La rilevanza strategica dei Nudge

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Come diventare buoni leader

Sono 3,4 i miliardi di dollari spesi dalle aziende, nel 2018, per aiutare i propri uomini di punta a sviluppare la buona leadership. Ma solo in rari casi, tali sforzi economici sono stati ripagati. Perché?

La risposta la forniscono le Neuroscienze Cognitive delle Organizzazioni (OCN), multi disciplina che coniuga gli studi sul funzionamento del cervello con le dinamiche presenti all’interno delle imprese.

Ciò che è importante sapere è che una leadership claudicante non è da attribuirsi solo a una mancanza di talenti, tanto meno a pigrizia, a cattiva programmazione o a inefficienza. La ragione è il “gap conoscitivo”, l’umano abisso fra ciò che sappiamo e ciò che effettivamente applichiamo sul lavoro.

Le cause sono diverse: sistemi di ricompensa fallaci, competizione all’ultimo sangue, obiettivi sfiancanti, motivazione vacillante, carichi di lavoro inumani e riunioni interminabili… In pratica si sa cosa si deve fare, ma non si ha modo di farlo.

Un manager che si impegna a essere un grande leader si preoccupa dell’engagement della squadra, poiché sa che è il riconoscere il valore dell’altro che dà spinta all’impegno. Talvolta però, è facile lasciarsi assorbire da attività non rilevanti rispetto al ruolo che si ricopre, dimenticandosi di coinvolgere il team, motivarlo e congratularsi. Si vorrebbe farlo, ma qualcosa di più urgente reclama attenzione e tempo.

Eppure il manager in corsa verso il successo, ha seguito una quantità considerevole di corsi dove gli è stato insegnato come impiegare al meglio le sue abilità, come essere un leader indiscusso; purtroppo però è stato dimenticato l’insegnamento più importante: che cosa realmente motiva le persone. Lui compreso.

In tali situazioni, sarebbe sufficiente che un invisibile consigliere sussurrasse all’orecchio del manager di elogiare chi della squadra si è distinto positivamente. Proprio così. A volte bastano due righe di e-mail per fare miracoli, per incoraggiare anche i più introversi, prima di una riunione, a parlare e migliorarne il senso di inclusione.

Questo suggerimento è di fatto una spinta gentile, un nudge. E i nudge possono fare una enorme differenza sui comportamenti che mettiamo in atto e colmare la differenza fra ciò che sappiamo e ciò che applichiamo effettivamente sul lavoro. Molto più di standardizzati corsi di formazione.

Cos’è il nudge

Il termine è merito di due professori, Richard Thaler e Cass Sunstein: «Un nudge è qualsiasi aspetto della presentazione delle scelte che condizioni il comportamento degli individui, senza vietare però alcuna possibilità». Interventi che guidano le persone nella scelta verso decisioni più efficienti, preservando la libertà di scelta individuale. Alle spinte ognuno di noi può opporsi, poiché non sono vincolate da alcuna legge, se non da comune buonsenso. Un avvertimento è un esempio di nudge, l’allarme che si attiva quando dimentichiamo di allacciarci le cinture di sicurezza in auto, così come le indicazioni del GPS.

Il potere dei nudge, di influenzare positivamente il comportamento, si è rivelato così impattante che grandi aziende, nonché i governi, hanno istituito delle nudge unit, vere e proprie task force per elaborare strategie per raggiungere, con meno sforzo e più successo, obiettivi organizzativi; rendere i luoghi di lavoro più funzionali al benessere; motivare i dipendenti; agire sulla fiducia e facilitare la presa di decisioni.

Tutti, anche i manager più navigati, cadono preda delle vecchie abitudini, concentrandosi per esempio su compiti che invece dovrebbero delegare, dimenticandosi di fornire feedback efficaci, sbagliando stile comunicativo e perdendosi in attività di poco conto.

Come trovare la giusta motivazione sul lavoro e migliorare le proprie abilità di Leadeship

Le strategie per motivare i dipendenti

Più formazione è raramente la risposta. Le OCN e nella loro praticità i nudge, hanno dimostrato che dedicare meno tempo e denaro a programmi di formazione manageriale e maggiori risorse all’applicazione delle conoscenze che già si possiedono è il fattore critico di successo. Con le odierne tecnologie digitali, è più facile che mai ricorrere od organizzare campagne di nudging per promuovere comportamenti virtuosi desiderati.

Fra i compiti del leader, c’è anche quello di motivare collaboratori e dipendenti. Detto così sembra semplice, ma non lo è. Utile è ricordare la regola base delle OCN: la motivazione non viene attivata dal denaro. I soldi contano, ma nella scala valoriale occupano un ruolo marginale. Il primo posto è occupato dall’individuazione di uno scopo, un purpose nell’attività che si sta svolgendo.

A dimostrarlo Dan Ariely, professore di economia comportamentale alla Duke University. In un esperimento ha chiesto ai volontari di montare dei Lego Bionicle per soldi. I partecipanti sapevano già che una volta realizzati, questi sarebbero stati “distrutti”. Se in un primo momento i volontari hanno accettano di buon grado di stare al gioco dietro compenso, dopo una decina di prove i volontari hanno dato forfait.

La ragione: hanno perso motivazione. Non vedevano le loro azioni ricompensate da uno scopo reale: «Distruggendo i Lego davanti ai loro occhi – ha spiegato Ariely – hanno distrutto la felicità che traevano da quest’attività».

Ciò che ci motiva è avere chiara la ragione delle nostre azioni. Il perché facciamo una determinata cosa. Se si è annoiati o si pensa che la propria motivazione stia venendo meno, Ariely consiglia di dare risposta a due domande. “Quale significato posso trovare in quello che faccio? E in che modo il lavoro che svolgo contribuisce ad aiutare gli altri?».

È la definizione di un perché a motivarci e di conseguenza a renderci più felici e soddisfatti. A farci fare meglio le cose, a non farci mollare o a farci desistere in un tempo più dilatato, a rendere le decisioni meno faticose e insidiose. A far sembrare anche il compito più ingrato utile, necessario e importante.

Un bonus in busta paga non sempre migliora la produttività, anzi spesso ha l’effetto opposto. Come dimostra un esperimento condotto in uno stabilimento Intel: i responsabili della fabbrica avevano stanziato dei bonus di produttività per motivare i dipendenti nella produzione di chip, nella loro prima giornata del ciclo lavorativo.

Cosa sarebbe successo se, invece di una ricompensa economica, fosse stata consegnata a casa una deliziosa pizza formato famiglia? Cosa sarebbe successo se al posto di una ricompensa tangibile, i dipendenti avessero ricevuto un messaggio del capo con scritto “ottimo lavoro”? Ecco i risultati: il coupon per la pizza ha incrementato la produttività del 6,7%, quasi a pari merito con il 6,6% di incremento ottenuto dal riconoscimento scritto. Dei tre incentivi, il denaro ha avuto, con il 4,9%, la resa peggiore.

Paradossalmente quando il nostro lavoro viene riconosciuto e apprezzato siamo disposti a lavorare di più per una paga inferiore. Più un’azienda sa offrire ai dipendenti opportunità che creano significato e legame, maggiori sono le probabilità che quei dipendenti si impegnino di più e che la loro fedeltà sia più duratura.

Qualsiasi cambiamento si voglia generare, prima occorre comprendere il comportamento che si desidera modificare, tenendo conto dei valori, bisogni, desideri e priorità che muovono l’individuo. Riconoscerli è cruciale, dato il complesso ambiente nel quale le persone prendono decisioni. Più conosciamo a fondo gli individui che vogliamo motivare e più riusciremo a creare architetture delle scelte efficaci. I nudge permettono tutto questo!

Laura Mondino

Fonti:

Thaler R., Sunstein C., La spinta gentile. Feltrinelli, Milano, 2015

Ariely D., Kamenica E., Prelec D., Man’s search for meaning: the case of legos. Journal of Economics Behavior and Organization, 2008

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