Digital divide: che cos’è e perché è un problema

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Che cos’è il digital divide?

Con il termine digital divide, si indica il divario digitale o – molto tecnicamente – “La separazione esistente tra le persone che dispongono degli strumenti e delle competenze adatte per accedere e usufruire proficuamente delle opportunità offerte dalle tecnologie della comunicazione, collegate in prevalenza all’uso di Internet, e le persone che ne rimangono escluse”.

Per spiegare questo fenomeno sociale, molto più attuale di quello che sembra, in maniera chiara, non c’è esempio migliore di quello fatto già nel 2017 dall’imprenditore americano Jim Sevier, affermato sostenitore della trasformazione del business nell’area ICT. L’esperienza sul campo lunga trent’anni di quest’uomo è incentrata sulla traduzione dei termini della tecnologia nel linguaggio personale e professionale di tutti i giorni; per descrivere il digital divide ci invita a pensare a due persone che aspettano un treno.

Quando arriva il treno, fisicamente li divide uno spazio. Un divario. Per salire si deve fare un passo che può sembrare facile, ma non lo è per tutti. L’uno ha le capacità, le forze e gli strumenti fisici e cognitivi per spostare la gamba e senza particolari difficoltà varcare le porte del treno. L’altro no.

Il digital divide è questo passo mancato ed esistono due forme dello stesso fenomeno:

  • La prima forma è quella che si riferisce alla copertura di Rete sul territorio e la disponibilità della connessione, evidenziata soprattutto nella diversa distribuzione delle infrastrutture di telecomunicazione tra zone urbane e quelle rurali – il digital divide tecnologico.
  • La seconda è legata appunto alle mancanze di ampie competenze digitali dei singoli individui – il digital divide digitale.

In Italia sono presenti entrambe le forme, ma la più marcata si associa a un generale, scarso possesso di una adeguata alfabetizzazione digitale o cosiddetta media literacy.

Perché il digital divide è un vero problema?

Questa mancanza trova le prime cause nel dato anagrafico e nel livello di scolarizzazione, ma possiamo aggiungere altre due variabili che nutrono questo fenomeno: il reddito, espresso attraverso l’impossibilità di usufruire del servizio o semplicemente di acquistare un device adatto, e l’esperienza, quest’ultima intesa come “complessità d’uso di internet” che le persone percepiscono.

Il digital divide rappresenta una delle cause più significative di esclusione sociale e ostacola una piena partecipazione alla vita politica, economica e sociale attuali.

Un divario spesso può diventare un abisso. A confermarlo è la raccolta dei dati. Le statistiche ISTAT sulla condizione delle Famiglie, Individui e ITC del 2019 ci indicano che solo il 29% degli utenti in Italia, tra i 16 e i 74 anni ha le competenze digitali elevate, mentre la maggioranza ha solo quelle di base, che equivalgono alla capacità di familiarizzare con una piattaforma digitale o di iscriversi su Facebook e spesso non sono abbastanza.

Tra la popolazione italiana il 3,4%, pari a 1 milione e 135 mila persone, non ha alcuna competenza digitale. Sono numeri abbastanza preoccupanti considerando il periodo storico, in cui la connettività e l’accesso ai servizi digitali è essenziale o quasi.

Un numero di persone non indifferente è ancora offline e questo gap di competenze digitali e accesso alle tecnologie impatta negativamente sugli aspetti della socialità, sulle opportunità di carriera, sulla possibilità lavorative e infine sul necessario accesso ai servizi pubblici, specialmente quelli sanitari.

A fronte di una dipendenza tecnologica forzata, internet non può più essere considerato uno strumento “nice-to-have”, ma un “must-have” per garantire pari opportunità a tutti. Il digital divide attuale scheggia le identità sociali in frammenti e non basta avere una buona connessione internet e saper padroneggiare i device e i software.

Possono essere forme di digital divide anche la disinformazione, la distrazione, la deformazione di tutto in meme e una certa assuefazione all’informazione. Tutto questo costituisce il presupposto all’incapacità di interpretazione critica della realtà e l’incapacità di selezionare le notizie in maniera consapevole, trovandosi in realtà vulnerabili e isolati anche in questo modo. Il fatto di essere capaci di estraniarsi dal flusso di informazioni e di riflettere, di saper vedere il nuovo e il vero, di rendersi conto di ciò che sta realmente accadendo intorno a noi sono parti fondamentali dell’alfabetizzazione digitale, non solo dunque la conoscenza e la padronanza dei mezzi tecnologici, ma la consapevolezza del loro ruolo nelle nostre vite.

Abbiamo visto il padre dei cellulari Motorola DynaTac di 8kg del 1984 diventare il multifunzionale smartphone pieghevole di vetro ultrasottile, dotato di un’intelligenza artificiale. Abbiamo visto la trasformazione dei primi sms e audio wap, in messaggistica istantanea, video call e nuovi sistemi di social network globalizzati e soprattutto globalizzanti. Abbiamo visto cambiare la comunicazione in ogni suo dettaglio e il progresso tecnologico avanzare, ma occorre ricordare che non l’hanno visto tutti e non lo stanno vedendo ancora in molti.

La domanda di consapevolezza da farsi prima di varcare la porta del treno è in che direzione va e se siamo pronti per questo viaggio. Ma soprattutto dove stiamo andando noi a nostra volta e se ci conviene rimanere sul nostro binario.

Jekaterina Kanevskaja

Fonti:

Paolo Zuddas. Covid-19 e digital divide: tecnologie digitali e diritti sociali alla prova dell’emergenza sanitaria. Osservatorio AIC. 2020