Nel blu dipinto di blu

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Introduzione

Quando parliamo di comunicazione, siamo abituati ad analizzare gli aspetti caratterizzanti primo fra tutti, la sua definizione.

La comunicazione viene definita come quel processo di trasferimento di un pensiero o di una informazione che un soggetto – tipicamente il mittente – desidera trasmettere ad un altro – quindi il destinatario – un messaggio, un pensiero, al fine di instaurare un confronto. È possibile anche indagare lo stato emotivo degli interlocutori.

Comunicare è un’espressione sociale capace di creare livelli di consapevolezza e di intenzionalità reciproche per la condivisione di un messaggio in uno specifico contesto. Volendo fornire una definizione è opportuno individuare l’origine del termine. Risalendo al latino, esso deriva dall’aggettivo communis, letteralmente: mettere in comune, legare, condividere. Questa valenza, dunque, ci rimanda alla funzione della comunicazione che consente di veicolare un messaggio tra due (o più) soggetti: il mittente e il destinatario.

Si rende pertanto necessaria un’interazione tra tali soggetti, quindi l’instaurarsi di certo un livello di cooperazione, affinché il messaggio da trasmettere raggiunga il suo scopo; è preferibile dunque parlare di processo comunicativo.

Altro elemento che solitamente viene preso in considerazione è il tipo di comunicazione. Ricordiamo che essa può essere verbale, non verbale o paraverbale; a questo proposito, infatti, sappiamo che la comunicazione non riguarda solo ciò che diciamo e il modo di esprimerci, ma anche ciò che non diciamo, che nascondiamo od omettiamo.

Esistono poi diversi stili comunicativi: ogni individuo possiede uno stile comunicativo che lo rende unico e lo contraddistingue rispetto agli altri. Si parla di attitudini, comportamenti che ciascuno realizza quando si relaziona con gli altri all’interno di contesti diversi.

Sono quattro gli stili comunicativi principali:

Analytical, Driver, Amiable, Expressive (rispettivamente: analitico, “pilota”, amabile, espressivo).

Ciascuno stile possiede delle caratteristiche peculiari che vanno tenute in considerazione all’interno di una relazione tra soggetti.

Chakra.

La filosofia orientale ha contribuito a fornire un dettaglio ulteriore in tema di comunicazione. Gli elementi che costituiscono il collegamento tra tale modo di pensare e la comunicazione, sono i Chakra: centri energetici che influiscono molto di più di quello che possiamo immaginare sulle nostre vite.

Tali vortici energetici, sono di collegamento tra mente, corpo e spirito e possono anche influenzare in maniera significativa anche le nostre emozioni, il modo d’essere, l’apprendimento e la comunicazione.

Come possiamo definirli?

Il sistema dei Chakra viene posto alla base dello yoga – oltre a rappresentare il caposaldo di diverse culture e filosofie orientali. Nonostante se ne senta parlare molto, però, non tutti conoscono il significato di tali centri energetici presenti nel corpo umano.

Il termine Chakra trae le proprie origini dal sanscrito, lingua tipica delle popolazioni indiane, utilizzata anche per la stesura dei testi sacri e della loro letteratura[1]

Dopo i Veda possiamo ritrovare riferimenti ai chakra nelle Upanishad[2], anche questi erano insegnamenti che venivano tramandati da maestro a discepolo, che vennero poi successivamente messi per iscritto.

Troviamo riferimento ai chakra, ancora, negli Yoga Sutra di Patanjali, uno dei testi classici dello yoga, che fu scritto intorno al 200 a.C.

Infine, grazie alla tradizione tantrica, composta da molti rami filosofici, i Chakra divennero un vero e proprio sistema integrante della filosofia dello yoga che è stata tramandata sia oralmente, da maestro a discepolo, che per iscritto arrivando fino a noi.

Entrando maggiormente nello specifico, è possibile definire i Chakra come dei cerchi, ruote; punti energetici che fanno parte di ognuno di noi.

Anche la comunicazione può essere visualizzata come un cerchio con agli estremi un mittente e un destinatario legati tra loro da un messaggio.

La filosofia orientale e lo yoga identificano 74 Chakra, di cui principali sette. A ognuno di essi viene poi attribuito anche un colore.

L’intera fisiologia dello yoga, si basa sulla presenza di un corpo energetico che racchiude in se sia i Chakra, sia le Nadi[3].

Il termine Nadi in sanscrito significa appunto tubo, canale o vena. L’energia che scorre al loro interno ha caratteristiche e scopi diversi in base alle necessità del corpo. Il termine viene citato per la prima volta nelle Upanisad vediche (un insieme di testi religiosi e filosofici indiani) risalenti al I millennio a.C., in cui vengono descritte come “qualcosa che passa attraverso tutto il corpo, dalla pianta dei piedi alla sommità della testa e in cui scorre il Prana, il soffio vitale”).

Anodea Judith, la maggiore studiosa di Chakra, ha paragonato le Nadi della spina dorsale alle autostrade; sulla spina dorsale sono riposti i Chakra dove tutta l’energia del corpo umano viene raccolta e ridistribuita.

A livello fisico invece i chakra corrispondono alle ghiandole del sistema endocrino e ai gangli nervosi, nei quali si concentra un alto grado di attività nervosa.

Vishudda, il Chakra della gola. “Io parlo e sono ascoltato”

Posizionato nella metà inferiore del collo, in corrispondenza della gola, è in grado di governare e regolare la comunicazione e l’intero processo comunicativo; ha inoltre la funzione di stimolare e sostenere l’ascolto, la creatività e l’espressione artistica. La gola è considerata come il centro della comunicazione.

Significa anche purificazione e identifica anche la salute della gola, del collo e dell’udito.

L’udito, principale senso umano collegato a tale punto energetico, favorisce anche la comunicazione; al fine di ottenere una comunicazione efficace, difatti, occorre anche una spiccata dote d’ascolto attivo, affinché il messaggio venga recepito e/o veicolato nel migliore dei modi possibili. È anche riconducibile alla comunicazione non verbale: Vishudda, infatti, si estende e coinvolge anche l’intera zona del collo e delle braccia; quest’ultime, spesso, accompagnano il processo di trasmissione del messaggio.

Viene ad esso associato un elemento che si ricollega ai centri energetici, ossia l’etere, lo spazio; sia l’etere che lo spazio, sono mezzi che permettono di veicolare i messaggi mediante vibrazioni emesse. Ecco perché l’udito è un altro senso che viene altamente stimolato.

E se pensassimo di attribuire anche un colore alla comunicazione?

Il blu o tonalità dell’azzurro, rappresentano la trasparenza; è questo il colore associato alla comunicazione, al modo di esprimersi. Qualora questo Chakra si trovasse bloccato, o funzionasse meno, si avranno dei problemi a livello comunicativo, nel modo di esprimersi; si fatica anche ad ascoltare chi ci parla, poiché prenderanno il sopravvento la timidezza, la paura di esprimere la nostra opinione.

Nel momento in cui il Vishudda, si trovi in equilibrio con gli altri – evento abbastanza raro – si avrà un vero flusso energetico; diversamente, se non in equilibrio, avremmo ostacoli allo sviluppo dell’energia che comporterà difficoltà a livello emotivo, emozionale, fisico e mentale.

Al contrario, qualora vi fosse un’eccessiva attività, si correrebbe il rischio di parlare troppo senza consapevolezza e perdendo di vista quelli che sono gli elementi della comunicazione strategica[4].Il Metodo O.D.I. è formato da alcune fondamentali fasi[5].

Uno dei modi che potrebbe favorire un perfetto ciclo comunicativo in armonia anche con questo Chakra, è rappresentato dal guardare negli occhi il nostro interlocutore; si avrà maggiore sincerità, trasporto, uno scambio maggiormente intenso che permetterà l’apertura verso l’altro e lo scarico energetico del corpo. Nel momento in cui non si riuscisse a creare tale connessione, avvertiremo un repentino cambio a livello corporeo e di espressione. È in questo momento che la comunicazione e il Chakra si chiuderanno rompendo il loro legame sinergico.

Un ultimo spunto di riflessione potrebbe essere quello di indagare su se stessi, trovare quindi il modo giusto per esprimersi. Esistono diversi modi per condurre tali indagini: il ballo, la musica, la scrittura; stimolare la creatività, uno degli imperativi di Vishudda. Lasciarsi andare ed essere se stessi è il miglior modo per esprimersi e comunicare con fluidità e trasparenza, senza paura, vergogna e imbarazzo.

Infine, ascoltare se stessi, il proprio corpo, la mente, aiuta a regolare le emozioni che ci dominano favorendo così un’espressività trasparente e sincera…azzurra, chiara, profonda.

E tu? Che colore sei?

Ambra La Ferrera


[1] Veda: antica raccolta in lingua sanscrita di testi sacri della civiltà religiosa vedica. Questi manoscritti, a loro volta, derivano da una tradizione orale che fu portata in India da una tribù indoeuropea che invase I territori indiani nel secondo millennio a.C.

[2] Le Upaniṣad (sanscrito, sostantivo femminile, devanāgarī: उपनिषद्) sono un insieme di testi religiosi e filosofici indiani composti in lingua sanscrita a partire dal IX-VIII secolo a.C. fino al IV secolo a.C. (le quattordici Upaniṣad vediche) anche se progressivamente ne furono aggiunte di minori fino al XVI secolo raggiungendo un numero complessivo di circa trecento opere aventi questo nome.

Trasmesse per via orale, furono messe per iscritto per la prima volta nel 1656 quando il sultano musulmano Dara Shikoh (1615-1659) ordinò la traduzione dal sanscrito al persiano di cinquanta di esse e quindi la loro resa in forma scritta.

Il termine Upaniṣad deriva dalla radice verbale sanscrita sad (sedere) e dai prefissi upa e ni (vicino) ossia “sedersi vicino”, ma più in basso (ad un guru, o maestro spirituale), suggerendo l’azione di ascolto di insegnamenti spirituali.

Le Upaniṣad sono, dunque, commentari “segreti” (rahasya) dei Veda, nonché loro ‘fine’, nel senso di completamento dell’insegnamento vedico; per questo motivo sono anche conosciuti come Vedānta (Fine dei Veda) e sono alla base del pensiero religioso indiano che attraverso il Brahmanesimo giungerà, nella nostra era, a costituire quel complesso di dottrine e pratiche che va sotto il nome di Induismo.

[3] Le Nadi rappresentano dei canali di forma tubolare situati nel corpo sottile, deputati a raccogliere e mettere in circolo il prana. Non sono ovviamente visibili ad occhio nudo, in quanto si tratta di vie energetiche non osservabili sul piano fisico (anche se lo influenzano).

[4] La Comunicazione Strategica, lo ricordiamo, si differenzia dalla Comunicazione efficace per la mancanza dell’elemento ego-riferito. In Sostanza, è strategica quel tipo di comunicazione che prevede l’applicazione del Metodo O.D.I.: osservare, porre domande, intervento.

[5] Le fasi che costituiscono la Comunicazione Strategica nascono dall’applicazione del Metodo O.D.I. rappresenta l’acronimo formato da tre fondamentali assiomi: Osserva, Domanda, Intervieni. Nella prima fase, quella dunque dedicata all’osservazione, l’Io osserva e introduce interessi, formula ipotesi sugli interessi del Tu e infine osserva il Contesto circostante.

La seconda fase, quella della domanda, pone la necessità imperativa di verificare gli interessi dell’interlocutore esplorando e analizzando a fondo il Contesto.

Infine, durante la fase dell’intervento, i soggetti impegnati nel flusso comunicativo, progettano e valorizzano i loro obiettivi e interessi tenendo in considerazione il Contesto nel quale si trovano.