Design Thinking: Le carte della salute

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“RED è un piccolo gruppo interdisciplinare con una storia nell’innovazione guidata dal design per i servizi pubblici… Poniamo l’utilizzatore al centro del processo progettuale e riduciamo il rischio di fallimento, prototipando rapidamente le idee per favorire le valutazioni degli utilizzatori. E loro ci permettono di trasformare rapidamente le idee in azioni”[1].

Così scriveva nel 2006 Hilary Cottam, allora direttore della RED Unit del British Design Council, a introduzione di un documento-manifesto a fondamento del Transformation Design. Ma cosa significa?

Nel 2004 in Inghilterra emergono all’attenzione politica i costi sociali della ageing population e 10 milioni di sterline annue servono solo per la gestione dei cittadini affetti da diabete di tipo II. La RED Unit viene incaricata di contenere i costi e rendere più efficace il servizio.

Per contenere una malattia come questa è fondamentale cambiare stile di vita: cibo giusto, esercizi giornalieri e corretta assistenza medica. Ma i diabetici non dimostrano “lunga motivazione” in tal senso. Aumentare ulteriormente l’assistenza medica? O gli strumenti di informazione? No, ci vuole un approccio differente.

Design Thinking: Le carte della salute

“L’inizio della soluzione appare quando si osserva il problema dalla prospettiva di Angela e di persone come lei” dice Cottam. Angela è una persona affetta da diabete di tipo II. Insieme ad altri diabetici viene chiamata a passare dalla posizione di passiva assistita a quella di attiva progettista delle soluzioni. Anche familiari e amici degli ammalati entrano con pari dignità di partecipazione e proposta in un gruppo comprendente medici, infermieri, dirigenti, amministratori, sociologi, psicologi, rappresentanti politici e designer.

“Cosa comperare al supermarket? Come andare al lavoro a piedi invece che in autobus? Come dire ‘no’ ad una bevutina?” Questi risultano essere i problemi. Nel processo di co-progettazione collettivo gli assistiti chiedono di essere ascoltati e che tutto l’apparato assistenziale perda il suo “stile prescrittivo”. Con l’aiuto dei designer si inventa un set di ‘Carte Agenda’ con frasi come “È troppo difficile preparare piatti separati”, o “Il diabete rende la vita sessuale più difficile”. Prima di recarsi agli incontri con il personale sanitario, i pazienti scelgono le carte che li riguardano e impongono la loro agenda di problemi aperti, invece di quella predisposta dal personale sanitario. E questo fa la differenza.

Medici, infermieri, psicologi e amministratori superano il loro iniziale scetticismo: grazie alle ‘Carte Agenda’ si taglia il tempo di comprensione del problema, si lavora sulla concretezza e i pazienti praticano il self-management.

Una carta fra le altre viene presentata con maggior frequenza. “Ho bisogno di qualcuno che mi segua in un certo ambito”. Così provano (con successo) a mettere in campo dei professionisti non-medici che forniscano supporto motivazionale a individui e gruppi di persone diabetiche. Le risorse economiche vengono quindi  reindirizzate, con risparmio ed efficienza misurata e confermata.

Così il Transformation Design trasforma l’assistenzialismo in sussidiarietà.

Davide Corno

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[1] RED Paper 02 Transformatin Design, Colin Burns, Hilary Cottam, Chris Vanstone, Jennie Winhall, https://www.designcouncil.org.uk/resources/report/red-paper-02-transformation-design