La forza dei corpi intermedi – Intervista a Matteo Musacci

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Oggi è Presidente Nazionale Giovani Imprenditori Confcommercio. Ci parli della sua carriera.

Come imprenditore, ho vissuto sia la responsabilità del cosiddetto passaggio generazionale sia la difficoltà di avviare un’attività del tutto nuova. La famiglia di mio padre, infatti, si occupa da più generazioni di panificazione e pasticceria a Ferrara, mentre la famiglia di mia madre si occupava di ristorazione. Subentrando a mio padre nelle attività di famiglia, ho cercato di spingere in direzione della crescita aziendale: da due punti vendita oggi ne gestiamo dieci, con una differenza sostanziale di volumi ma anche di processi, pur mantenendo l’artigianalità del prodotto. Il cuore, poi, mi ha portato ad investire nella ristorazione e dal 2009 ho avviato diverse attività nel settore, che oggi mi definiscono nella mia identità di imprenditore e rappresentante sindacale. Parallelamente all’attività imprenditoriale, infatti, mi sono trovato quasi subito coinvolto nell’esperienza di rappresentanza, in associazione. Nel 2012 ho avuto la mia prima esperienza nella Confcommercio Ferrara e successivamente sono entrato attivamente nell’ambito di Confcommercio in FIPE – la Federazione Italiana Pubblici Esercizi di cui oggi sono Vicepresidente. Anche in associazione, dunque, vivo da sempre i due lati della medaglia: quello del territorio e quello della categoria. Entrambe le esperienze mi hanno insegnato tanto ed entrambe le esperienze mi hanno permesso di portare un contributo nell’ambito dei Giovani Imprenditori, di cui sono stato eletto Presidente nazionale a maggio di quest’anno.

Quali sono gli obiettivi che affronterà nel corso del suo mandato da presidente?

Come in tutte le organizzazioni, credo che ci siano due tipi di obiettivi da perseguire, che potremmo definire di tipo “interno” ed “esterno”. L’obiettivo “interno” del mio mandato è quello di rafforzare la partecipazione e l’incisività in Confcommercio del Gruppo Giovani nazionale (e dei Gruppi giovani territoriali e di categoria che lo compongono). L’obiettivo, per così dire, “esterno” è quello di portare l’attenzione sulle necessità e il contributo delle nuove generazioni nell’economia e nella società italiane, soprattutto nel mondo del commercio, del turismo e dei servizi. Dare voce a queste generazioni significa adottare una prospettiva realmente sostenibile e fare spazio a strumenti nuovi anche per interpretare lavori antichi.

In un mondo sempre più rivolto alla disintermediazione, che ruolo ha dal punto di vista strategico Confcommercio e in generale i corpi intermedi per il sistema Paese?

Qui bisogna distinguere la percezione del ruolo dall’effettivo ruolo che i corpi intermedi svolgono. Dal punto di vista dell’immagine, il ruolo dei corpi intermedi e, in generale, della rappresentanza si è indebolito moltissimo negli anni Duemila. Dal punto di vista della funzione che i corpi intermedi sono chiamati a svolgere, il loro ruolo è invece sempre più importante. Basti pensare al periodo dell’emergenza pandemica e faccio un esempio concreto che conosco bene: con FIPE abbiamo fatto passare una disposizione regionale nei confronti dei ristoratori emiliani per attuare il servizio d’asporto e poco dopo questa è diventata una legge entrata in vigore in tutto il Paese. Un altro dibattitto caldissimo del quale siamo parte attiva è oggi quello del salario minimo: non serve introdurre un salario minimo laddove i grandi contratti collettivi nazionali lo prevedono già; il punto è contrastare i tanti contratti pirata che prevedono una retribuzione inferiore rispetto a quella prevista dal CCNL. Senza corpi intermedi non c’è composizione degli interessi di tante parti diverse ed è sempre più difficile trovare punti di risoluzione collettivi di problemi complessi.

Matteo Musacci, Presidente Nazionale Giovani Imprenditori Confcommercio.

Come vede il rapporto tra giovani e impresa e che difficoltà hanno i giovani ad entrare nel mondo del lavoro?

Credo che ci siano delle condizioni di contesto, ma a che psicologiche da dover considerare per rispondere a questa domanda. Quando mi riferisco alle condizioni di contesto, è noto che il nostro “non è un Paese per giovani”, cioè un Paese che stimola, sostiene e valorizza l’indipendenza e l’emancipazione dei più giovani, dal costo degli affitti alle difficoltà di conciliazione famiglia/lavoro. D’altra parte, c’è anche la propensione psicologica delle nuove generazioni, che sono sempre meno interessate a lavori che non vedono allineati con i loro valori (e questo è positivo) ma trovano anche difficile ragionare sul lungo periodo, guardando all’impegno professionale, con i sacrifici che comporta, come investimento di vita (e questo a mio parare è negativo). Va infine sottolineato che negli ultimi anni c’è un ritorno alla voglia di mettersi in proprio tra i più giovani, non solo per necessità ma anche e soprattutto per scelta: questa mi pare un’ottima notizia.

Che consiglio darebbe a un giovane che sta per affacciarsi al mondo del lavoro?

Far coincidere le proprie passioni con il proprio lavoro è tra le cose più belle che possa capitare nella vita, ma questo non significa non fare fatica o evitare il rischio. Non c’è impresa senza rischio, non c’è lavoro senza impegno, non c’è decisione lavorativa che non comporti una responsabilità. Il consiglio che mi sento di dare ai più giovani è pertanto quello di prendersi dei rischi. E, insieme, ritengo fondamentale tenere la mente e gli occhi aperti: imparare da quello che succede all’estero, nelle altre città, nelle altre realtà lavorative. Per chi si mette in proprio, frequentare l’associazione e gli altri imprenditori è un formidabile motore di crescita.

Luca Brambilla