Trust, sostenibilità, cultura – Intervista a Marco Rovatti

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Può parlarci un po’ di lei? Quali sono stati gli step più importanti della sua carriera? 

Mi piace definirmi un abilitatore dell’evoluzione aziendale, che mette la vita delle persone al centro del suo lavoro. Progetto processi e soluzioni per facilitare il lavoro dei colleghi, rendendo l’azienda scalabile e, soprattutto, costruendo un ambiente sostenibile ed inclusivo per le persone che la abitano. La svolta nella mia carriera è stata quando sono passato dal mondo delle relazioni industriali al mondo del HR Project Management aziendale. Stavo cercando nuove competenze distintive e richieste dal mercato, un nuovo modo di pensare e costruire l’azienda per rispondere ai mutati bisogni delle persone. 

Come valuta le soft skills in relazione alle hard skills 

Credo che la dicotomia “hard/soft” appartenga ad una concezione del passato. Ad oggi il professionista HR deve sempre più essere abilitatore del cambiamento e partner strategico delle diverse funzioni aziendali. Una figura nuova e a tutto tondo che possa, soprattutto nel mercato delle PMI, traghettare l’azienda verso i traguardi di business che si è posta. In questo scenario di continua evoluzione tecnologica, faranno la differenza competenze “ibride” come l’agilità di apprendimento, l’adattabilità al cambiamento, la gestione di differenti tipi di team in varie parti del mondo, la leadership inclusiva ed altre ancora, che mettono in luce le diverse caratteristiche del professionista.  

Intervista a Marco Rovatti, People & Culture Manager, un dialogo sull'importanza di dare valore al proprio tempo

Come potrebbero le aziende valorizzare il proprio capitale umano? 

Nel valorizzare il capitale umano, ogni azienda deve attuare un’analisi interna del proprio modello di business e degli obiettivi che si pone, oltre che ascoltare i bisogni dei propri dipendenti e costruire il proprio business in equilibrio con la vita degli stessi. In caso contrario, il rischio è sia di avere persone insoddisfatte al proprio interno e perderle, sia di proporre “soluzioni on demand”, basate solo sulla contingenza, che non creano davvero una cultura di team e appartenenza. L’azienda dovrebbe ripensarsi in un’ottica che rispetti tre punti: 

  1. Trust: trattare i propri collaboratori con rispetto e fiducia per affrontare al meglio sfide complesse. Bisogna eliminare le pratiche del divide et impera e lavorare in un’ottica di trasparenza e collaborazione. 
  2. Sostenibilità: ripensare l’azienda ed il modo di lavorare in essa secondo un modello sostenibile e in equilibrio con la vita e l’ambiente.  
  3. Cultura: creare una “cultura aziendale”, che significa concepire l’azienda come valore sociale, prendersi cura delle proprie persone, assumersi la responsabilità delle loro vite, crescere insieme in equilibrio con le diversità in maniera inclusiva. 

Questi elementi che ha citato potrebbero essere instillati nelle aziende attraverso un percorso di formazione interna? Quanto è importante istituire percorsi di formazione nella realtà aziendale? 

Chi non investe in formazione, in sostanza, non investe nel proprio ed altrui futuro.  

Spesso in azienda si sentono frasi come “non c’è tempo”, “non ci sono soldi”, “il cliente ha la priorità”, tutte frasi che constatano una necessità del momento. A mio avviso, però, risulta impensabile ritenere che si possa continuare a fare business senza formarsi e formare le persone; spesso risulta necessario un percorso di cambiamento culturale che passo dopo passo dimostri attraverso dati, i miglioramenti effettivi dell’investimento formativo fatto. Questo percorso di change management è fondamentale per far sì che l’azienda possa affrontare le diverse condizioni che il mercato globale pone oggi e soprattutto porrà domani. 

Quali consigli darebbe ai giovani che stanno per entrare nel mondo del lavoro?  

Ai giovani che stanno per entrare nel mondo del lavoro consiglio di: 

  • Sbagliare: il fallimento è una tappa essenziale per la crescita e la comprensione non solo di sé e di ciò che si vuole davvero, ma anche delle proprie abilità e del percorso per acquisirne di nuove.  
  • Essere curiosi: bisogna imparare tutto quello che si può dalle esperienze che capitano, non solo dal punto di vista strettamente tecnico ma anche organizzativo, di business, comportamentale, di progetto ecc.  
  • Cercare persone e luoghi dove star bene, evitando i luoghi di lavoro “tossici” quelli che generano disordine, competizione, morale basso, stress costante, alto turnover. 

Date valore al vostro tempo, perché il vostro tempo non ha prezzo.  

Luca Brambilla