Design Thinking: Progettisti manager? Piano, siamo artigiani

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Il management scientifico – quello di Henry Ford I e dell’ingegner Taylor – considerava le aziende produttrici di beni/servizi come strutture complicate, formate da parti separabili, riparabili o migliorabili. Ma questo meccanicismo che “ingegnerizzava” la dimensione del lavoro e poneva uomini e donne nell’ultima posizione fra le variabili, viene prima messo in crisi in USA da Elton Mayo[1], psicologo e docente alla Harvard School of Business, e poi in Europa da Michel Crozier[2], sociologo e docente all’Istituto SciencesPo di Parigi.

L’inserimento in gruppi di lavoro con compiti specifici, l’interazione fra i gruppi di lavoro e il management, un ambiente operativo amichevole, procedure di verifica condivise, sono gli elementi più destabilizzanti della critica di Mayo alla cultura manageriale “scientifica”. Ma siccome “Nemo profeta in patria”, la sua Psicologia del Lavoro trova sponda solo in Giappone, negli anni ’50, con i “Circoli di qualità” della Toyota. Insieme ad un enorme, duraturo successo.

Torniamo in USA negli anni ‘90, con lo User-centered Design per proseguire sulla centralità dell’umano: oltre al primato del lavoratore, sarà l’utente – unico detentore del significato di uso, valore e limite del manufatto/servizio – a dare struttura all’organizzazione aziendale. È un bottom-up model.

Ed eccoci finalmente al ribaltone più recente: una non-designer britannica, Hillary Cottam, vince il premio di Designer dell’Anno 2005 assegnato dal Design Museum di Londra, e proietta la cultura progettuale verso le vette della consulenza manageriale più complessa. Da allora i designer smettono di offrire la loro creatività innovativa a committenti autocentrati, sorprendono prima i manager pubblici e poi quelli privati.

È il ritorno alla grande della cultura artigiana, e Tim Brown diventerà il suo profeta.

Continua….

Davide Corno

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[1] Elton Mayo, The Human Problems of an Industrial Civilization, Routledge, 1933, [tr. it. UTET, 1969]

[2] Michel Crozier, L’impresa che ascolta, Il Sole 24 Ore, 1990.