Perché io valgo

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L’Oreal parla alle donne: a tutte coloro che si sentono sottostimate, demotivate, poco apprezzate, dimenticate, ignorate, avvilite, brutte, perché nessuno ha mai detto loro che non lo sono affatto. Parla a quelle donne che non avvertono intorno a sé la considerazione che meritano, l’attenzione che è giusto abbiano, anche l’amore cui hanno diritto. E dice loro “perché tu vali”. O meglio le investe del diritto ad appropriarsi della vita “perché io valgo”.

È l’anno 1971, L’Oreal festeggia i 40 anni di vita e vuole lanciare un prodotto per la colorazione dei capelli, Préference, che fa fatica a imporre per la concorrenza di un prodotto analogo che si chiama Clairol. Fa pronunciare quelle parole da donne bellissime, attrici del cinema, dive affermate, da Laetitia Casta ad Andie McDowell, da Beyoncé a Claudia Schiffer, da Linda Evangelista a Eva Longoria. Nessuno avrebbe potuto dubitare del loro valore, e proprio perché sono insospettabili esibiscono la loro bellezza e la loro unicità. “Perché io valgo” è slogan, sono tre parole che hanno contribuito all’emancipazione delle donne in un decennio di cambiamenti sociali estesi a tutte le sfere, compresa quella del femminile.

Qualche anno più tardi “Perché io valgo” lascia il posto a “Perché tu vali”: è un’apertura a una nuova forma di comunicazione. Vuole significare che non c’è un modello di bellezza unico, che ogni donna con i suoi valori e la sua personalità può esprimere la propria idea di bellezza.

Poi l’accento passa ai capelli ed è un invito alle donne a esaltarne colore e potenza. Con l’invito “Libera quello che sei” si punta su una doppia lettura: da una parte l’esortativo lascia andare i tuoi capelli al vento e ti sentirai libera dalle convenzioni sociali. D’altra parte, i capelli come la proiezione di un volto anche interno, dove “libera” può essere inteso come la terza persona singolare con soggetto sottinteso proprio L’Oreal. Il marchio esprime fortemente la consapevolezza della cliente che è sempre se stessa, al di là del giudizio, della critica, del parere dell’altro.

Il marchio esprime fortemente la consapevolezza della cliente che è sempre se stessa, al di là del giudizio, della critica.

Nespresso, what else?

What else? pronuncia George Clooney, mentre ha ancora in mano la tazzina di caffè uscendo da un negozio Nespresso. Era il 2006 e George Clooney non aveva certo bisogno di presentazioni: la sua notorietà era più che affermata, uno di quei divi di Hollywood che aveva unito simpatia ed eleganza, capace di godere dell’ammirazione femminile e di quel fascino che in una sola parola può essere definito sexy. Le due parole che dice hanno trovato infinite traduzioni: What else? indica tuttavia con la massima semplicità “Cos’altro? e dalla domanda si passa a una totale affermazione. Niente si può desiderare di più, niente può essere paragonato, niente può ricondurre al piacere che dà un caffè Nespresso.

Gli anni passano ma la Nestlè Espresso S.A. produttrice delle capsule di caffè e relative macchine non rinuncia ad affidare all’attore di Hollywood il claim What else? L’atmosfera in cui si muove Clooney è sempre esclusiva, ambienti eleganti, belle donne, che ammiccano alla sua presenza come centro di attrazione.

Ormai I ruoli sembrano invertirsi, non più la tazzina di caffè, ma lui George Clooney, perché l’associazione da parte del consumatore è immediata: Nespresso, what else? Chi (e non che cosa) se non George Clooney in persona?

Luisa Maria Alberini