Quanto costa assumere la persona sbagliata

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Qual è il timore più grande di ogni specialista delle risorse umane? Probabilmente assumere una persona che poi nel tempo si rivelerà non adeguata al ruolo ricercato. 
Un errore di questo tipo è spesso vissuto dal recruiter come una sconfitta personale. 
Tuttavia, come si può ben immaginare, il sentimento di delusione del professionista non è la conseguenza più grave di questo avvenimento.
Assumere una risorsa che si dimostra poco valida ha infatti pesanti ripercussioni economiche (e non solo) spesso sottostimate.  

Giunge quindi spontanea la seguente domanda: quanto costa a un’azienda assumere un dipendente che dopo un certo periodo si rivela fonte di insoddisfazione? La risposta a questo interrogativo chiaramente non può essere univoca, poiché è legata al costo aziendale del collaboratore in questione.
In ogni caso si parla di cifre ben più elevate di quanto normalmente si tende a ipotizzare. 

Alcune ricerche riportano che un profilo di middle management può pesare sul bilancio aziendale fino a 30 mila euro1
La cifra è calcolata sommando i costi del processo di recruiting fallito, di quello necessario a coprire la nuova posizione, il costo di un ruolo vacante e il costo di formazione e training del nuovo dipendente. 
A questi vanno aggiunte le potenziali entrate che si sono perse e l’eventuale perdita di clienti o di lavoro a causa dell’inadeguatezza del collaboratore. 
Secondo le statistiche dell’associazione Society for Human Resource Management2, solo il costo medio per il reclutamento e l’assunzione di un singolo dipendente è pari 4.129 dollari (3.492 euro circa). 
Per riportare un altro dato, secondo la rivista Forbes la sostituzione di un dipendente costa in media il 21% del suo stipendio annuo3

Sul web, specialmente nella rete statunitense, esistono strumenti chiamati Bad Hire Calculator, che consentono di stimare il costo di un’assunzione sbagliata.
Di certo non sono in grado di calcolare con precisione millimetrica i danni derivanti dalla perdita di un dipendente, ma possono offrire una previsione abbastanza verosimile.  

Assumere una risorsa che nel tempo si dimostra poco valida ha pesanti ripercussioni economiche spesso sottostimate.

Quanto tempo richiede l’assunzione di un nuovo collaboratore? 

Assumere la persona sbagliata ha un impatto negativo non solo in termini di costi, ma anche di tempo. Sempre secondo l’associazione Society for Human Resource Management, il tempo medio per coprire una posizione vacante è pari a 42 giorni
Si potrebbe limitare questo danno attuando un costante lavoro di reclutamento anche quando non si ha l’esigenza di assumere una nuova risorsa. 
È infatti importante che l’organizzazione abbia un proprio archivio di candidature che venga continuamente alimentato inserendo al suo interno nuovi CV potenzialmente interessanti per il futuro.  

Il reclutamento permanente consente di ridurre i tempi del processo di selezione nel caso in cui si presentasse l’urgenza di coprire una posizione vacante, perché i recruiter potrebbero attingere da questo archivio per selezionare i candidati migliori.
Inoltre, questa raccolta di candidature costante permette di inserire profili interessanti che verrebbero trascurati qualora il reclutamento avvenisse solo in caso di necessità. 

Al tempo speso per il reclutamento si somma quello impiegato per formare la nuova persona, che altrimenti avrebbe potuto essere investito in attività differenti, magari più redditizie.  

Le altre conseguenze di un recruiting non riuscito 

Oltre ai fattori temporale ed economico, la sostituzione di un collaboratore può influire negativamente su numerosi altri aspetti delle performance aziendali. 
La mancanza di personale può per esempio causare ritardi ed errori, generando effetti negativi in termini di reputazione aziendale.  

La presenza di un collaboratore incompetente può inoltre destabilizzare l’intero team di lavoro, innescando spiacevoli problematiche gestionali e relazionali.  

Gli esperti di HR sostengono poi che i potenziali clienti perdono fiducia nell’azienda quando vedono un elevato turnover o quando il team non presenta la giusta stabilità. Infatti, il flusso di uscita e ricambio del personale è un fattore indicativo del benessere della società. 
Quando questo raggiunge livelli eccessivamente alti, si parla di turnover patologico, perché le motivazioni che spingono il personale ad abbandonare l’azienda potrebbero dipendere da numerosi fattori come una cattiva gestione delle risorse umane, stress causato dall’ambiente lavorativo, retribuzioni troppo basse e via dicendo.
Con ciò non si vuole intendere che la sostituzione di un profilo causata da una precedente assunzione errata sia sintomo di malessere aziendale. Significa però che se le assunzioni di persone inadeguate, e dunque le conseguenti sostituzioni sono frequenti, gli stakeholder esterni potrebbero interpretare sfavorevolmente questo eccessivo ricambio del personale. 

Se un corretto iter di selezione garantisce un ritorno sostanziale sull’investimento iniziale, al contrario la selezione sbagliata genera notevoli perdite in termini di tempo e denaro. 
Per questo, la selezione del personale costituisce un processo prezioso e determinante per il conseguimento degli obiettivi strategici dell’organizzazione e merita la stessa attenzione dedicata ad altre aree aziendali apparentemente più critiche. 

Greta Mezzetti