La battaglia del vino

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È ufficiale: entro il 2026 l’Irlanda applicherà alert sanitari sulle bottiglie di vino, birra e liquori, alla stregua degli health warning presenti da anni sui pacchetti di sigarette. La richiesta di Dublino, dove l’abuso di alcolici è un’emergenza sanitaria nazionale, soprattutto tra i giovani, non è stata ostacolata dalla Commissione europea che, nonostante i pareri contrari di Italia, Francia, Spagna e altri sei Paesi Ue, ha confermato con il silenzio assenso che le autorità nazionali potranno adottare la legge. La vicenda colpisce in maniera indiretta tutti i maggiori produttori di vino, che considerano la misura una barriera all’economia interna. A nulla è servita la controffensiva in difesa del patrimonio enogastronomico italiano, con la lettera dei ministri Antonio Tajani e Francesco Lollobrigida indirizzata al Commissario Thierry Breton: «La scelta di Dublino incide negativamente sulla libertà degli scambi e sulla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione», si legge nel testo della lettera. «L’Italia sostiene un approccio informativo volto a educare i consumatori a comportamenti responsabili e a scelte consapevoli, senza però l’adozione di misure nazionali di carattere arbitrario». Il nostro Paese è il principale produttore ed esportatore mondiale di vino, con un fatturato di oltre 14 miliardi, e dà lavoro dal campo alla tavola a 1,3 milioni di persone (dati Coldiretti).

Un tema che sta facendo scalpore ma che, in realtà, non è affatto nuovo: nel 2021, nel pieno della pandemia, la Commissione europea ha reso noto il “Europe’s Beating Cancer Plan”, il piano d’azione per la lotta al cancro. Tra le linee guida è indicato l’obbligo di indicare in etichetta l’elenco degli ingredienti, la dichiarazione nutrizionale e le avvertenze per la salute. Allo stato attuale, sulle bottiglie è già presente un’icona che informa sui rischi del consumo di alcol in gravidanza (segnalazione obbligatoria in alcuni Paesi, ma non in Italia) oltre all’indicazione della presenza di solfiti oltre una certa soglia.

Il caso dei pacchetti di sigarette
Impossibile non pensare alla similitudine con le avvertenze sui pacchetti di sigarette, introdotte nel 2003 dall’OMS: messaggi che descrivono i danni alla salute provocati dal fumo, accompagnati da avvertimenti grafici e foto choc. Diversi studi (Hammong et al., 2006) evidenziano l’efficacia degli avvisi rispetto al desiderio di smettere di fumare, alla conoscenza sui rischi e alla volontà di proteggere gli altri, soprattutto i bambini, dal fumo passivo. Da una ricerca (Mannocci et al., 2010) emerge che l’impiego di immagini ad alto impatto emotivo risulterebbe più efficace del solo testo, producendo un effetto di repulsione o di evitamento dello stimolo. Non è un caso che molti consumatori di nicotina tendano a coprire il pacchetto di sigarette con custodie “anonime”, oppure evitino di focalizzare l’attenzione sulle avvertenze mettendo in atto i meccanismi della dissonanza cognitiva (per approfondire, consigliamo la lettura dell’articolo di Laura Brambilla.

I rischi di un bicchiere di vino
Tornando al vino, per le aziende vitivinicole italiane l’assunzione di alcol non dovrebbe essere equiparata a quella delle sigarette, perché occorre distinguere tra “consumo responsabile” e “abuso”, evitando di utilizzare questa normativa per risolvere la piaga degli eccessi nel tessuto sociale irlandese. Il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto da ago della bilancia sul silenzio della Commissione europea. Secondo l’OMS, infatti, non esiste un quantitativo sicuro per l’alcol (così come per il fumo). Il rischio di cancro sussiste anche assumendo piccole quantità, affermano gli esperti, ma è minore se il consumo è minimo. Da qui la mancata distinzione tra “consumo” e “abuso”. Gianni Testino, presidente della Società Italiana Alcologia, ricorda che «dal 2008 la comunità scientifica ha inserito l’etanolo nella lista di tutte le sostanze che hanno un rapporto causale certo con il cancro». Per Testino non esiste un “bere” moderato che non provochi danni: «Con questo nessuno dice che non dobbiamo più vendere alcol, o che dobbiamo censurare chi consuma, ma che i cittadini devono sapere la verità. Se l’Irlanda ha deciso così ne ha tutto il diritto», afferma l’esperto, che auspica: «Dovremmo farlo anche noi».

L’Italia insiste sulla distinzione tra “abuso” e “consumo”
Di tutt’altro avviso il Governo italiano. «Esiste una netta differenza tra il semplice bere un bicchiere di vino e l’abuso di alcol. Criminalizzare i prodotti alcolici significa in realtà aggredire un prodotto di qualità, un’eccellenza, mettendolo sullo stesso piano di altre sostanze che invece sono riconosciute come dannose», ha spiegato il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida. Su questo punto fa leva la battaglia dei produttori italiani, contrari ai claim sulla bottiglia. Severissimo il parere della Cia, Confederazione italiana agricoltori: «Il silenzio assenso della Commissione europea rappresenta un pericoloso via libera ad allarmismi e disinformazione, nonché un precedente rischioso per l’Europa, andando contro la definizione dell’etichettatura comune».

Rischio reale o comunicazione aggressiva?
L’eurodeputato Mick Wallace, irlandese del partito Independents 4 Change, ha deciso di allearsi con l’Italia contro la sua Irlanda. Non è un caso che lui stesso produca vino in Piemonte. «L’etichetta l’accetto solo se la mettono su tutti i prodotti perché, in base allo stesso principio, potenzialmente è tutto dannoso», critica Wallace, che aggiunge: «È una proposta popolare tra i media, in linea con i tempi del politically correct. Mettere un’etichetta sulle bottiglie, così come avviene per le sigarette, non è di per sé una pazzia. Ma allo stesso tempo manca di equilibrio. Prendete le bibite gassate: sono dannose per la salute. Consideriamo il cibo: mangiamo sempre più carne e anche la troppa carne è correlabile al cancro. Metteranno l’etichetta sulle confezioni dicendo che fa ammalare? No, perché la lobby della carne è forte. Mentre non c’è una lobby del vino in Irlanda perché noi non lo produciamo, lo importiamo», spiega il politico. Un’analisi che ricorda per certi aspetti la vicenda raccontata da Carlo Sordini nell’articolo “La cospirazione dello zucchero“.

Il “paradosso francese”
Ma il vino fa davvero così male? Le evidenze cliniche sui benefici di un moderato consumo di vino rosso di qualità sul sistema cardiovascolare sono note da tempo, come indicato da una ricerca del 2010 (Lippi, Franchini, Guidi) che cita lo studio del medico e ricercatore Serge Renaud, autore del cosiddetto paradosso francese, per il quale a una dieta ricca di grassi saturi, come quella francese, corrisponde un basso rischio di malattie coronariche e infarti. Secondo lo studioso, sarebbero infatti i polifenoli (in particolare il resveratrolo) a contrastare l’evoluzione dell’arteriosclerosi, dalla prima formazione fino alle complicazioni più gravi (ulcere, trombosi, occlusioni vascolari).

Vino è cultura
“Un bicchiere di vino con un panino”, così Al Bano e Romina descrivevano la loro idea di felicità. Un modello destinato a tramontare? Michele Antonio Fino, professore di Fondamenti del Diritto Europeo, Food Law ed Ecologia Giuridica, ricorda che un calice in compagnia ha anche un’importante funzione antropologica e conviviale. Scrive infatti su Instagram: «Ci piace il vino perché fa parte della nostra cultura e delle nostre libere scelte, anche di evasione e di ricompensa. Non ne sottovalutiamo i rischi, li accettiamo consapevolmente e consumiamo con moderazione per tenerli quanto più bassi possibile, dal momento che riteniamo preferibile non rinunciare».

Alessandra Voi

Fonti
1. Hammond D, Fong GT, McNeill A, Borland R, Cummings KM, Effectiveness of cigarette warning labels in informing smokers about the risks of smoking: findings from the International Tobacco Control (ITC) Four Country Survey, 2006, (http://tobaccocontrol.bmj.com/content/15/suppl_3/iii19.full)

2. Strahan EJ, White K, Fong GT, Fabrigar LR, Zanna MP, Cameron R. Enhancing the effectiveness of tobacco package warning labels: a social psychological perspective, 2002. (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1759023/?tool=pubmed)

3. E. Tosco, E. Barbera, DoRS, I messaggi allarmanti sui pacchetti di sigarette sono efficaci?, 2009. (http://www.dors.it/pag.php?idcm=2916)

4. Mannocci, D. Antici, A. Boccia, G. La Torre – Sezione igiene, Dipartimento di sanità pubblica e malattie infettive, Università La Sapienza di Roma, Impatto delle avvertenze riportate sui pacchetti di sigarette in funzione della dipendenza dal fumo di tabacco e del desiderio di smettere in un campione di fumatori, 2012.
(http://www.epiprev.it/articolo_scientifico/impatto-delle-avvertenze-riportate-sui-pacchetti-di-sigarette-funzione-della-di)

5. Ellen Peters, PhD Brittany, Pictorial Warning Labels and Memory for Cigarette Health-risk Information Over Time.(https://academic.oup.com/abm/article/53/4/358/5045535?login=false)

6. Lippi G, Franchini M, Cesare Guidi G, Red Wine and Cardiovascular Health: the “French Paradox” revisited, Dove Press, 2010.
(https://www.dovepress.com/red-wine-and-cardiovascular-health-the-french-paradox-revisited-peer-reviewed-fulltext-article-IJWR)

7. Europe’s Beating Cancer Plan – European Union
(https://health.ec.europa.eu/system/files/2022-02/eu_cancer-plan_en_0.pdf)