L’economia ha il volto di una donna – Intervista ad Azzurra Rinaldi

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Donna leader in economia

Azzurra Rinaldi è docente di Economia Politica presso l’Università Unitelma Sapienza di Roma e Direttrice della School of Gender Economics. In questa intervista vengono affrontati importanti ideali di giustizia di una donna impegnata ad abbattere stereotipi e tabù di genere con azioni quotidiane ma potenti.

Potrebbe condividere con noi il suo percorso professionale?

Fin da bambina ho sempre sognato di diventare un’accademica, desiderio che con gli anni ha preso forma.

Sono, infatti, attualmente una docente di Economia Politica presso l’Università Unitelma Sapienza di Roma e Direttrice della School of Gender Economics. Nonostante la mia specializzazione in politica fiscale, l’economia di genere è sempre stata al centro dei miei interessi e delle mie priorità. Venti anni fa parlare di economia femminista era un vero tabù ed introdurre l’approccio dell’economia femminista in un contesto non ancora pronto ad accoglierlo rappresentava una vera svolta di paradigma.

La pandemia ha svolto un ruolo cruciale, costringendo tutte e tutti a riflettere sul lavoro di cura non retribuito e sui dati sconcertanti del lavoro femminile nel nostro paese. Nel 2020, insieme ad un gruppo di altre donne straordinarie, sono stata una delle fondatrici dei movimenti “Giusto Mezzo” e “Dateci Voce”.

Pur amando il mondo accademico, avevo l’esigenza di mettere a disposizione i miei studi al di fuori di quest’ultima e per questo ho fondato Equonomics, società volta al riequilibrio di genere, con particolare attenzione alla comunità LGBTQIA+.

Equonomics è un’azienda che abbraccia con passione e dedizione la sfida di promuovere una trasformazione culturale imprescindibile.

Quali sono i valori, intesi come forza motivatrice, che ispirano quotidianamente la sua vita sia professionale che personale?

I valori che guidano la mia vita sia a livello professionale che personale sono profondamente allineati.

La centratura è cruciale per raggiungere gli obiettivi in modo autentico. La spinta verso l’equità, sviluppata sin dall’infanzia, è un motore che guida le mie azioni quotidiane. Mio padre mi ha insegnato che il senso di responsabilità è fondamentale. Questo è il cuore della mia missione: vivere secondo un ideale di giustizia, contribuendo a migliorare la società non solo per me stessa ma anche per le altre persone.

Sappiamo che l’anno scorso ha pubblicato un libro con Fabbri Editori dal titolo un po’ provocatorio: Le signore non parlano di soldi. Da cosa è nato e cosa intendeva comunicare?

L’ispirazione per questo libro è arrivata in modo inaspettato. Ho sempre scritto libri accademici e articoli scientifici, ma l’anno scorso, grazie a un’agenzia gestita da donne straordinarie, ho deciso di intraprendere questa nuova avventura. “Le Signore non parlano di soldi” è un libro che si pone l’obiettivo di coinvolgere lettrici e lettori con un background differente.

Volevo rendere più accessibili alcuni concetti economici che avevo trattato in ambito accademico, cambiando il loro approccio, il loro linguaggio e rendendoli più democratici, spostando così parte del potere nelle mani delle persone comuni.

La scelta del titolo, Le signore non parlano di soldi, ironico e provocatorio, è stata dettata dalla volontà di sfidare gli stereotipi e di far riflettere sul tabù che ancora circonda le donne. La risposta ambivalente che ho ricevuto sui social in merito all’interpretazione del mero titolo dimostra quanto sia ancora necessario affrontare queste questioni in modo aperto e inclusivo.

Azzurra Rinaldi, docente di Economia Politica presso l’Università Unitelma Sapienza di Roma e Direttrice della School of Gender Economics.

E come questa lettura può essere utile per le donne nel mondo del lavoro? Quali lezioni o approcci pratici possono derivarne?

La chiave fondamentale per le donne nel mondo del lavoro è la consapevolezza. Se ci si sente spaesate, poco valorizzate e in una costante lotta, è importante capire che non si è sole ma piuttosto è un problema sistemico. Questa lettura è molto utile perché non vuole solo offrire un conforto, ma anche dati concreti e propone un’alternativa, una contro-narrazione. E vuole anche riconoscere le reti di sorellanza: il libro mira a far emergere e celebrare queste connessioni che le donne utilizzano nella vita di ogni giorno.

Grazie mille per le sue riflessioni profonde. Provando a trasporle in azioni concrete, che consiglio darebbe alle donne che sognano di eliminare la cultura del gap di genere nel proprio contesto professionale?

Per eliminare il gender gap nel contesto professionale, bisogna partire dalla consapevolezza. Ma come abbiamo già visto, occorre anche riconoscere il potere della sorellanza.

Cerchiamo di costruire una rete di sostegno tra donne, abbattiamo la mentalità patriarcale, sfidiamo le dinamiche negative ed evitiamo giudizi superficiali.

Infine, suggerisco di affrontare apertamente il tema del denaro. Per troppo tempo, alle donne è stato sottolineato che parlare di soldi è volgare, ma la verità è che discutere di finanze è fondamentale per garantire alle donne potere, indipendenza personale e libertà. Abbiamo il diritto di occupare spazi che ci sono stati storicamente preclusi e parlare di denaro è un atto politico che ci consente di reclamare il nostro valore. Il denaro offre la possibilità di scegliere, di essere padrone del proprio destino e di perseguire ambizioni personali e professionali.

Abbiamo esplorato diverse sfaccettature della sua esperienza e delle sfide affrontate dalle donne nel contesto sociale. C’è una domanda che vorrebbe che le ponessi per permetterle di discutere di un argomento non ancora citato?

Assolutamente. Vorrei dedicare un momento al tema degli uomini.

Spesso, ci concentriamo sui progressi e sugli sforzi delle donne nel superare stereotipi e sfide: abbiamo lavorato sodo, facendo autocritica, affrontando traumi e cercando di evolverci. Tuttavia, ritengo sia cruciale considerare anche il lato maschile di questa equazione. Gli uomini, come ci dimostrano molte analisi, sono rimasti indietro nello sviluppo di una consapevolezza di sé come genere e nella esplorazione e gestione delle emozioni. Voglio sottolineare che non intendo generalizzare o suggerire che gli uomini siano intrinsecamente negativi. Al contrario.

Il sistema patriarcale ha imposto loro una pressione per mantenere un’immagine stereotipata di forza, a discapito della loro salute, sia fisica che mentale. Dobbiamo smettere di trascurare l’importanza di formare gli uomini affinché possano anch’essi superare gli stereotipi limitanti.

Giorgia Raguzzi