I bias nel mondo del Project Management

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Nel pomeriggio del 10 ottobre si è tenuto il secondo webinar organizzato da PMI Central Italy che ha visto nuovamente come relatrice il Vicedirettore dell’Accademia di Comunicazione Strategica, la dott.ssa Giorgia Raguzzi, la quale – approfondendo quanto detto durante il primo incontro – ha incentrato questo secondo appuntamento su un tema complesso di elevato interesse: i bias cognitivi, definiti come «errori sistematici del ragionamento che derivano da un’elaborazione imperfetta delle euristiche o scorciatoie cognitive» da Daniel Kahneman.

Lo stesso studioso, concentrandosi sul funzionamento del cervello umano, ha identificato un modello esplicativo che lo scompone in Sistema 1 e Sistema 2. Il primo corrisponde al pensiero intuitivo, automatico, veloce, che lavora per associazioni e si attiva senza sforzo: è quello che ci permette di completare i proverbi, di orientare l’attenzione verso un rumore inaspettato, di guidare l’auto utilizzando i pedali senza pensare a come si fa, di capire concetti semplici.

Il Sistema 2, invece, è il pensiero razionale e controllato che richiede uno sforzo per attivarsi in quanto consuma energia poiché descrive quella parte di cervello che ci consente di imparare a memoria, di fare calcoli complessi e di riconoscere i bias da cui si può essere condizionati.

Quali sono, quindi, i bias più comuni all’interno di un contesto aziendale e di project management? Sicuramente l’Effetto Alone, cioè la «tendenza a estendere una certa caratteristica di un oggetto poiché si crede che sia generalizzabile anche per altri contesti». Si pensi, ad esempio, a tutte le volte che magari, durante un colloquio di selezione, ad un candidato di bell’aspetto si sono anche associate in automatico attitudini e competenze positive per il ruolo da ricoprire. Questo avviene proprio per l’effetto alone.

Un altro bias che può intervenire in una dinamica organizzativa è il Pensiero di gruppo, ovvero «la tendenza a uniformarsi per avere l’approvazione degli altri in alcuni casi evitando di esprimere il proprio pensiero». Ciò succede ogni volta che, ad esempio, per non rischiare di incorrere nella disapprovazione dei propri capi o responsabili non si esplicita loro la propria idea, che potrebbe invece essere di maggior valore e magari scongiurare un possibile danno.

Un bias di cui, invece, si è “vittima” e che viene sfruttato da coloro che si occupano di marketing e pubblicità è l’Ancoraggio, definito come «la tendenza a valutare oggetti, prodotti o prezzi in modo distorto poiché influenzati da cifre, numeri e più in generale da informazioni in possesso». Traslato sul piano delle relazioni e su quello aziendale, questo bias può determinare conseguenze deleterie quando ci ancora ad una prima impressione o a una prima idea impedendone il cambiamento o l’evoluzione: nel caso di una relazione, una cattiva impressione dell’interlocutore potrebbe comportarne l’interruzione; nel caso in cui si tratti del contesto aziendale, il mancato sviluppo di un’idea o progetto iniziale potrebbe comprometterne la crescita.

Si possono superare i bias? La risposta è sì; come? Adottando una serie di comportamenti o tecniche intese a superarli, quali:

  • il confronto con altri per valutare diversi punti di vista;
  • il porre domande per prendere coscienza del bias stesso e annullarne l’effetto.

Antonella Palmiotti