Il mondo delle aziende famigliari – Intervista a Guido Corbetta

Il mondo delle imprese famigliari oggi è riconosciuto come un mondo molto rilevante, ma la situazione era ben diversa solo 20 o 30 anni fa

Tempo di lettura: 7 minuti

Che peso hanno le aziende famigliari nel panorama nazionale? 

Le imprese famigliari oggi sono considerate molto importanti nell’economia del nostro Paese, ma anche in quella di numerosi Paesi esteri. Basti pensare che noi abbiamo un osservatorio dedicato a tutte le imprese con ricavi superiori a 20 milioni di euro, un osservatorio in collaborazione con l’Associazione delle Aziende Famigliari, Unicredit e l’Università Bocconi. Di tutte queste imprese circa il 66% sono a controllo famigliare, mentre se andiamo su dimensioni più piccole, credo che arriveremo all’85/90%. 

Questa fortissima presenza di imprese famigliari non è solo tipica del nostro Paese, ma è molto simile anche altrove: certamente in tutti gli stati europei e asiatici, meno nel mondo anglosassone. Anche negli Stati Uniti ci sono imprese famigliari di grandi, medie e piccole dimensioni. 

Il mondo delle imprese famigliari oggi è riconosciuto come un mondo molto rilevante, ma la situazione era ben diversa solo 20 o 30 anni fa: quando ho cominciato a lavorare in questo ambito le stesse realtà venivano considerate un po’ un residuo del passato, mentre oggi viene riconosciuta loro una vitalità e una capacità di resilienza maturate in seguito a molte sfide, non ultima durante questa crisi pandemica. 

Quali sono le sfide culturali ed economiche che devono affrontare le aziende famigliari oggi? 

Credo che le sfide da affrontare da parte delle imprese famigliari siano certamente economiche, perché evidentemente oggi il contesto è molto più incerto, complicato, difficile. C’è, quindi, una sfida economica che riassumerei con l’imperativo: rafforzare il capitale.  

Ritengo che le imprese famigliari che vogliano partecipare da protagoniste alle sfide competitive che dovranno affrontare in futuro, debbano farlo con le spalle più forti; questo significa avere risorse di capitale più importanti, contatti con partner autorevoli, un rapporto con il sistema finanziario che consenta di avere maggiore disponibilità per fare operazioni di acquisizione, di apertura di filiali all’estero. Il primo tema, dal mio punto di vista, è quello del rafforzamento della struttura di capitale. 

Qual è il secondo tema rilevante? 

Un secondo tema che ritengo molto significativo, sempre legato a questo aspetto, è quello del rafforzamento della struttura manageriale, perché in un contesto più complicato si necessita di manager di maggiore qualità. 

Uno sfondo culturale caratterizza invece la terza sfida: le famiglie proprietarie devono distinguere bene il ruolo di proprietari da quello di gestori. Il ruolo di proprietario nel nostro Paese spesso si eredita, poiché per il diritto successorio si ereditano quote di proprietà di un’azienda. Il ruolo gestionale, invece, deve essere affidato a persone che abbiano la capacità di farlo. Trovare i migliori candidati a gestire un’azienda in modo positivo all’interno di un contesto difficile. È in questo senso, secondo me, che bisogna distinguere bene questi due ruoli, e quindi, saper portare all’interno delle imprese famigliari manager esterni di valore, talenti che possano far crescere l’azienda. 

Quali sono le best practice per favorire il passaggio generazionale?  

Le rispondo con un aneddoto che mi raccontò molti anni fa un imprenditore emiliano. Egli mi disse: “Da quando ho cinquant’anni” – credo che in quel momento ne avesse circa 65 – “Ho aperto una cartellina arancione con scritto “successione”, e da allora ogni giorno metto in questa cartellina mie riflessioni, articoli che leggo, libri che mi sembrano interessanti”. 

Il primo aspetto per avere una successione auspicabilmente positiva è che occorre lavorare per pianificare una successione con grande tempestività. 

È come la definizione di una strategia di un’azienda: bisogna applicarsi, cercare strumenti, esperienze, saperle valutare e adattare al proprio contesto. È questo il punto più delicato che spetta alla generazione senior, avere una capacità di valutazione dei propri figli e figlie. Qui nascono chiaramente le difficoltà. 

Oltre al tema della pianificazione, credo che una best practice ragionevole sia, in questo processo di valutazione di come affrontare la successione, coinvolgere terze parti. A parer mio, è impossibile che un processo come questo possa essere portato a termine senza un coinvolgimento esterno. Si può trattare dei notai da coinvolgere sulla parte proprietaria, dei legali per la parte giuridica, dei manager di fiducia che diventano consiglieri di famiglia, dei membri di un Consiglio di Amministrazione non famigliari, o ancora dei consulenti. 

C’è un terzo tema? 

Direi che il terzo elemento è la nuova generazione. Credo che la nuova generazione debba spingere questo processo e farsi parte attiva di questo processo. 

Il processo di successione è un processo dove qualcuno dove qualcuno è disponibile a lasciare un testimone, e dall’altra parte c’è qualcuno che ha la voglia, l’energia e la disponibilità di raccoglierlo. 

Su questo punto specifico, da alcune ricerche internazionali emergono dati preoccupanti perché, a livello internazionale, molti giovani figli e figlie di imprenditori preferiscono altre strade o il mondo delle startup

Bisogna quindi attrarre i giovani all’interno delle imprese di famiglia; le imprese devono avere una strategia, una visione, una missione per il futuro, fattori interessanti anche per le nuove generazioni. 

Il mondo delle imprese famigliari oggi è riconosciuto come un mondo molto rilevante, ma la situazione era ben diversa solo 20 o 30 anni fa

Quali sono le cause di fallimento di un passaggio generazionale? 

Dobbiamo considerare che il processo di successione all’interno di un’impresa famigliare riguarda due istituti: la famiglia e l’azienda. Occorre quindi governare il ricambio di entrambi questi istituti. Il primo caso è quasi ovvio: se non ci sono eredi, il passaggio generazionale all’interno della famiglia proprietaria non può avvenire, ma può avvenire un processo di trasformazione dell’azienda che può essere venduta al management o a terzi, e a quel punto, la famiglia avrà a disposizione un patrimonio che potrà essere gestito dagli eredi. In questo modo abbiamo salvaguardato sia l’istituto famiglia, sia l’istituto azienda che potrà continuare la sua storia. 

Qual è invece l’altro caso possibile di fronte a una successione? 

L’altro caso, che io considero molto spinoso, è quando abbiamo delle successioni che nella norma avvengono verso più persone. I casi di successione plurima sono la norma, purtroppo però talvolta non funzionano, perché, non avendo definito le regole, non c’è chiarezza su come affrontare questo processo di successione. 

Un articolo di The Economist, uscito qualche anno fa, mi colpì, perché si interrogava sul futuro delle imprese famigliari. Premetto che The Economist non è mai stato tenero con le imprese famigliari. Beh, l’articolo concludeva dicendo che il futuro delle imprese familiari non poteva che essere positivo per due ragioni: la prima è che siamo entrati nel secolo dell’Asia, in cui tantissime imprese, anche grandi, sono a controllo famigliare; la seconda è che le famiglie in questi trenta/quarant’anni hanno lavorato per favorire migliori pratiche di passaggio generazionale, le famiglie hanno imparato molto più di prima ad affrontare questo percorso. 

Sono ottimista sul futuro, ma anche sul presente di tanti processi di ricambio generazionale, che mi pare di vedere si concludano bene. Certo, sempre all’interno di un processo lungo che può avere dei tornanti di difficoltà. 

Che spazio hanno i temi delle soft skill e della leadership nel passaggio generazionale? 

Le soft skill sono oggi molto importanti e hanno un rilievo particolare, perché le persone sono più complicate nelle loro relazioni e perché i sistemi sono più complessi. Tanti studi sul management hanno dimostrato quanto siano importanti le soft skill nella gestione di un’azienda ed è scontato che lo siano altrettanto all’interno dell’istituto famiglia. 

Come un genitore e un figlio si relazionano, anche sotto il profilo della capacità di linguaggio, è un tema delicato che vedo spesso all’interno delle imprese famigliari. Le cose si devono e si possono dire usando termini diversi che portino a una lettura positiva di quello che ognuno sta dicendo, il linguaggio quindi è molto importante. 

Cito poi la capacità di negoziare, perché i processi di successione sono anche processi di negoziazione tra la generazione senior e junior o all’interno delle stesse. Anche questo tema è molto importante, come sicuramente un tema decisivo per questi processi e per la continuità delle imprese è il tema della continuità di leadership all’interno del sistema famiglia e del sistema azienda.  

Che cos’è l’AIDAF? 

L’Associazione Italiana delle Aziende Famigliari AIDAF è parte del network internazionale Family Business Network che raggruppa circa 5000 imprese famigliari nel mondo che sostanzialmente si scambiano esperienze. 

Prima dicevo che, all’interno di un processo di ricambio generazionale ma anche all’interno di un processo di continuità delle imprese famigliari, è molto importante che ci sia un confronto con enti terzi.  

L’AIDAF è naturalmente un luogo dove imprenditori e imprenditrici possono confrontarsi con altri imprenditori e imprenditrici, con altre persone che vengono portate a parlare durante i seminari di AIDAF. 

Quali valore culturale, operativo e strategico porta l’AIDAF a tutta Italia? 

Questa associazione può favorire la diffusione di esperienze positive, importante anche per l’effetto imitativo che queste possano generare. Se noi riusciamo a mostrare situazioni dove la gestione delle imprese famigliari è avvenuta dentro un percorso positivo di crescita dell’azienda, di maggiore consapevolezza dell’impresa famigliare, credo che questo sia un grande aiuto al Paese, perché stiamo favorendo la continuità del sistema imprenditoriale. 

Secondo te quali sono le sfide future che dovrà affrontare il mondo delle imprese famigliari? Che cosa speri che ottengano? 

La risposta a questa domanda è quasi ovvia, si potrebbe dire che le imprese famigliari devono crescere di dimensione, siamo su contesti competitivi più complicati quindi bisogna avere le spalle più forti e diventare più grandi attraverso alleanze e acquisizioni. 

Io però toccherei un altro tema a cui tengo molto. Credo che le imprese famigliari debbano crescere nella consapevolezza di quanto siano delicati i processi: se le famiglie imprenditoriali diventano consapevoli di questa fragilità, dedicheranno tempo ad affrontare questi aspetti e troveranno soluzioni più adeguate al futuro della famiglia e dell’impresa.  

La sfida che mi sento di prendere è proprio quella di provare ad aiutare il maggior numero di aziende a prendere consapevolezza di quanto sia possibile trovare soluzioni adatte per il futuro di ogni impresa famigliare. 

Luca Brambilla 

Clicca qui per vedere il video dell’intervista a Guido Corbetta