Dalle Soft Skill alla Comunicazione Strategica: una battaglia contro la “dittatura dei talenti”

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«Per moltissimo tempo, riferendosi al lavoro, si è parlato di competenze hard, ovvero di competenze puramente tecniche che una persona imparava e poi doveva dimostrare di possedere per svolgere una determinata mansione. Tuttavia, man mano che il lavoro si è evoluto, oltre alle competenze hard, ne sono state identificate delle altre, denominate “soft” in quanto ritenute – in questa fase iniziale – meno importanti e anche più difficili da individuare e definire».

Così Luca Brambilla, Direttore dell’Accademia di Comunicazione Strategica (ACS), ha introdotto il webinar che si è tenuto nel pomeriggio del 26 settembre, incentrato sull’evoluzione delle soft skill, espressione attorno alla quale, fin da subito, si è creato un certo livello di confusione dovuto al sorgere di diversi appellativi per identificarle: soft skill, character skill, behaviour skill, non-cognitive skill.

Il libro Dal talento al successo, edito da ACS Editore, descrivendo le soft skill come «l’insieme di tutte le caratteristiche della persona che favoriscono la sua relazione con gli altri», evidenzia due elementi chiave da considerare quando si parla di queste competenze trasversali:

  1. Dare valore a tutto l’insieme formato dalle soft skill e non solo ad ogni singolo aspetto;
  2. Guardarle come uno strumento di relazione con l’altro.

Ciò suggerisce che, invece di classificarle in base all’importanza, bisognerebbe ordinarle secondo l’ordine in cui una persona dovrebbe o potrebbe svilupparle o impararle, dalla più semplice alla più complessa. Questo perché se, ad esempio, una risorsa che non copre ruoli di responsabilità all’interno della sua organizzazione mostrasse dall’inizio la capacità di leadership, non verrebbe apprezzata in quanto non richiesta e difficile da applicare in quel contesto specifico.

Quindi, Dal talento al successo ha fatto proprio questo: ha evidenziato sette passi fondamentali del percorso di sviluppo delle soft skill, ovvero formazione, lavoro, comunicazione, time management, riunioni, negoziazione e leadership, celando tra le sue pagine una battaglia contro la dittatura dei talenti.

La dittatura dei talenti è l’immagine con cui si raffigura la tendenza che ha caratterizzato il mondo della formazione e del lavoro per anni, cioè quella di pensare che ci fossero coloro dotati di intelligenza emotiva e che, grazie a questa, avrebbero potuto proseguire nella loro formazione intellettuale e poi lavorativa, e coloro invece che avevano solo competenze tecniche che avrebbero dovuto sfruttare lavorando fin da subito e ricoprendo ruoli puramente di questa natura.

L’idea che ne è poi scaturita è quella secondo la quale ci fossero e ci siano persone che possano formarsi sulle hard skill per acquisirle e dei geni talentuosi che possiedono in modo innato le soft skill.

«Noi siamo sempre stati schiacciati da chi ha talento, ma in realtà non è così: le soft skill possono essere apprese e imparate esattamente come le competenze hard», ha affermato il Direttore di ACS. In che modo? Attraverso lo studio di una metodologia, il Metodo O.D.I.®, in grado di sistematizzarle tramite la Comunicazione Strategica, ovvero un approccio scientifico alla comunicazione che studia come le persone si relazionano tra loro e prendono decisioni, poiché sono le relazioni lo strumento cardine attorno al quale ruotano.

È proprio per questo, dunque, che si deve continuare a studiare e a formarsi, per sviluppare il proprio talento, termine il cui significato etimologico rimanda all’”inclinazione della bilancia” che, attraverso la famosa Parabola dei talenti, è diventata un’inclinazione troppo più profonda di una capacità, troppo più radicata di una passione: una dote, un dono. Ciò che possiamo e dobbiamo fare è metterlo a frutto, educarlo e farlo crescere.

Antonella Palmiotti