Online e offline: l’Onlife

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Il dibattito sulla dualità online/offline negli anni ha incontrato numerose tesi e punti di vista differenti e i primi approcci si sono concentrati sul sé online.
Secondo alcuni studiosi, lo spazio “virtuale” permette un miglioramento di quello reale: un panorama ricco di libertà in cui è possibile sospendere il sé fisico.  
Per altri, invece, l’esperienza online viene percepita come falsificazione dell’unica autentica esperienza, ossia quella fisica. 

Gli studi successivi hanno, però, dimostrato che la vita “virtuale” in internet non è decontestualizzata, ma lo spazio digitale è materialmente reale, regolato e costruito. Gli spazi fisici e digitali si fondono in un continuum che perde l’accezione dicotomica online/offline per qualificarsi come esperienza interattiva. Nella computer mediated experience non è più possibile, infatti, distinguere il virtuale dal reale, poiché i due diventano un tutt’uno e anche la nuova vita digitale risulta essere reale.  

L’ibridazione tra i termini online e offline ha originato l’onlife, “quanto accade e si fa mentre la vita scorre restando collegati a dispositivi interattivi, l’era dove reale e virtuale si (con)fondono”. Gli individui utilizzano il loro sé online per presentarsi agli utenti nel miglior modo possibile, ottimizzando la loro immagine attraverso una vera e propria performance.  

Quanto accade e si fa mentre la vita scorre restando collegati a dispositivi interattivi, l’era dove reale e virtuale si (con)fondono

Il riversamento della popolazione mondiale sui social, però, ha allontanato la mentalità umana da questa concezione di presentazione e gestione di un sé “altro”: si pensi alla pandemia, un evento che ha garantito una continuità tra reale e virtuale, un’occasione per gli individui di mostrare finalmente la loro identità offline anche online, mostrandosi con le loro debolezze, oltre che con i loro punti di forza. La pandemia ha reso la vita digitale degli individui tanto consistente e reale quanto quella tradizionale, fungendo anzi da sostegno per quest’ultima.  

Il quotidiano è stato talmente “mediatizzato” che spesso la vita offline sembra essere solo uno spiraglio della vita online. La socialità non mediata è stata probabilmente surclassata dalle forme di socializzazione sviluppate attraverso un ecosistema di piattaforme: se queste ultime fungevano prima da protesi tecnologiche della socialità non mediata, risultano per molti l’unica socialità possibile. 

La forma socio-culturale della «virtualità reale» propria della network society viene sistematicamente spiegata attraverso le parole di Manuel Castells: “È virtuale perché è costruita primariamente attraverso processi di comunicazione virtuale basati elettronicamente. È vera, perché è la nostra realtà fondamentale, la base materiale sulla quale viviamo la nostra esistenza, costruiamo i nostri sistemi di rappresentanza, pratichiamo il nostro lavoro, ci colleghiamo con altre persone, recuperiamo informazioni, formiamo le nostre opinioni, agiamo in politica e alimentiamo i nostri sogni”.  

La dualità fra reale e digitale non è più sostenibile in maniera nitida. La dimensione relazionale, sociale e comunicativa è ora più che mai vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e quella interattiva. Il virtuale è diventato il reale e la fragilità di una vita sociale è stata compensata dallo sviluppo di una vita social

Elena Corbetta 


Fonti 
Stella, R., Riva, C., Scarcelli, C.M., Drusian, M., Sociologia dei new media. UTET Università, Novara 2018  
Bonini, T., L’immaginazione sociologica e le conseguenze sociali del Covid-19 in Mediascapes Journal, (15), (2020), 13–23, https://rosa.uniroma1.it/rosa03/mediascapes/article/view/16762