I colloqui di selezione: la magia dell’incontro con l’altro

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Selezione del personale: un processo strategico - cover

Il ciclo di webinar “Saper scegliere. Il processo di selezione strategica” si è concluso martedì 21 febbraio con l’ultimo incontro incentrato sul tema forse più interessante e complesso di tutti: i colloqui di lavoro.

L’Accademia di Comunicazione Strategica, come si legge anche nell’omonimo libro, scritto dal Direttore Luca Brambilla e dal Vicedirettore Giorgia Raguzzi, indica tre suggerimenti operativi che riguardano:
– chi coinvolgere nella fase di colloqui;
– cosa chiedere e come;
– spostare l’attenzione anche sugli interessi del candidato.

È bene, infatti, che i colloqui di selezione non siano svolti solo dall’HR, ma che questo sia coadiuvato da altre figure, sia tecniche che manageriali, così da valutare il candidato nel modo più oggettivo possibile e sotto più punti di vista: strategico, tecnico, organizzativo, umano.

Inoltre, «non si può arrivare alla fase dei colloqui senza aver stabilito prima cosa chiedere. Pensiamo a tutte le domande che verrebbero poste per la necessità del momento, per curiosità o per confermare i propri pregiudizi: non sarebbero strategiche», dice la Raguzzi, aggiungendo che l’improvvisazione a volte porta a non essere obiettivi e a non reperire tutte le informazioni di cui si ha bisogno. Per farlo, invece, l’Accademia struttura tre colloqui incentrati rispettivamente sul “cosa” (attività del ruolo), sul “come” (livello di competenza) e sul “perché” (la motivazione profonda).

Indagare il “perché” consente di scoprire quali sono i reali interessi del candidato e di cosa ha bisogno. Considerando che il mondo è cambiato, «è necessario cambiare il modo di fare e rendersi conto che ogni persona è unica e va conosciuta per capire se è quella adatta per la nostra azienda o per ricoprire quel ruolo», conclude il Vicedirettore.

Questo è uno degli obiettivi che Laborplay, startup innovativa che inserisce elementi ludici nei processi HR, si pone strutturando i colloqui di selezione in assesment in cui il gioco fa da protagonista. «Il gioco è uno strumento di conoscenza del mondo è dell’altro e, in questo caso, coinvolge talmente i candidati che questi, dimenticandosi di essere inseriti in un contesto di valutazione, mostrano chi sono realmente e vengono fuori per quello che sono», spiega Andrea Mancini, Senior Managing Partner di Laborplay.

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Stefano Leoni, General Manager di Ralph Lauren, che sostiene l’importanza di identificare la persona che sta dietro al professionista. «Dal momento che si lavorerà insieme alle persone che saranno assunte, bisogna riuscire a scoprire chi sono in primis nella loro quotidianità e nella loro vita», suggerisce Leoni, ricordando di non tralasciare la necessità di creare un certo feeling per lavorare sinergicamente.

Allo stesso modo, non bisogna dimenticare di considerare se la persona che abbiamo davanti e stiamo selezionando ha bisogno di noi. Invero, durante i colloqui si valutano i candidati perché l’azienda ha bisogno di quel profilo specifico; «raramente però» – nota Leoni – «ci si domanda se quel candidato ha bisogno dell’azienda e di quello che offre», anche sotto l’aspetto valoriale e, forse, questo è uno degli errori – se così li si può definire – che si può commettere in questa fase del processo di selezione.

«Di errori se ne fanno tanti. Io dubito di chi dice che non sbaglia mai perché la complessità è enorme e, qualunque variabile possiamo considerare, alla fine c’è sempre qualcosa che sfugge. L’errore è possibile; l’importante è imparare», dice il Market Impact Lead – Global Commercial Organization di Roche Diabetes Care, Massimo Balestri. Questo perché c’è anche una componente intuitiva nella selezione.

Un fattore, l’istinto, presente anche durante i colloqui e che porta i recruiter ad improvvisare e andare oltre alla struttura pensata delle interviste per recuperare informazioni e – perché no? – per condurre il candidato fuori dalla propria comfort zone e vedere la sua profonda attitudine comportamentale in relazione a ciò che sta cercando l’azienda.

I colloqui di lavoro, dunque, descritti da Balestri, restano «un momento importante in cui c’è la magia dell’incontro con l’altro». Forse è proprio la complessità attorno a cui gravitano a renderli tali.

Antonella Palmiotti