Revenue Growth Management: Perché la sua applicazione riduce i rischi e gli impatti sul business derivanti dall’inflazione?

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In base al comunicato stampa dell’Istat del 31 marzo 2022 l’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale dei prezzi dei beni alimentari si è attestata tra il +3,1% e il +4,0% per quelli lavorati, arrivando addirittura tra il +6,9% e il +8,0% per quelli non lavorati. E non si prevede che scenda né ora in Aprile né nei prossimi mesi, anzi arriveranno ulteriori aumenti

Nel mondo del largo consumo confezionato, l’aumento dei costi delle materie prime e dei prezzi dell’energia dovuti sia alla scarsità di offerta, sia alla guerra in Ucraina stanno aggredendo i conti economici delle aziende di produzione che, per evitare di finire con il business in perdita, stanno parzialmente scaricando a valle il problema attraverso ulteriori aumenti di listino dei loro prodotti. 

Sia i retailers, sia i distributori horeca ne negoziano duramente le condizioni e i tempi di accettazione dato che non possono assorbirli interamente, se non divorando la loro marginalità, né ribaltarli subito sui prezzi al pubblico con il rischio di avere una contrazione degli acquisti e dei consumi che riduce i volumi e/o ancor peggio un deterioramento delle revenue – o meglio del fatturato – a causa di un mix di vendita più povero, nel senso che i clienti finali spostano le loro scelte verso prodotti di fascia di prezzo più bassa. 

L’aumento dei costi delle materie prime e dei prezzi dell’energia stanno aggredendo i conti economici delle aziende di produzione

Ciò nonostante ci sono prodotti per i quali, grazie all’applicazione del Revenue Growth Management (RGM), l’aumento di listino è stato trasferito in toto senza conseguenze sulla performance, né reazioni negative da parte dei consumatori. Perché? 

Prima di tutto, perché sono i prodotti delle aziende che hanno sempre mantenuto gli investimenti pubblicitari per la costruzione e il rafforzamento dei brand anche in controtendenza nei periodi di mercato negativo, che ne hanno comunicato i valori e l’immagine coerentemente su tutti i media utilizzati e/o nel canale di vendita specifico e che hanno rinnovato il loro business grazie al lancio di innovazioni. L’utilizzo di queste leve di RGM ha permesso di avere ora posizionamenti solidi facilmente difendibili dalla concorrenza – più il posizionamento è ottimale, più sarà semplice fare RGM con profitto – e la loro forza di marca gode sia di alta credibilità di prodotto, sia di consolidata reputation d’immagine presso le community dei loro consumatori. 

In secondo luogo, perché il RGM è stato applicato da subito nello sviluppo e nella costruzione del marketing mix di prodotto per renderlo più competitivo massimizzandone sia il valore reale, sia quello percepito. Avendo capito quali siano i prodotti e i formati più adeguati per i target dei vari segmenti grazie allo studio delle loro abitudini e all’approfondimento delle esigenze specifiche, le referenze così costruite sono già premium nella percezione dello shopper e/o del consumatore che sono disposti a spendere comunque e anche di più pur di essere soddisfatti al meglio. 

Questa condizione garantisce inoltre loyalty, perché riduce l’elasticità di prezzo – che secondo Nielsen è alta per il 41% degli item venduti in Italia – e permette di limitarne gli impatti negativi: quello interno o proprio che il prezzo del prodotto stesso può avere sul suo volume, ma soprattutto quello esterno o relativo che deriva dal confronto con altre referenze e brand sia all’interno del portafoglio aziendale, sia rispetto alla concorrenza dato che, nell’attuale contesto di aumento generalizzato dei prezzi, è la sensibilità al gap competitivo a segnare il maggiore o minore calo di volume. 

Infine, sempre in ottica di RGM, potere sostenere un posizionamento di prezzo meno sensibile ai fenomeni inflattivi e/o deflattivi mantiene alta la marginalità sia per l’Industria che può investire in iniziative promo più mirate al consumatore, sia per la Distribuzione che può comunque spingere con volantini e tagli prezzo meno aggressivi riducendone sia la profondità di sconto sia la frequenza di pianificazione. 

Paolo Porcelli