Socialità virtuosa in tempi difficili

Tempo di lettura: 7 minuti

La pandemia da Covid-19 ha sconvolto in modo così improvviso la quotidianità degli individui che l’unico mezzo cui questi hanno potuto fare affidamento per mantenere connessioni è stata la rete. 

Oggi, infatti, le piattaforme social ricoprono un ruolo fondamentale nella definizione delle reti sociali degli utenti, nonostante diverse siano le posizioni che per anni si sono confrontate rispetto al loro impatto sulle relazioni in presenza. 
Nel tempo si sono sviluppate e sono state incorporate socialmente piattaforme che da un lato hanno permesso il mantenimento di legami già esistenti, dall’altro hanno favorito l’accrescimento del capitale sociale delle persone attraverso la creazione di nuove relazioni. 
Il lockdown ha indubbiamente amplificato questa possibilità offerta dai social media e il social distancing è stato colmato dallo sviluppo e dal mantenimento di legami attraverso la condivisione online di emozioni comuni. 

Il social distancing è stato colmato dallo sviluppo e dal mantenimento di legami attraverso la condivisione online di emozioni comuni.

L’unica modalità di mantenimento di connessioni è stata l’attivazione di forme di socialità online concretizzatesi anche nell’aumento esponenziale dell’uso dei social media. Questo incremento del tempo di utilizzo ha stimolato un’ampia produzione di contenuti, soprattutto da parte degli utenti, i cosiddetti User Generated Content, e la loro diffusione attraverso l’uso degli hashtag, aggregatori tematici che contrassegnano un contenuto in modo tale da renderlo identificabile. 

L’attivazione di forme di socialità mediate e la possibilità data dal lockdown di spaziare su differenti territori virtuali hanno permesso il consolidamento di nuove forme di aggregazione sociale online, delle nuove community experiences come fonte di sostegno reciproco e vicinanza emotiva. Le iniziative online più rilevanti sono state il progetto Poivorrei e il museo digitale Covid Art Museum. 

Poivorrei si presenta come un portale di natura poetica e introspettiva che racchiude messaggi di speranza e desideri proiettati verso un mondo post-pandemico. Il ruolo di questa community è racchiuso nell’azione degli utenti riconosciuti come protagonisti attivi di contenuti costituiti dai loro stessi pensieri. 
Il suo evidente successo è garantito dalla possibilità di percezione di vicinanza tra gli utenti che, condividendo i loro messaggi, hanno costituito l’espediente per la creazione di questa comunità online

Il Covid Art Museum (CAM) è una raccolta di opere d’arte, una rappresentazione artistica della situazione sanitaria attraverso letture interpretative che richiamano gli individui all’identificazione, proponendosi non solo come onesto testimone della pandemia, ma soprattutto come riadattamento soggettivo della stessa. 
Illustrazioni, fotografie, animazioni e altre forme d’arte realizzate da professionisti e amatori hanno permesso agli individui di sentirsi uniti e parte di una comunità anche a distanza. 

Le nuove esperienze di community online dimostrano chiaramente la positività dell’affidamento a Internet in periodo di isolamento, evidenziandone non tanto l’indispensabilità sul piano della comunicazione, quanto la possibilità data agli utenti di rielaborazione condivisa del trauma. 
Questi ambienti digitali hanno complessivamente risposto alle esigenze di supporto e di condivisione di una comunità obbligata al distanziamento, testimoniando così la loro valenza simbolica e sociale. 
Le tecnologie sociali sono state dunque vissute, in questa eccezionale circostanza di lontananza fisica, come l’unica possibilità per la definizione di legami diversamente non accessibili e per ricostruire esperienze di comunità altrimenti negate. 

Citando l’informatico Tim Berners-Lee, «Il web non si limita a collegare macchine, connette delle persone». Le piattaforme social hanno infatti garantito agli individui quella socialità che la pandemia stava sottraendo loro, impattando in maniera rilevante sul loro benessere. 

Elena Corbetta