Smart working e Risk Management “al femminile”

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Ho conosciuto Carolina Benaglio, CEO di MYR Consulting, un anno fa per caso. Come molti degli incontri importanti della mia vita, mi si è presentato per caso ma mai a caso!

Carolina, donna, moglie, madre e capo di MYR Consulting, si divide (bene come solo le donne sanno fare!) tra la sua attività di CEO di una società di consulenza che offre servizi di consulenza integrati e trasversali ai processi aziendali basati sull’Enterprise Risk Management e quella di Trainer Structogram®.

Durante uno dei nostri primi incontri, Carolina mi spiega che il Risk Management (gestione del rischio) è il processo mediante il quale si misura o si stima il rischio e, successivamente, si stabiliscono delle strategie per governarlo. Così affronto con lei un tema che va molto di moda in questo periodo, che si è imposto gioco forza causa il lockdown da Covid19, che per alcuni rappresenta la nuova frontiera del lavoro e che per altri è fumo negli occhi, da tollerare finché si deve ma da eliminare non appena si può: lo Smart Working. Desidero, però, affrontare l’argomento in ottica “risk” e lo declino al femminile, per capire se ci sono differenze e tratti caratteristici del lavoro agile “in rosa”.

Carolina, come è possibile definire lo smart working in ottica risk?

Innanzi tutto partiamo dalla definizione: Smart Working significa letteralmente “lavoro agile” e individua una modalità di lavoro non vincolata da orari e luoghi di lavoro, caratterizzata da un elevato grado di condivisione.

Questo prevede dunque un nuovo approccio manageriale fondato su maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.  E’ un nuovo modello organizzativo basato su un concetto di fiducia e di relazione tra impresa e lavoratore più esteso, che rappresenta il nodo cruciale della questione nonché il rischio centrale.

Quali sono i rischi in generale collegati allo smart working?

Come è facilmente intuibile, i rischi legati a questa nuova modalità di interpretare il lavoro sono molti: dal ruolo al contratto, dall’infrastruttura tecnologica all’organizzazione, dalla valutazione delle prestazioni alla leadership, dagli impatti psicologici alle attitudini, dalla gestione del team alle emozioni, dalla motivazione alla gestione del tempo, per non parlare del bilanciamento famiglia e lavoro e della Privacy,  quindi la visione risk dello smart working è davvero molto ampia e piuttosto complessa.

I rischi hanno una connotazione di “genere” e quindi cambiano se siamo uomini o donne? 

Non parlerei tanto di genere, quanto di attitudine: non tutte le persone sono fatte per fare smart working e questo non dipende né dalle loro competenze, né da questioni tecnico-organizzative, né tanto meno dal genere: piuttosto dipendono dalla biostruttura di ognuno, vale a dire dai bisogni primari, profondi e connaturati che ogni essere umano in quanto tale ha e che i nostri ambiti cerebrali rivendicano.

In ogni caso, non possiamo non considerare che la donna che svolge il proprio lavoro da casa riveste al contempo anche il ruolo di madre, moglie e spesso anche casalinga, con conseguenti ripercussioni sia sulla gestione del tempo che dei compiti che, spesso, si danno per scontati.

Smart working e Risk Management “al femminile”

Quali sono i rischi dello smart working al “femminile”?

Sicuramente ci sono rischi che riguardano i ruoli e le mansioni, la gestione del tempo, il bilanciamento tra lavoro e famiglia, la gestione dei figli e dei loro impegni sia scolastici che non. Spesso tutto questo viene delegato alle donne che quindi si ritrovano con un carico di lavoro doppio: la parte professionale, che va comunque svolta, e tutto quanto riguarda la casa, la famiglia, i figli.

Lo smart working sta diventando “diritto genitoriale”.  Emerge quindi una nuova visione della donna e del lavoro femminile. Quale?

Sicuramente fare smart working può agevolare il bilanciamento lavoro/famiglia senza compromettere le performance, ma addirittura aumentandole come è già stato anche verificato durante il lockdown dovuto al Covid-19.

Tuttavia lo smart working non è lavorare da casa, bensì poter gestire il proprio tempo e gli spazi in maniera più libera, arrivando comunque ai risultati stabiliti.

La nuova visione del lavoro non deve riguardare però solo la donna, altrimenti rischiamo di accentuare il gender gap anziché risolverlo.

  • Occorre rivedere il modo di lavorare e accettare che esso possa essere svolto con efficacia ed efficienza non solo in ufficio e non per forza negli orari classici;
  • occorre accettare che il modello di lavoro a cui eravamo abituati non esiste più e che nuove modalità sono entrate in scena;
  • occorre adattarsi ed essere consapevoli di quanto questo adattamento ci costa.

A livello antropologico è la femmina che si occupa dei cuccioli, ma questo non significa che il maschio della specie non possa darle una mano e sostenerla nei momenti di difficoltà. Anche l’uomo deve quindi fare un salto evolutivo e iniziare a pensare alla donna come compagna di vita in senso lato, con i suoi spazi e con un giusto tempo da poter dedicare anche a se stessa senza che questo venga interpretato in maniera negativa.

Se uniamo il fatto che il lavoro nel nostro paese è ancora troppo legato ad orari e cartellini e non ad obiettivi chiari e definiti, il rischio reale è che la donna faccia un salto indietro e si ritrovi al punto di partenza, cancellando con un colpo di spugna la fatica fatta per arrivare fino a qui.

Claudia Panzeri