Sinergia tra teoria e prassi – Intervista a Salvatore Rossi

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Oggi è Presidente del Gruppo TIM, ci racconti la sua brillante esperienza professionale.

La mia carriera si fonda su tre capisaldi: il primo è l’università, il secondo la Banca Italia, che prevale sugli altri per quantità di tempo trascorso lì, e il terzo TIM.
L’università mi ha insegnato che, quando si cerca di trasferire una conoscenza a qualcuno che non c’è l’ha, bisogna farsi capire, pur senza rinunciare al rigore analitico dell’argomentazione; se ciò non avviene si fallisce nella propria missione di insegnamento. Come docente universitario, quindi, ma anche attraverso la scrittura dei miei libri, ho cercato di praticare l’arte della divulgazione alta.
La Banca Italia, istituzione che opera in ambito sia finanziario sia di politica economica, mi ha insegnato come far coesistere teoria e prassi, inclinazione accademica teorica e analisi del mondo reale.
Tim mi ha dato conferma di un’intuizione acquisita in Banca Italia, cioè che le imprese sono fondamentali in un’economia di mercato, sono le cellule dell’organismo economico e di tutta la comunità sociale.

Quali strategie alla base del suo mandato hanno guidato la crescita del Gruppo verso il futuro?

Tim è una grande azienda, ma ha anche diversi problemi nati dalla privatizzazione del 1997. Qualche anno dopo fu oggetto di una scalata che la caricò di un debito enorme. Oggi l’azienda vive in una condizione intermedia tra una public company ad azionariato frammentato e un’azienda proprietaria. Al debito si è aggiunta in tutti questi anni una regolamentazione da parte delle autorità preposte che non ha avuto eguali per severità in Europa, forse nel mondo.
Il piano industriale elaborato dall’Amministratore Delegato Pietro Labriola muove da questi fatti. La rete fissa deve essere scissa dai servizi con l’obiettivo finale di venderla ad un terzo acquirente; in questo momento c’è una trattativa esclusiva in corso con il fondo americano Kkr a cui è stata chiesta entro il 30 settembre un’offerta vincolante. È un processo non facile, ci sono molte variabili da considerare, anche perché la rete fissa è un monopolio naturale di interesse pubblico. Il disegno tracciato nel piano industriale penso sia la cosa strategicamente migliore da fare per TIM.

Salvatore Rossi, Presidente del Gruppo Tim.

Dal punto di vista della sua esperienza, che visione ha del sistema Paese sotto l’aspetto strategico, industriale ed economico?

Recentemente è uscito un mio libro intitolato Breve racconto dell’Italia nel mondo attraverso i fatti dell’economia in cui si mette a confronto l’Italia con altri paesi avanzati usando fonti internazionali certificate.
Ne scaturiscono almeno due buone notizie. La prima è che l’economia italiana è creditrice netta nei confronti del resto del mondo, perché esporta più di quanto importa, cioè è capace di vendere profittevolmente all’estero più di quanto ha bisogno di, o desidera, acquistare. Altro aspetto positivo è che l’Italia ha una produzione più alta rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare sulla base della popolazione. Tuttavia, ci sono diversi aspetti negativi, difetti strutturali tipici dell’economia e della società italiane. Mi riferisco ad esempio al basso tasso di occupazione, soprattutto femminile, quindi all’incapacità di fondo dell’Italia di dare lavoro a tutti coloro che sarebbero in grado di farlo. La conclusione del libro, e quindi la risposta che dò a lei, è che le cattive notizie superano abbondantemente le buone, ma questo non deve scoraggiarci, perché ci sono possibilità legate ai cambiamenti in atto nel mondo. Uno fra tutti è la globalizzazione, che in questo momento sta facendo dei passi indietro a causa di eventi come la crisi finanziaria globale del 2008-2009, la pandemia, la guerra in Ucraina. Un’economia come quella italiana, costituita da imprese più piccole delle concorrenti straniere, dunque messa in difficoltà dalla tendenza globalizzante dei decenni passati, può “risalire la china” se la globalizzazione si restringe ad aree regionali del mondo. Più in generale, la leva su cui si può agire per far crescere l’Italia è la nostra storica capacità di combinare potenza tecnologica e produttiva con gusto, eleganza e saper vivere.

Che consiglio darebbe a un giovane che sta per affacciarsi al mondo del lavoro?

Vedo molti giovani tentati da scelte opportunistiche nell’indirizzo di studio e nel lavoro. Fino ad un certo punto va anche bene, sappiamo che in Italia c’è un difetto di laureati STEM e un eccesso di laureati in materie umanistiche. Il mio consiglio ai giovani che hanno una vocazione è però di non mortificarla anche se può sembrare poco conveniente dal punto di vista del mercato del lavoro di oggi perché, se è autentica, alla fine verrà anche il guadagno economico.

Luca Brambilla