Analisi di slogan di successo #1

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Che mondo sarebbe senza Nutella

Due i segreti nel cuore di Nutella: la ricetta e la simpatia. La ricetta è riservatissima. Blindata, la sua formula non conoscibile. Sono noti da sempre solo gli ingredienti base: nocciole, zucchero e cacao in una piccola parte. A intuirne le grandi possibilità è stato un pasticcere piemontese di nome Pietro Ferrero che a Alba inventò per la prima volta nel 1942 una crema da spalmare e non molti anni dopo, con una modifica che ne consentiva la produzione su scala internazionale, e un logo unico, facile da ricordare, una crema più morbida che Giovanni Ferrero lanciò sul piano internazionale: Nutella.

Il secondo segreto di Nutella è la simpatia. In altre parole, vuol dire che piace a tutti, va incontro e soddisfa le aspettative di chiunque la riconosca e si faccia tentare da un cucchiaio da affondare nella sua pasta, sicuro di avere in cambio una porzione di un dolce sempre giusto in qualsiasi momento lo si desideri.

Nutella è custodita in un barattolo paffuto, abbastanza grande perché possa promettere di non mancare mai. Un barattolo che cambia colore, che diventa tuo con il tuo nome scritto in etichetta, che può essere riutilizzato, magari per farne un oggetto altrettanto utile.

Nutella passa i confini dell’Europa e arriva in tutto il mondo. Ecco lo slogan: Che mondo sarebbe senza Nutella. Non una domanda, ma la domanda stessa si (im)pone e interroga e dà infinite risposte. La Ferrero le risposte le conosce e le anticipa. Ben presto le mette in pratica con altre proposte: Nutella entra in un bastoncino morbido, pronto da mettere in tasca, in borsetta, nello zaino di scuola. Nutella diventa la farcitura di un biscotto che ha la forma di cuore. Nutella per le piccole e grandi occasioni. Altrimenti Che mondo sarebbe senza Nutella? e il punto interrogativo nasce da solo.

Due i segreti nel cuore di Nutella: la ricetta e la simpatia. La ricetta è riservatissima. Blindata, la sua formula non conoscibile.

Dove c’è Barilla, c’è casa

È l’anno 1877 quando Pietro Barilla decide di aprire a Parma un forno per la cottura del pane e un piccolo laboratorio per la lavorazione della pasta; ma è solo nel 1910, con la costruzione di uno stabilimento per la pasta all’uovo, che nasce l’esigenza di definire l’identità Barilla, di mettere a fuoco il marchio. Si pensa a un disegno, di immediata lettura, un giovane garzone che rovescia nella madia piena di farina il tuorlo di un gigantesco uovo, poi a partire dal 1949 si passa alla sola scritta incorniciata in un ovale, disponibile però a muoversi e a essere interpretata da diversi caratteri.

Anche questo in breve non bastò più. Si faceva strada l’importanza di affidare il nome alla memoria, di farne un brand famigliare, di scaldarlo con autorevolezza, ma senza autorità. Si ricercava un’immagine silenziosa, ma immediatamente riconoscibile, una presenza che non sarebbe sfuggita neanche all’osservatore più distratto. Era ormai il tempo della televisione in ogni casa, palcoscenico di rito, spettacolo da non perdere: la pubblicità vista come un film. La pasta Barilla è in buona posizione, quando il protagonista di un breve filmato, l’uomo con il cappello, ritorna casa dopo un viaggio in treno che sembra lunghissimo, in realtà meno di 120 secondi, nel totale silenzio, apre la porta e davanti a sé, ben allineati, riconosce i pacchi blu di spaghetti e rigatoni. In quell’istante Barilla diventa immediatamente l’immagine che dà il via allo slogan Dove c’è Barilla, c’è casa.

Quello spot, realizzato anche nella versione più breve di 60 secondi, sarà il primo episodio di una serie che è stata chiamata «la pubblicità del ritorno a casa», una campagna che durerà vari anni, fino al 1992. Avrà come colonna sonora un brano del compositore greco Vangelis, Hymne, un motivo basato su una sequenza di note ben riconoscibile, per chiunque da citare come la musica della Barilla.

Poi nel 1992 la Barilla sembra voler utilizzare altre strategie comunicative e ritenere superato il celebre slogan, ma è una sospensione solo temporanea. In realtà, qualche anno dopo, nel 1999, il ricordo del vecchio claim si fa prepotente: gli si riconosce la capacità di trasmettere un patrimonio di emozioni capace di adattarsi alle più diverse circostanze e di saper leggere i più diversi formati del prodotto. Si alternano in video scene famigliari dove si susseguono grandi e piccoli, sportivi e uomini in poltrona, campioni e signori della porta accanto. Cambia anche il jingle di accompagnamento. Nessuno pronuncia una parola. L’unica voce che rompe il silenzio è ancora una volta quella che dice Dove c’è Barilla, c’è casa.

Luisa Maria Alberini