che a livello della corteccia cerebrale le parole non esistono, il cervello le vede come tante piccole immagini e si sforza poi di processarle in informazioni. Nel caso di un pitch di presentazione di un progetto, si potrebbe quindi pensare di utilizzare icone o grafici per renderlo più interattivo e stimolante.

Antonella Palmiotti

Fonti:

  1. M. Svinicki, W.J. McKeachie, McKeachie’s Teaching Tips. Strategies, research, and theory for college and university teachers, WADSWORTH CENGAGE Learning, Belmont (USA) 2011.
  2. J. Medina, Il cervello. Istruzioni per l’uso, Bollati Boringhieri, Torino 2014.