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Ute Schneider-Moser, Presidente dell’Associazione SIDO – Società Italiana di Ortodonzia, in questa intervista, dopo averci raccontato i successi della sua carriera lavorativa, ci conduce all’interno di SIDO rivelandoci la progettualità dell’Associazione per i prossimi anni e come questa intende supportare i soci ad affrontare le sfide del futuro, ricordando che nel settore dell’ortodonzia le soft skill sono fondamentali per il rapporto medico-paziente.
Lei oggi ricopre il ruolo di Presidente dell’Associazione SIDO – Società Italiana di Ortodonzia. Quali sono stati gli step principali della sua carriera?
Sin dall’inizio, la mia vita professionale è stata sicuramente caratterizzata da un impegno massimo nello studio. Ciò mi ha portato ad essere reviewer per le migliori riviste ortodontiche mondiali; a scrivere e pubblicare, insieme a mio marito, tanti articoli clinici e capitoli in libri di testo su argomenti caldi in ortodonzia; ad essere chiamata come lecturer da note società scientifiche nazionali ed internazionali e a divenire professoressa a contratto all’Università di Ferrara e Adjunct Associate Professor alla PENN University di Philadelphia.
Credo che ogni mio successo professionale sia legato profondamente all’impegno e – nel mio caso specifico – anche alla grande fortuna di condividere la stessa passione e la comune dedizione per l’ortodonzia clinica con mio marito.
Questi nuovi tools tecnologici sono importantissimi perché spesso il paziente – soprattutto adulto – ha bisogno di una squadra di specialisti appartenenti ad altre branche dell’ortodonzia, come la parodontologia o l’odontoiatria protesica e restaurativa, e non solo dell’ortodontista per raggiungere tutti gli obiettivi terapeutici in quanto più complessi. Per tale motivo la visione della nuova leadership di SIDO è di creare uno scambio intellettuale con le altre società scientifiche nazionali ed internazionali e di organizzare sempre più incontri interdisciplinari con partecipanti di tutti i campi dell’odontoiatria e anche della medicina generale.
L’ortodonzia del futuro non dev’essere considerata una parte specifica dell’odontoiatria, ma una parte integrata della medicina – e quindi la respirazione orale, le apnee notturne, i dolori facciali e altre patologie dovrebbero affrontate in collaborazione con la medicina generale.
Come SIDO accompagna i suoi soci nell’affrontare le sfide del settore odontoiatrico?
La maggiore sfida che il settore vede adesso è data dai trattamenti con gli apparecchi ortodontici di ultima generazione – gli allineatori trasparenti e le apparecchiature fisse customizzate – per rendere la terapia ortodontica sempre di più ‘personalizzata’. Purtroppo, le aziende produttrici di questi nuovi apparecchi – per ovvi motivi economici – pubblicizzano che tali trattamenti siano più semplici, più ‘easy’, delle terapie convenzionali e incentivano sempre più dentisti generici – quindi senza specialistica in ortodonzia – di trattare pazienti con questi nuovi dispositivi. Questo trend è inquietante perché le nuove tecnologie necessitano di una solida conoscenza biomeccanica, quindi una solida base di formazione specialistica e di una lunga curva di apprendimento per utilizzarle in maniera proficua.
Tramite le attività scientifico-culturali di SIDO – i due congressi annuali, i workshops pratici pre-congressuali, i nostri study clubs regionali, le newsletter, la nostra rivista ‘Progress in Orthodontics’ – che è diventata la rivista con il più alto fattore d’impatto a livello mondiale! – le brochures informative da scaricare per fornirle ai pazienti cerchiamo di accompagnare i nostri soci nel loro percorso formativo per raggiungere un livello adeguato per l’implementazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie per tutelare i pazienti.
Come ritiene che la comunicazione e le soft skill possano contribuire a migliorare la relazione tra gli ortodontisti, i pazienti e altri professionisti del settore odontoiatrico?
La tecnologia 3D può sicuramente aiutare a spiegare sia la diagnosi che il piano di trattamento al paziente. Però l’aspetto tecnologico necessita di una voce umana per essere percepito correttamente dal paziente laico. Qui entrano in gioco le soft skills, ovvero le competenze d’intelligenza emotiva: saper relazionarsi con il paziente, ascoltare, negoziare, guidare e soprattutto essere empatici per colmare la distanza tra i fattori concreti e le aspettative psicosociali del paziente. Più bravi siamo in questo campo meglio possiamo trarre vantaggio delle nuove tecnologie digitali per far crescere la reputazione del nostro studio ortodontico del futuro per il vero bene del paziente.
Carolina Quarantini