Qualità, idea e ambizione: un punto di riferimento nel settore legale – Intervista ad Andrea Carta Mantiglia

È imprescindibile la consapevolezza di una cultura del mondo più ampia per imparare a parlare la lingua di quello specifico cliente e del suo specifico business.

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Qual è la vostra storia e quali sono i passi essenziali che vi hanno portato a crescere e ad essere un punto di riferimento in Italia e in Europa?

La nostra storia ha inizio nel 1999 con la fusione di tre studi: Pappalardo, Erede e Bonelli. Tre realtà con caratteristiche diverse, ma vocate da uno stesso principio fondativo: essere uno studio legale di qualità in tutte le azioni e componenti, per approdare ad un prodotto finale eccellente e al servizio del cliente. Decidemmo all’epoca di far fronte all’ascesa degli studi internazionali di quegli anni con l’idea e l’ambizione di divenire il punto di riferimento in Italia nel settore legale. All’inizio lo studio contava 80 professionisti, oggi dopo vent’anni abbiamo superato i 500. Questi numeri mettono in luce una crescita non solo numerica ma anche e soprattutto culturale, che ci ha trasformato da studio legale tradizionale a vera e propria azienda. La nostra idea fondativa ci ha reso pionieri nel nostro campo, definendo oggi la nostra un’attività full service poichè copriamo tutte le aree del diritto commerciale, privato e anche penale.

Il protagonista dell’organizzazione rimane la figura dell’avvocato, come sta evolvendo questa figura negli ultimi anni e come sarà l’avvocato del domani?

Quello dell’avvocato è un mestiere che è mutato in maniera significativa nel corso degli anni, sono cambiate le dinamiche di mercato ma soprattutto le esigenze del cliente. Vent’anni fa l’avvocato era un giurista, oggi i mezzi di comunicazione ci impongono di rispondere quasi immediatamente alle domande dei clienti. È imprescindibile la consapevolezza di una cultura del mondo più ampia per imparare a parlare la lingua di quello specifico cliente e del suo specifico business. Vi è quindi la necessità di uno sforzo educativo importante, affinché l’avvocato sappia contestualizzare il contributo tecnico e il parere divenga parte della soluzione di un problema più ampio.

Cosa ne pensa della valorizzazione delle soft skill a fianco delle hard skill? Che giudizio ha e quali sono più importanti nel suo mondo in questo momento?

Nel panorama odierno le soft skill sono talmente importanti da diventare hard. L’avvocato deve avere capacità superiori rispetto a prima e se ne deve impossessare. Penso, ad esempio, alla capacità di parlare in pubblico, saper quindi attirare l’attenzione ed essere convincente, saper negoziare e conoscere tutte le rispettive metodologie e tecniche, oggi imprescindibili per la professione dell’avvocato.

È imprescindibile la consapevolezza di una cultura del mondo più ampia per imparare a parlare la lingua di quello specifico cliente e del suo specifico business.

Qual è l’atteggiamento umano del suo team quando vengono proposti corsi di formazione sul tema delle soft skill?

In BonelliErede c’è sempre entusiasmo nell’apprendere e nell’affrontare percorsi formativi sul tema delle soft skill. Ci consideriamo una scuola per i ragazzi e vorremmo che i nostri professionisti diventassero gli avvocati più completi in Italia: questa è la nostra ambizione. Stiamo infatti ampliando e diversificando sempre di più i nostri percorsi formativi anche sugli aspetti non tecnico-giuridici. Crediamo molto nel valore delle soft skill e recentemente abbiamo organizzato dei corsi sull’importanza del feedback per tutti i nostri soci.

Cosa fate per attrarre e formare giovani talenti? Cosa richiedono i giovani e cosa gli offrite?

I desideri dei giovani che si apprestano al lavoro sono cambiati radicalmente nel corso dell’ultimo ventennio e soprattutto degli ultimi quattro anni. Il nostro compito è quello di comprendere le loro esigenze per riuscire ad essere quanto più attrattivi possibile. Le nuove generazioni non pensano ad una carriera a tempo indeterminato all’interno della nostra struttura come una cosa naturale e necessaria, ma guardano all’ambiente di lavoro come ad un luogo in grado di rispecchiare il loro mondo valoriale. Non è più il trattamento economico la linea di discrimine, ma il work life balance: un’esigenza imprescindibile che qualsiasi organizzazione deve saper interpretare e gestire. BonelliErede si è preparata nel tempo per rispondere a queste esigenze, arrivando ad essere il primo studio legale in Italia dotato di un purpose: un valore importante che ci rende riconoscibili come un’organizzazione che va oltre alla realizzazione di traguardi economici.

Lo studio legale BonelliErede fa molto per i giovani. Che suggerimenti darebbe a un giovane che vuole intraprendere questo tipo di carriera professionale?

L’apertura mentale che la conoscenza del mondo fornisce è fondamentale, non ci si deve accontentare di una laurea in giurisprudenza in Italia, ma bisogna aggiungere esperienze lavorative all’estero: la conoscenza di culture e mondi diversi arricchiscono profondamente un professionista. In secondo luogo, è un mestiere che richiede tanto studio e, infatti, per essere dei bravi avvocati bisogna continuare a studiare fino alla fine della professione. L’amore per lo studio insieme alla dedizione e allo spirito di sacrificio sono requisiti fondamentali. Tanti anni fa il professor Bonelli mi disse: “Andrea, ricordati che nella vita bisogna avere fortuna, ma bisogna alzarsi alle cinque e mezza del mattino per incontrarla”.

Luca Brambilla

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