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Se è vero che diamo più credito al corpo che alle parole, allo stesso modo possiamo tranquillamente affermare che si crede maggiormente al modo in cui si parla che al contenuto verbale delle parole stesse; volete un esempio? Provate a salutare qualcuno, meglio se leggermente distratto, con tono triste dicendo: «Ciao! Che piacere vederti!», molto probabilmente non riterrà vere le parole pronunciate ma presterà attenzione principalmente al tono con cui l’avete pronunciato. Questo aspetto affonda le radici nel nostro passato remoto ed è un elemento fondamentale nel mondo animale dove la parola non è presente, suoni e rumori sono i protagonisti della comunicazione “pronunciata”. Si è scoperto, ad esempio, che gli elefanti tendono a imitare i suoni che sentono più spesso e questo potrebbe servire a riprodurre versi che identifichino l’appartenenza a un gruppo specifico.
Quali sono gli elementi del sistema paraverbale?
Gli elementi che compongono la comunicazione paraverbale (o pralinguistica), ovvero la modalità con cui usiamo la voce, sono diversi: tono e melodia, ritmo, volume, velocità, imprecisioni e chiarezza delle parole, pause e silenzi. Questi aspetti della voce diventano molto importanti, ad esempio, in una conversazione telefonica, poiché l’aspetto visivo non è presente e si fa affidamento sulla capacità di interpretare emozioni, sentimenti e intenzioni degli interlocutori attraverso la qualità della voce; cerchiamo dunque di distinguere i singoli aspetti e di definire la loro importanza per un uso corretto dello strumento paraverbale.
1. Il tono
Il tono rappresenta le note che vengono prodotte dalla voce, la variazione del tono compone la melodia, la maniera in cui si alza e si abbassa il tono di voce durante un discorso; tono e melodia aiutano a “colorare” la conversazione e aiutano a mantenere l’attenzione. Una curiosità sul tono della voce è quella che toni più alti, legati alla sessualità, sono graditi alle orecchie maschili, mentre un tono di voce più basso, che comunica sicurezza, risulta particolarmente apprezzato da un pubblico femminile.
2. Il ritmo
Il ritmo è più importante della melodia per l’orecchio umano, il ritmo scandisce le “battute” e il “tempo” del parlato; dal ritmo si riconosce facilmente una canzone, la voce di una persona e anche se qualcuno è straniero e quanto domina bene la nostra lingua.
3. La velocità
La velocità con cui si parla può variare da lingua a lingua; ad esempio italiani e francesi parlano più velocemente dei tedeschi; al di là delle differenze linguistiche, però, è interessante notare che di solito si rallenta la velocità di parola quando dobbiamo esporre concetti di particolare rilevanza o che riteniamo poco conosciuti dagli interlocutori, al contrario, si accelera il discorso quando utilizziamo termini che usiamo spesso e con cui abbiamo dimestichezza; ad esempio, spesso i numeri di telefono delle radio sono pronunciati molto velocemente dagli speaker, proprio a causa dell’alta frequenza con cui vengono ripetuti; spesso chi parla troppo veloce ci può trasmettere ansia, mentre chi lo fa troppo lentamente corre il rischio di annoiarci; questo ovviamente va analizzato a seconda della propria velocità di parola.
4. Le pause e i silenzi
Sono degli elementi che vengono usati strategicamente per imprimere maggiore forza al discorso o come momenti di riflessione e servono anche a lasciare il turno di parola all’altro. A volte si fa una pausa quando si è distratti da qualcosa o quando si prova imbarazzo e non si sa cosa dire.
5. Il volume
Il volume della voce di solito viene regolato a seconda della situazione, del luogo o della distanza dall’interlocutore; si può alzare il volume della voce in presenza di rabbia, mentre si tende ad abbassarla quando ci si sente in colpa o in imbarazzo.
6. La chiarezza
La chiarezza del proprio modo di parlare può essere un indizio per capire anche la personalità; persone che parlano in modo chiaro, distinguendo bene le singole parole, comunicano decisione e sicurezza; al contrario, chi parla con numerose imprecisoni, come “mangiarsi” pezzi di parole, bofonchiare sillabe o trascinarsi nella conversazione con suoni come “ehm… uhm…” ci dà l’idea di qualcuno insicuro di quello che sta dicendo o che sta provando un’emozione negativa.
Francesco Di Fant